Chan
AW, Bhatt DL, Chew DP, et al.
Circulation 2003; 107:1750-1756
RIASSUNTO
CONTESTO Oltre ad abbassare i livelli ematici dei lipidi, le statine
hanno anche attività antinfiammatoria e antitrombotica. Recenti
studi hanno suggerito un'associazione tra statine e iniziale riduzione
di decessi o di casi di infarto del miocardio (IM) dopo interventi coronarici
per cutanei (PCI). Gli Autori di questo lavoro hanno cercato di valutare
la relazione tra infiammazione, uso di statine ed esiti della PCI.
METODI E RISULTATI Nel 2000, 1.552 cittadini americani sono stati
sottoposti ad intervento coronarico percutaneo, programmato o urgente,
presso l'ospedale di Cleveland e sono stati seguiti per un periodo di
un anno. Sono stati misurati i livelli ematici di proteina C altamente
reattiva (hsPCR). I soggetti che avevano assunto statine prima dell'intervento
(39,6%) presentavano valori medi di hsPCR più bassi (0,40 vs 0,50
mg/dL; p=0,012), indipendentemente dai livelli basali di colesterolo e
avevano una minore frequenza di IM peri-procedurali (5,7% vs 8,1%; p=0,038).
Dopo un anno, il pre-trattamento con statine poteva essere considerato
predittivo di sopravvivenza prevalentemente tra pazienti nel quartile
più alto di hsPCR (percentuale di mortalità nel caso di
pre-trattamento con statine vs nessun pre-trattamento quando le concentrazioni
di hsPCR erano >1,11 mg/dL, 5,7% vs 14,8%; p=0,009). All'analisi multivariata,
i livelli di hsPCR pre-procedurali sono risultati essere un fattore predittivo
indipendente di morte o di IM nell'anno successivo, soltanto nei pazienti
non trattati con statine (rischio relativo 1,32/quartile; p=0,001). Dopo
correzione per la propensione ad assumere statine, il pre-trattamento
con questi farmaci ipolipemizzanti rappresentava un fattore predittivo
indipendente di sopravvivenza per un anno nel quartile più alto
di hsPCR (rischio relativo 0,44; p=0,039).
CONCLUSIONI La terapia con statine, assunta prima di un intervento
di PCI, è associata ad una marcata riduzione della mortalità
nei soggetti con alti livelli di hsPCR. Una strategia mirata ad agire
su questo fattore può migliorare il target della terapia ipolipemizzante
e l'esito clinico tra i pazienti sottoposti a PCI.
COMMENTO
E' emersa una nuova evidenza che dimostra come la terapia con statine
prima di interventi percutanei coronarici (PCI) sia associata ad una marcata
riduzione della mortalità nei pazienti con livelli elevati di proteina
C-reattiva. I ricercatori suggeriscono che le statine hanno un'azione
antinfiammatoria benefica indipendente dal loro effetto ipolipemizzante
e che una strategia mirata alla riduzione della protena C-reattiva può
migliorare l'efficacia della terapia con statine e gli esiti clinici nei
pazienti ad alto rischio.
I risultati di questo studio potrebbero modificare l'assunzione di basarsi
sui livelli plasmatici di colesterolo per adeguare l'uso e la dose di
statine, inducendo a considerare invece il livello di proteina C-reattiva
ad alta sensibilità (hsCRP). Ciò potrebbe avere implicazioni
sia in prevenzione primaria che secondaria delle malattie coronariche
(CAD).
L'infiammazione gioca un ruolo cardine nella patogenesi dell'aterosclerosi
coronarica e nell'insorgenza di eventi coronarici acuti ed è stato
dimostrato che le statine sono in grado di ridurla in modo consistente.
Nei trial clinici, la riduzione degli eventi cardiaci legata all'utilizzo
di statine nei pazienti che non presentano una lesione vascolare o ACS
(CAD cronica in pazienti non sottoposti a PCI) è evidente in genere
dopo circa due anni. Tuttavia, nei pazienti con ACS o in quelli sottoposti
a PCI si è osservato un beneficio sulla mortalità precoce
quando la terapia con statine è stata iniziata al momento del verificarsi
dell'evento considerato.
Al fine di indagare ulteriormente, gli autori hanno esaminato la correlazione
tra infiammazione e terapia con statine in 1552 pazienti sottoposti a
PCI alla Cleveland Clinic. I livelli serici di hsCRP sono stati monitorati
prima dell'intervento e i pazienti sono stati seguiti in modo prospettico
per un anno. I pazienti sono stati suddivisi in quartili sulla base della
concentrazione basale di hsCRP.
I risultati hanno evidenziato che i pazienti che avevano iniziato la terapia
con statine prima dell'intervento (39,6%) avevano livelli mediani di hsCRP
inferiori, indipendente dai livelli di colesterolo al basale e avevano
un infarto miocardico peri-procedurali meno frequente. Dopo un anno, la
terapia con statine era predittiva di un miglioramento della sopravvivenza,
principalmente fra i pazienti nel quartile più alto di hsCRP.
Principali
risultati
Esito |
Statine
|
Controllo
|
p
|
Livello
mediano di hsCRP |
0,40
mg/dL
|
0,50
mg/dL
|
0,012
|
IM
peri-procedurale |
5,7%
|
8,1%
|
0,038
|
Mortalità
a 1 anno |
5,7%
|
14,8%
|
0,009
|
Dopo l'analisi multivariata, il livello pre-intervento di hsCRP continuava
ad essere un predittore indipendente di morte a 1 anno o di infarto miocardico,
solamente nei pazienti che non erano in terapia con statine (hazard ratio
1,32 per quartile). Dopo correzione per la propensione al trattamento
con statine, il pre-trattamento con statine era un predittore indipendente
per la sopravvivenza a 1 anno all'interno del quartile più alto
di hsCRP (hazard ratio 0,44; p=0,039).
Gli autori sostengono che i loro risultati confermano e rafforzano quelli
di numerosi altri studi, che hanno mostrato come le statine riducano i
livelli di PCR indipendentemente dagli effetti sul colesterolo o sugli
altri marker infiammatori. Ma essi ritengono che questo sia il primo studio
che collega tra loro il pre-trattamento con statine, la riduzione dell'infiammazione
e il miglioramento di ciascun end-point clinico individuale (morte, infarto
miocardico e rivascolarizzazione) nel contesto dell'intervento di PCI,
in presenza di un uso concomitante degli inibitori del complesso GP IIb/IIIa.
Lo studio dimostra che le statine riducono il rischio di eventi trombotici,
indipendentemente dalla riduzione dei lipidi. Inoltre, poiché,
rispetto a CAD stabile, ACS e PCI sono condizioni più frequentemente
associate a livelli elevati di PCR, la correlazione osservata fra il beneficio
legato all'uso di statine e alti livelli di PCR può spiegare perché
si abbia un beneficio precoce nei pazienti con ACS e PCI rispetto a quello
generalmente ritardato nei pazienti con CAD stabile.
L'implicazione dei risultati attuali dovrebbe essere considerata all'interno
del contesto degli studi HPS (Heart Protection Study) e LIPS (Lescol Intervention
Prevention Study), che hanno entrambi dimostrato che le statine dovrebbero
essere prescritte a tutti i pazienti ad alto rischio, senza tenere conto
dei livelli di colesterolo al basale; ciò significa che tutti i
pazienti di questo studio avrebbero dovuto essere trattati con statine.
Poiché non sono disponibili né i livelli di hsCRP né
i dati delle analisi economiche degli studi HPS e LIPS, questi risultati
potrebbero fornire l'evidenza che un sottogruppo della popolazione potrebbe
beneficiare maggiormente dell'uso di questa classe di farmaci e quindi
migliorare gli obiettivi della terapia farmacologia. Lo studio inoltre
supporta l'ipotesi che nei pazienti con livelli elevati di hsCRP il rinvio
di un intervento non urgente di PCI per l'adeguamento della terapia con
statine potrebbe tradursi in un beneficio clinico. Deve essere tuttavia
verificata la validità di una strategia hsCRP-guidata prima di
un PCI.
In conclusione il beneficio di una terapia con statine, durante il periodo
peri-procedurale e nel lungo termine durante il follow-up, dipende dallo
stato infiammatorio basale e la determinazione dei livelli di hsCRP può
migliorare il raggiungimento dell'obiettivo terapeutico e la scelta del
dosaggio della terapia con statine nei pazienti ad alto rischio o in quelli
sottoposti ad interventi di rivascolarizzazione.
Fonte: Servizio di Epidemiologia e Farmacologia Preventiva, Dipartimento
di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano
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