APOLIPOPROTEINS VERSUS LIPIDS AS INDICES OF CORONARY RISK AND AS TARGETS FOR STATIN TREATMENT

Sniderman AD, Furberg CD, Keech A, Roeters van Lennep JE, Frohlich J, Jungner I, Walldius G.
The Lancet 2003; 361: 777-780

ABSTRACT:
More Nobel prizes have been awarded for the study of cholesterol than for any other molecule. Presently, concentration of LDL cholesterol is the fundamental index of risk of vascular disease. It is an estimate of the mass of cholesterol in the LDL fraction in plasma. By contrast, the value for apolipoprotein B is a measurement of the total number of atherogenic particles. Results of many studies show that apolipoprotein B is a better marker of risk of vascular disease and a better guide to the adequacy of statin treatment than any cholesterol index. Moreover, the ratio of apolipoprotein B/apolipoprotein A-1 seems superior to the ratio of total cholesterol/HDL cholesterol as an overall index of the risk of vascular disease. We review this evidence and include observations that were not previously published. The patho-physiological bases for the superiority of apolipoprotein B to cholesterol as a predictor of risk are reported elsewhere.

COMMENTO:
L'ipercolesterolemia è universalmente riconosciuta come fattore di rischio per le malattie cardio-coronariche (CVD), in particolare i livelli di colesterolo LDL sono un indice sia per il calcolo del rischio che per la valutazione dell'effetto di farmaci, come le statine, che riducono in maniera importante rischio e l'incidenza di CVD.
Le concentrazioni plasmatiche di colesterolo LDL ci danno una misura della massa di colesterolo in questa frazione lipoproteica, ma, in realtà, non ci definiscono la quantità di particelle potenzialmente aterogene presenti nella circolazione, né nulla ci rivelano delle caratteristiche di queste particelle.
Le LDL sono caratterizzate dall'apo B, presente in misura di una sola molecola per particella LDL, la valutazione dei livelli plasmatici di questa apoproteina può, quindi, darci una indicazione più precisa del numero di particelle LDL.
Gli autori sostengono la tesi che la valutazione dell'apoB costituisca un mezzo molto più efficace e sicuro sia per definire il rischio di CVD sia per valutare l'efficacia delle terapie con statine.
A sostegno di questa tesi riportano numerosi dati di studi epidemiologici, che hanno coinvolto decine di migliaia di soggetti, e di studi di intervento, dove l'effetto del trattamento con statine è stato valutato sia come riduzione del colesterolo LDL sia come abbassamento delle concentrazioni di apoB. I livelli di apoproteina raggiungono correlazioni migliori o più significative con gli eventi cardio-vascolari rispetto ai valori di colesterolo LDL, suggerendo che l'apoB rappresenti un parametro più preciso, rispetto al colesterolo LDL, per valutare il rischio di CVD e l'efficacia di terapie ipolipemizzanti.
Diverse possono essere le spiegazioni, sia di tipo fisiopatologico che di tipo tecnico laboratoristico.
1) nei soggetti dove all'ipercolestrolemia si associa anche una pur modesta ipertrigliceridemia (>200 mg/dl) la composizione delle LDL può essere alterata, con la presenza di particelle piccole e dense (più aterogene!) proporzionalmente più povere in colesterolo e più ricche di apoB.
2) Queste LDL, dette di tipo B, possiedono una affinità più bassa per i recettori: quando questi sono indotti dal trattamento con statine, le LDL piccole e dense vengono eliminate più lentamente rispetto alle LDL più grandi, all'abbassamento dei livelli di colesterolo LDL non corrisponde, quindi, una proporzionale riduzione del numero di particelle lipoproteiche.
3) I livelli di colesterolo LDL vengono valutati, nella maggior parte dei laboratori, come differenza dal colesterolo totale, utilizzando la formula di Friedwald. L'errore metodologico può, quindi, risultare elevato, essendo necessaria la misurazione di tre differenti parametri (colesterolo totale, colesterolo HDL e trigliceridi).
4) I moderni metodi di valutazione diretta del colesterolo LDL non sono ancora standardizzati.
5) Le metodologie per la valutazione dell'apoB sono ormai altamente standardizzate, secondo indicazioni della WHO.
6) I livelli di apoB poco risentono della condizione di digiuno o non digiuno, rispetto a quelli di colesterolo LDL.
Un altro parametro spesso utilizzato per la definizione del rischio è il rapporto colesterolo totale/colesterolo HDL. Anche in questo caso gli autori suggeriscono che la valutazione del rapporto apoB/apoAI costituisca un indice di rischio più sensibile.
In conclusione, dai dati raccolti in questa review, la valutazione dei livelli di apolipoproteine sia B che AI costituisce un mezzo più preciso, sensibile e sicuro per la definizione del rischio di CVD e dell'efficacia delle terapie con statine.

Franco M. Maggi, Centro per lo Studio, la Prevenzione e la Terapia delle Vasculopatie Aterosclerotiche, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano