Riduzione
del rischio cardiovascolare e consumo di acido alfa linolenico, omega
3 di origine vegetale
Alpha-linolenic
acid and risk of nonfatal acute myocardial infarction
Campos H, Baylin A, Willett WC.
Circulation 2008; 118: 339-45
Numerosi
studi clinici ed epidemiologici hanno dimostrato che lassunzione
di alti livelli di acidi grassi omega 3 a lunga catena, acido eicosapentaenoico
(EPA) e acido docosaesanoico (DHA), riduce la morte improvvisa,
linfarto del miocardio e lIctus. Tuttavia il costo e
la scarsa disponibilità di pesce e di altri prodotti marini,
principali fonti di EPA e DHA, ne limita il consumo in alcuni Paesi,
nei quali lapporto con la dieta di questi composti è
quindi particolarmente scarso. Recentemente linteresse del
mondo scientifico si è focalizzato sul precursore metabolico
di EPA e DHA, lacido alfa linolenico, un omega 3 essenziale,
di origine vegetale, presente in concentrazioni elevate nelle noci,
in alcuni oli come quello di colza e quello di soia e nei vegetali
a foglie verdi, e pertanto più facilmente reperibile. Nelluomo,
lacido alfa linolenico viene almeno in parte convertito ad
omega 3 a lunga catena. Vi sono alcune evidenze secondo le quali
diete ad alto contenuto di alfa linolenico sono associate ad una
ridotta Incidenza di infarto del miocardio, che tuttavia non hanno
ancora trovato piena conferma in Studi di intervento controllati.
Per questo ampio studio caso-controllo condotto in Costa Rica è
stato valutato lapporto di acido alfa linolenico con la dieta
in più di 1800 pazienti con un primo infarto miocardico non
fatale e in un gruppo di dimensioni simili di soggetti di controllo,
mediante sia la scomposizione di questionari alimentari che lanalisi
della composizione del tessuto adiposo. Anche in mancanza di una
Correlazione lineare tra le concentrazioni di acido grasso e lIncidenza
di infarto, livelli di assunzione più elevati sono risultati
associati ad un rischio più basso, indipendentemente dalla
presenza di EPA e DHA. Il massimo beneficio è stato registrato
con un consumo giornaliero di 1,79 g di acido alfa linolenico, valore
molto prossimo ai livelli di assunzione raccomandati per questo
acido grasso (2 grammi/die). Questo studio conferma quindi i benefici
dell'acido alfa linolenico di origine alimentare in prevenzione
cardiovascolare.
BACKGROUND:
Intake of long-chain n-3 fatty acids found in fish is low in many
countries worldwide. alpha-Linolenic acid could be a viable cardioprotective
alternative to these fatty acids in these countries. METHODS AND
RESULTS: Cases (n=1819) with a first nonfatal acute myocardial
infarction and population-based controls (n=1819) living in Costa
Rica matched for age, sex, and area of residence were studied.
Fatty acids were assessed by gas chromatography in adipose tissue
samples and by a validated food frequency questionnaire specifically
designed for this population. Odds ratios and 95% confidence intervals
were calculated from multivariate conditional logistic regression
models. Alpha-Linolenic acid in adipose tissue ranged from 0.36%
in the lowest decile to 1.04% in the highest decile. The corresponding
median levels of intake were 0.42% and 0.86% energy. Greater alpha-linolenic
acid (assessed either in adipose or by questionnaire) was associated
with lower risk of myocardial infarction. The odds ratios for
nonfatal myocardial infarction for the highest compared with the
lowest deciles were 0.41 (95% confidence interval, 0.25 to 0.67)
for alpha-linolenic acid in adipose tissue and 0.61 (95% confidence
interval, 0.42 to 0.88) for dietary alpha-linolenic acid. The
relationship between alpha-linolenic acid and myocardial infarction
was nonlinear; risk did not decrease with intakes > approximately
0.65% energy (1.79 g/d). Fish or eicosapentaenoic acid and docosahexaenoic
acid intake at the levels found in this population did not modify
the observed association. CONCLUSIONS: Consumption of vegetable
oils rich in alpha-linolenic acid could confer important cardiovascular
protection. The apparent protective effect of alpha-linolenic
acid is most evident among subjects with low intakes.