SELECTIVE
COX-2 INHIBITION IMPROVES ENDOTHELIAL FUNCTION IN CORONARY ARTERY DISEASE
Rémy Chenevard,
David Hürlimann, Markus Béchir, Frank Enseleit, Lukas Spieker,
Matthias Hermann, Walter Riesen, Steffen Gay, Renate E. Gay, Michel Neidhart,
Beat Michel, Thomas F. Lüscher, Georg Noll, Frank Ruschitzka, FESC
Circulation. 2003;107:405-409
ABSTRACT:
Background -There is an ongoing debate as to whether the gastrointestinal
safety of COX-2 inhibition compared with nonsteroidal antiinflammatory
drugs (NSAIDs) may come at the cost of increased cardiovascular events.
In view of the large number of patients at cardiovascular risk requiring
chronic analgesic therapy with COX-2 inhibitors for arthritic and other
inflammatory conditions, the effects of selective COX-2 inhibition on
clinically useful surrogates for cardiovascular disease, particularly
endothelial function, need to be determined.
Methods and Results - Fourteen male patients (mean age, 66_3 years)
with severe coronary artery disease (average of 2.6 vessels with stenosis
>75%) undergoing stable background therapy with aspirin and statins
were included. The patients received celecoxib (200 mg BID) or placebo
for a duration of 2 weeks in a double-blind, placebo-controlled, crossover
fashion. After each treatment period, flow-mediated dilation of the brachial
artery, high-sensitivity C-reactive protein, oxidized LDL, and prostaglandins
were measured. Celecoxib significantly improved endothelium-dependent
vasodila-tion compared with placebo (3.3±0.4% versus 2.0±0.5%,
P<0.026), whereas endothelium-independent vasodilation, as assessed
by nitroglycerin, remained unchanged (9.0±1.6% versus 9.5±1.3%,
P<0.75). High-sensitivity C-reactive protein was significantly lower
after celecoxib (1.3±0.4 mg/L) than after placebo (1.8±0.5
mg/L, P<0.019), as was oxidized LDL (43.6±2.4 versus 47.6±2.6
U/L, P<0.028), whereas prostaglandins did not change.
Conclusions -This is the first study to demonstrate that selective
COX-2 inhibition improves endothelium-dependent vasodilation and reduces
low-grade chronic inflammation and oxidative stress in coronary artery
disease. Thus, selective COX-2 inhibition holds the potential to beneficially
impact outcome in patients with cardiovascular disease.
COMMENTO:
I potenziali rischi degli inibitori selettivi della cicloossigenasi
2 (anti COX-2) sul sistema cardiovascolare continuano a destare interesse
(vedi questa rubrica dicembre 2002 e marzo 2003) e ciò è
comprensibile dato il largo uso di questa classe di farmaci che si avvia
ad essere una delle più prescritte, soprattutto nell'età
avanzata. Il sospetto che gli anti COX-2 possano indurre eventi trombotici
nasce da alcuni studi osservazionali condotti con rofecoxib e con celecoxib
e sono sostenuti, in via teorica, dal fatto che gli anti COX-2 interferiscono
con la produzione di prostaciclina e non inibiscono la sintesi di trombossano.
Tuttavia, la maggior parte degli studi sul rofecoxib ed una rianalisi
dei dati di celecoxib non hanno dimostrato che i due farmaci si associno
ad un aumento significativo degli eventi cardiovascolari, in confronto
ad altri antinfiammatori non steroidei o a placebo. Sulla stessa linea
si collocano i risultati dello studio canadese che ha analizzato, senza
trovare differenze, l'incidenza di infarto miocardico in poco meno di
67.000 soggetti di età superiore a 66 anni trattati con rofecoxib,
celecoxib o altri antinfiammatori non selettivi ed in 100.000 soggetti
che non avevano assunto farmaci antinfiammatori. Si tratta di uno studio
retrospettivo che ha incluso soggetti che hanno ricevuto dal servizio
farmaceutico dosi di antinfiammatori sufficienti per una terapia di durata
non inferiore a 30 giorni e per i quali è stato possibile un follow-up
di un anno. Lo studio ha il pregio di essersi indirizzato sulla popolazione
anziana che è quella che fa più uso di farmaci antinfiammatori,
spesso per tempi prolungati, ma ha anche molte limitazioni. E' uno studio
retrospettivo ed i dati non sono derivati da un'osservazione diretta ma
sono stati ricavati dagli archivi della rete informatica del Servizio
Sanitario, Farmacie e Ospedali dell'Ontario. Non si hanno informazioni
sulla distribuzione nei gruppi di importanti fattori di rischio coronarico,
come il fumo, l'obesità ed il consumo di alcool e per altri fattori,
quali l'ipertensione, il diabete e le dislipidemie, ne è stata
stimata la presenza solo sulla base dei farmaci prescritti. Non si hanno
inoltre notizie precise sull'effettivo consumo dei farmaci antinfiammatori,
ma solo sulla loro prescrizione. Sono tutti elementi che avrebbero potuto
influire sulle conclusioni, anche se l'elevato numero dei soggetti studiati
dovrebbe aver livellato eventuali differenze fra i gruppi. D'altra parte,
i risultati di questo studio ben si accordano con le conclusioni della
maggior parte degli studi precedenti che non attribuiscono agli antinfiammatori
non steroidei, selettivi o non selettivi, alcun effetto sull'incidenza
di eventi cardiovascolari. L'assenza di un effetto sul rischio cardiovascolare
emerge anche da un recente studio francese che ha valutato l'incidenza
di infarto miocardico e di ictus cerebrale in 2896 pazienti con osteoartrite
trattati per 24 settimane con dosi crescenti (da 12,5 a 25 mg al giorno)
di rofecoxib. Anche questo studio ha numerosi punti deboli, primo fra
tutti la mancanza di un gruppo di controllo. Bisognerà attendere
perciò uno studio prospettico controllato per una parola conclusiva
su questo argomento.
Domenico Sommariva - Divisione di Medicina Interna 1, Ospedale G. Salvini,
Garbagnate Milanese
|