SOLUBLE
CD40 LIGAND IN ACUTE CORONARY SYNDROMES
Heeschen C, Dimmeler
S, Hamm C, Van der Brand M, Boersma E, Zeiher A, Simoons M.
New England J Med 2003; 348:1104-1111
RIASSUNTO:
CONTESTO Il
ligando CD40 viene espresso dalle piastrine e risulta correlato alla loro
attivazione. Gli autori di questo lavoro hanno stimato sia il valore predittivo
di questo ligando come marker di un evento clinico, sia l'effetto terapeutico
dell'inibizione del recettore per la glicoproteina IIb/IIIa, che si traduce
in un blocco dell'attivazione piastrinica, in pazienti con sindromi coronariche
acute (SCA).
METODI I livelli serici di CD40 sono stati misurati in 1088 soggetti
affetti da SCA precedentemente arruolati in uno studio randomizzato (CAPTURE)
nel quale era stato valutato l'effetto del trattamento con abciximab,
rispetto al placebo, prima di una angioplastica coronarica e in 626 pazienti
con dolore acuto al petto, di cui 308 con SCA.
RISULTATI I livelli plasmatici di CD40 sono risultati elevati (>5,0
µg/L) in 221 soggetti con SCA (40,6%). Nel gruppo trattato con placebo,
alte concentrazioni del ligando solubile hanno indicato un significativo
aumento del rischio di morte o di infarto miocardico non fatale, durante
i sei mesi del follow-up (rischio relativo [RR] 2,71; IC 95% 1,51-5,35
p=0,001). Il valore prognostico di questo marker è stato confermato
nei soggetti con dolore al petto, dove infatti alti livelli di CD40 sono
stati riscontrati tra quelli con SCA quindi ad alto rischio di morte o
di infarto miocardico non fatale (RR 6,65; IC 95% 3,18-13,89; p<0,001).
L'aumento del rischio nei pazienti con valori elevati di CD40 solubile
è stato ridotto in modo significativo dal trattamento con abciximab
(RR 0,37; IC 95% 0,20_0,68; p=0,001), mentre i pazienti con bassi livelli
ematici di CD40 solubile non non hanno tratto alcun beneficio da questo
trattamento farmacologico.
CONCLUSIONI Nei pazienti con malattia coronarica instabile, alte
concentrazioni ematiche del ligando CD40 solubile risultano correlate
ad un aumento del rischio di incorrere in eventi cardiovascolari.
COMMENTO:
L'attivazione piastrinica rappresenta il processo centrale della formazione
di un trombo, situazione patologica che degenera soprattutto in sindromi
coronariche instabili. Ciò ha reso quindi le piastrine attivate
comuni marker terapeutici delle sindromi coronariche acute (SCA) o meglio,
i marker dell'attivazione piastrinica possono essere usati per identificare
un danno cardiaco prima che si verifichi una necrosi miocardica.
Uno di questi "marker" è rappresentato dal ligando CD40
(anche indicato con la sigla CD154), un immunomodulatore espresso anche
dalle piastrine e rilasciato in seguito alla loro attivazione; si stima
infatti che più del 95% di CD40 solubile circolante sia di derivazione
piastrinica. Si tratta di una proteina transmembranale della famiglia
dei fattori di necrosi tumorale che, insieme al suo recettore CD40, rappresenta
una delle cause scatenanti dei processi infiammatori che portano all'aterosclerosi
e alla trombosi.
Una grande varietà di cellule vascolari e immunologiche esprimono
il recettore CD40, o il suo ligando, o entrambe, come si è osservato
nell'ateroma umano. Nel caso delle piastrine, questo marker si lega al
recettore per la glicoproteina IIb/IIIa e sembra essere necessario per
la stabilità dei trombi arteriolari, suggerendo un suo possibile
ruolo nella patofisiologia delle SCA. Si è visto infatti che donne
apparentemente sane e con livelli plasmatici aumentati di ligando CD40
solubile presentano un maggior rischio di eventi cardiovascolari ed è
inoltre noto che le concentrazioni ematiche di questo marker risultano
aumentate nei soggetti con SCA.
In questo lavoro, che ha coinvolto i pazienti di un precedente studio,
il CAPTURE (c7E3 Fab Antiplatelet Therapy in Unstable Refractory Angina),
il dosaggio dei livelli plasmatici di ligando CD40 solubile ha permesso
di identificare un gruppo di soggetti ad alto rischio di SCA. Mentre dallo
studio CAPTURE era emerso che elevate concentrazioni di troponina T potevano
individuare un sottogruppo di pazienti che avevano tratto beneficio da
una terapia con abciximab, un bloccante del recettore per la glicoproteina
IIb/IIIa, questo studio dimostra invece che, rispetto alle troponine,
specifici e sensibili marker di necrosi delle cellule miocardiche, il
valore predittivo dei livelli di CD40 solubile riguardo agli effetti del
farmaco, risulta indipendente dalla presenza o meno di un infarto miocardico
recente.
Nel gruppo trattato con placebo, alti valori di CD40 erano associati ad
un aumento del rischio di morte o di infarto miocardico non fatale anche
dopo i 6 mesi di follow-up (HR 2,71; p=0,001). Nell'altro gruppo di soggetti
con dolore al petto, le alte concentrazioni di CD40 identificavano pazienti
con SCA ad alto rischio (HR 6,65; p<0,001). La terapia con abciximab
aveva ridotto in modo significativo il rischio di incorrere in tali patologie
nei soggetti con elevati valori di CD40 (HR 0,37; IC 95% 0,20; p=0,001),
rispetto a quelli trattati con placebo, mentre non si era osservato alcun
beneficio del trattamento farmacologico nel gruppo di pazienti che presentavano
bassi valori di CD40.
Mentre le troponine sono marker di una necrosi miocardica e non risultano
attivamente coinvolte nella patofisiologia delle SCA, il ligando CD40
solubile può invece essere direttamente implicato con diverse modalità
in queste patologie. Recenti evidenze suggeriscono che questo ligando
contribuisce in modo rilevante alla progressione dell'aterosclerosi e,
di conseguenza, alla destabilizzazione delle placche atrosclerotiche,
inducendo l'espressione di citochine, chemochine, fattori di crescita,
metallo proteinasi di matrice e fattori pro-coagulanti in una varietà
di tipi di cellule associate all'ateroma.
Quindi, se da un lato una positività per le troponine può
indicare una propensione alla formazione di trombi con conseguente embolia
e necrosi del miocardio, gli alti livelli di CD40 in soggetti con SCA
sembrano riflettere una attività trombotica infiammatoria of the
culprit lesion in recruiting and activating platelets.
Questo lavoro non spiega se la presenza di CD 40 solubile sia semplicemente
un epifenomeno di processi infiammatori e trombotici in
atto, o se contribuisca direttamente ad eventi coronarici acuti, ma certamente
fornisce dati incoraggianti che possono contribuire a definire le sindromi
coronariche instabili. Sono necessari altri studi per definire il livello
di ligando CD40 solubile che indica un aumento del rischio di eventi cardiaci
e per avere più informazioni sulla correlazione tra CD 40 e gli
altri marker dell'infiammazione. Infatti è improbabile che esista
un singolo marker perfetto dei complessi eventi patofisiologici che contribuiscono
alla sindromi coronariche acute, ma è possibile che una combinazione
di più marker che riflettono stati infiammatori e trombotici, prima
dell'inizio della malattia, potrebbe avere un valore prognostico e terapeutico
considerevole.
Alberico L. Catapano e Alessandra Bertelli, Dipartimento di Scienze Farmacologiche,
Università degli Studi di Milano
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