FIRST RESULTS FROM THE INTERNATIONAL BREAST CANCER INTERVENTION STUDY (IBIS-I): A RANDOMISED PREVENTION TRIALTUDY

IBIS investigators
Lancet 2002; 360: 817-824

ABSTRACT:
Background Three clinical trials on the use of tamoxifen to prevent breast cancer have reported mixed results. The overall evidence supports a reduction in the risk of breast cancer, but whether this benefit outweighs the risks and side-effects associated with tamoxifen is unclear. Methods We undertook a double-blind placebo-controlled randomised trial of tamoxifen, 20 mg/day for 5 years, in 7152 women aged 35–70 years, who were at increased risk of breast cancer. The primary outcome measure was the frequency of breast cancer (including ductal carcinoma in situ). Analyses were by intention to treat after exclusion of 13 women found to have breast cancer at baseline mammography. Findings After median follow-up of 50 months (IQR 32–67), 69 breast cancers had been diagnosed in 3578 women in the tamoxifen group and 101 in 3566 in the placebo group (risk reduction 32% [95% CI 8–50]; p=0·013). Age, degree of risk, and use of hormone-replacement therapy did not affect the reduction. Endometrial cancer was nonsignificantly increased (11 vs 5; p=0·2) and thromboembolic events were significantly increased with tamoxifen (43 vs 17; odds ratio 2·5 [1·5–4·4], p=0·001), particularly after surgery. There was a significant excess of deaths from all causes in the tamoxifen group (25 vs 11, p=0·028). Interpretation Prophylactic tamoxifen reduces the risk of breast cancer by about a third. Temporary cessation of tamoxifen should be considered and the use of appropriate antithrombotic measures is recommended during and after major surgery or periods of immobilisation. Prophylactic use of tamoxifen is contraindicated in women at high risk of thromboembolic disease. The combined evidence indicates that mortality from non-breast-cancer causes is not increased by tamoxifen. The overall risk to benefit ratio for the use of tamoxifen in prevention is still unclear, and continued follow-up of the current trials is essential.


RISULTATI PRELIMINARI DELLO STUDIO IBIS-I: UN TRIAL RANDOMIZZATO DI PREVENZIONE

Il razionale dell'uso del tamoxifene nella prevenzione del tumore della mammella risiede oltre che nella convinzione della responsabilità degli estrogeni nella genesi del tumore, anche nell'osservazione di una riduzione dell'incidenza di nuovi tumori nella mammella controlaterale in donne in ormonoterapia adiuvante dopo mastectomia. Sulla queste basi sono stati programmati alcuni studi per verificare l'ipotesi che il tamoxifene potesse ridurre l'incidenza di tumore della mammella in donne ad alto rischio. I risultati degli studi già pubblicati sono stati, almeno in parte, discordanti. I dati preliminari dell'IBIS-I, pubblicati sulla rivista Lancet, hanno pienamente confermato l'ipotizzato effetto protettivo del tamoxifene. Rispetto al gruppo di controllo, nelle donne in trattamento attivo il rischio di tumore mammario si è ridotto infatti di quasi un terzo dopo un periodo di osservazione mediano di 50 mesi. Fin qui, tutto bene. I problemi nascono da altri eventi che si sono verificati nel gruppo di trattamento e, in particolare dagli eventi tromboembolici venosi che sono risultati essere 2,5 volte più frequenti nel gruppo tamoxifene rispetto al gruppo placebo. Poco meno della metà degli episodi tromboembolici si è verificato entro 3 mesi da un intervento chirurgico maggiore o da un periodo di prolungata immobilizzazione e si sarebbero perciò evitati se il trattamento fosse stato sospeso per tutta la durata della fase critica. Ed è questo il consiglio degli autori che affermano anche che la terapia con tamoxifene è comunque controindicata nelle donne ad alto rischio di malattia tromboembolica.
Molto disturbante è il dato riguardante la mortalità per tutte le cause. E' risultata infatti maggiore nelle donne in tamoxifene (25 casi) che in quelle in placebo (11 casi). L'eccesso di morti era dovuto a cause varie, come tumori diversi da quello della mammella, embolia polmonare ed altri eventi cardiovascolari. Non è la prima volta che gli studi di intervento danno risultati sconcertanti. La premessa iniziale, in questo caso l'incidenza di tumore della mammella, può essere centrata, ma il prezzo in termini di eventi indesiderati e di mortalità è alto. Bisognerà attendere un'analisi più approfondita dei dati attuali e di quelli del follow-up per avere delle idee chiare sul rapporto rischio-beneficio del tamoxifene. E' certo comunque che il ventilato uso del tamoxifene in associazione alla terapia ormonale sostitutiva della menopausa deve essere scartato. Nella polemica successiva alla pubblicazione dei risultati del Women's Health Initiative Randomized Controlled Trial, in cui la terapia sostitutiva della menopausa aveva dimostrato di procurare un eccesso di eventi cardiovascolari, di eventi tromboembolici e di tumori della mammella, era stato proposto di associare il tamoxifene per ridurre almeno il rischio di tumori della mammella. Adesso, si può soltanto ipotizzare che il tamoxifene associato agli estrogeni ed ai progestinici possa ulteriormente aumentare il rischio di malattie cardiovascolari e tromboemboliche, pur conferendo una relativa protezione contro il tumore della mammella. L'effetto finale, in termini di morbilità e mortalità, potrebbe essere comunque negativo.

Domenico Sommariva - Divisione di Medicina Interna 1, Ospedale G. Salvini, Garbagnate Milanese