LA MAGGIOR PARTE DELLE MALATTIE CARDIACHE SONO ATTRIBUIBILI
AI COMUNI FATTORI DI RISCHIO


E' opinione comune che più della metà dei pazienti con malattia cardio-coronarica (CHD) non presenti nessuno dei quattro tradizionali fattori di rischio maggiori: fumo di sigaretta, diabete, iperlipidemia e ipertensione. Questa convinzione implica il coinvolgimento significativo di altri indicatori di rischio nella patogenesi di queste malattie, quali ad es. i fattori genetici ed i markers di infiammazione.
In base ai risultati di due studi, pubblicati recentemente su JAMA, i fattori di rischio tradizionali sono invece presenti nella maggior parte dei pazienti con CHD. Secondo i ricercatori la medicina clinica, la ricerca e la sanità pubblica dovrebbero porre maggiore enfasi alla diagnosi e al controllo dei fattori noti e degli stili di vita, piuttosto che alla ricerca di nuovi indicatori di rischio, al fine di ridurre l'epidemia di CHD.

Nel primo studio (1), Topol e colleghi hanno analizzato i dati di 14 trials clinici internazionali randomizzati sulle CHD. Sono stati esaminati i dati di 122.458 pazienti, dei quali 76.716 con infarto miocardico con elevazione del segmento ST, 35.527 con angina instabile e/o infarto miocardico senza elevazione del segmento ST e 10.215 sottoposti a PCI (percutaneous coronary intervention).
Nei pazienti con CHD, era presente almeno 1 dei 4 fattori di rischio convenzionali (nell'84,6% delle donne e nell'80,6% degli uomini). Nei pazienti più giovani (uomini con età <55 anni e donne <65 anni) e nella maggior parte dei pazienti con angina instabile o con indicazione alla PCI, solamente il 10-15% dei soggetti non aveva nessuno dei quattro fattori di rischio convenzionali. Questo pattern era ampiamente indipendente da sesso, provenienza geografica, criteri di ammissione nel trial o CHD pregressa. La malattia coronarica precoce era correlata negli uomini al fumo di sigaretta e nelle donne al fumo di sigaretta e al diabete. Il fumo abbassava l'età di occorrenza dell'evento CHD di quasi una decade in tutte le combinazioni dei fattori di rischio. Solo quando l'età superava i 75 anni nelle donne e 65 negli uomini, più del 20% dei soggetti non presentava alcuno dei quattro fattori di rischio maggiori. Quando venivano valutate la storia familiare di CHD e l'obesità, solo l'8,5% delle donne e il 10,7% degli uomini non aveva fattori di rischio.
Gli uomini di età uguale o superiore a 50 anni e le donne di età uguale o superiore ai 55 che presentano uno qualunque di questi indicatori, si trovano nella fascia dove il rischio di incorrere in eventi coronarici a 10 anni è decisamente superiore al 10%. I ricercatori raccomandano quindi che, se un paziente ha almeno uno di questi fattori, debba essere considerato per una valutazione accurata, che includa test da sforzo e la misurazione dei livelli serici di proteina C-reattiva.

Nel secondo studio (2) un team di ricercatori, guidato da Greenland, ha esaminato tre studi di coorte prospettici con periodi di follow-up compresi tra 21 e 30 anni. Per quasi 21.000 pazienti con CHD fatale l'esposizione ad almeno un fattore di rischio maggiore clinicamente elevato oscillava dall'87 al 100%. Nei soggetti con età al basale tra 40 e 59 anni, che sono successivamente incorsi in un evento CHD fatale, l'esposizione ad almeno un fattore di rischio maggiore variava dall'87 al 94%. Se venivano stabiliti per questi fattori di rischio dei cut-off più elevati del valore desiderabile (colesterolo almeno 200 mg/dL, pressione arteriosa >120/80), una percentuale compresa tra il 96 e il 100% di tutti i gruppi età-sesso con CHD fatale aveva un'esposizione precedente ad un fattore di rischio. Questi risultati erano consistenti attraverso le tre coorti ed i range di età al basale al di sotto dei 60 anni. Anche fra soggetti in terapia antipertensiva o ipolipemizzante, la prevalenza di CHD fatale era elevata. Anche quando la pressione arteriosa o i livelli di colesterolo erano stati ridotti a raggiungere i rispettivi target, la riduzione del rischio era risultata minore di quanto ci si poteva aspettare. In questo contesto, Topol concorda sull'ipotesi che il trattamento di ipertensione o ipercolesterolemia sia solamente uno strumento modulante palliativo, che non elimina il problema intrinseco.

Secondo altri ricercatori queste evidenze possono avere implicazioni enormi nella gestione della prevenzione delle CHD da parte della sanità pubblica, anche in considerazione del fatto che le percentuali di esposizione sono state, probabilmente, sottostimate. Essi raccomandano che la terapia con aspirina, statine e ACE-inibitori venga considerati con attenzione in tutti i pazienti con aterosclerosi e diabete.

(1) PREVALENCE OF CONVENTIONAL RISK FACTORS IN PATIENTS WITH CORONARY HEART DISEASE
Khot UN, Khot MB, Bajzer CT, et al.

JAMA 2003;290:898-904

Abstract
Context: It is commonly suggested that more than 50% of patients with coronary heart disease (CHD) lack any of the conventional risk factors (cigarette smoking, diabetes, hyperlipidemia, and hypertension). This claim implies that other factors play a significant role in CHD and has led to considerable interest in nontraditional risk factors and genetic causes of CHD.
Objective: To determine the prevalence of the 4 conventional risk factors among patients with CHD.
Design, Setting, and Patients: In 2002-2003, we analyzed data for 122 458 patients enrolled in 14 international randomized clinical trials of CHD conducted during the prior decade. Patients included 76 716 with ST-elevation myocardial infarction, 35 527 with unstable angina/non-ST-elevation myocardial infarction, and 10 215 undergoing percutaneous coronary intervention.
Main Outcome Measures: Prevalence of each conventional risk factor and number of conventional risk factors present among patients with CHD, compared between men and women and by age at trial entry.
Results: Among patients with CHD, at least 1 of the 4 conventional risk factors was present in 84.6% of women and 80.6% of men. In younger patients (men <=55 years and women <=65 years) and most patients presenting either with unstable angina or for percutaneous coronary intervention, only 10% to 15% of patients lacked any of the 4 conventional risk factors. This pattern was largely independent of sex, geographic region, trial entry criteria, or prior CHD. Premature CHD was related to cigarette smoking in men and cigarette smoking and diabetes in women. Smoking decreased the age at the time of CHD event (at trial entry) by nearly 1 decade in all risk factor combinations.
Conclusions: In direct contrast with conventional thinking, 80% to 90% of patients with CHD have conventional risk factors. Although research on nontraditional risk factors and genetic causes of heart disease is important, clinical medicine, public health policies, and research efforts should place significant emphasis on the 4 conventional risk factors and the lifestyle behaviors causing them to reduce the epidemic of CHD.

(2) MAJOR RISK FACTORS AS ANTECEDENT OF FATAL AND NONFATAL CORONARY HEART DISEASE EVENTS
Greenland P, Knoll MD, Stamler J, et al.
JAMA 2003; 290:891-897

Abstract
Context: A frequently cited concept is that individual major risk factors for coronary heart disease (CHD) are absent in many patients (perhaps >50%) with CHD. However, prior studies have not systematically evaluated the extent to which CHD patients have previous exposure to at least 1 risk factor, including diabetes, cigarette smoking, or clinically elevated levels of cholesterol or blood pressure.
Objective: To determine the frequency of exposure to major CHD risk factors.
Design, Setting, and Participants: Three prospective cohort studies were included: the Chicago Heart Association Detection Project in Industry, with a population sample of 35 642 employed men and women aged 18 to 59 years; screenees for the Multiple Risk Factor Intervention Trial, including 347 978 men aged 35 to 57 years; and a population-based sample of 3295 men and women aged 34 to 59 years from the Framingham Heart Study (FHS). Follow-up lasted 21 to 30 years across the studies.
Main Outcome Measures: Fatal CHD in all cohorts and nonfatal myocardial infarction (MI) in the FHS, compared by exposure to major CHD risk factors, defined as total cholesterol of at least 240 mg/dL (>=6.22 mmol/L), systolic blood pressure of at least 140 mm Hg, diastolic blood pressure of at least 90 mm Hg, cigarette smoking, and diabetes. Participants were stratified by sex and age (18-39 vs 40-59 years).
Results: For fatal CHD (n = 20 995), exposure to at least 1 clinically elevated major risk factor ranged from 87% to 100%. Among those aged 40 to 59 years at baseline with fatal CHD (n = 19 263), exposure to at least 1 major risk factor ranged from 87% to 94%. For nonfatal MI, prior exposure was documented in 92% (95% CI, 87%-96%) (n = 167) of men aged 40 to 59 years at baseline and in 87% (95% CI, 80%-94%) (n = 94) of women in this age group.
Conclusions: Antecedent major CHD risk factor exposures were very common among those who developed CHD, emphasizing the importance of considering all major risk factors in determining CHD risk estimation and in attempting to prevent clinical CHD. These results challenge claims that CHD events commonly occur in persons without exposure to at least 1 major CHD risk factor.


Elena Tragni, SEFAP, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano