Bazzano
LA; He J; Ogden LG et al.
Arch Intern Med. 2003;163:1897-1904
Studi
prospettici suggeriscono che il consumo di fibre, specialmente quelle
idrosolubili, può essere inversamente associato al rischio di malattia
coronarica (CHD).
Gli autori hanno analizzato la relazione tra impiego di fibre alimentari
totali e solubili e rischio di CHD e di malattia cardiovascolare (CVD)
in 9776 adulti, senza CVD al basale, che hanno partecipato al National
Health and Nutrition Examination Survey I Epidemiologic Follow-up Study.
Alla prima valutazione è stato distribuito un diario per rilevare
nelle 24 ore le abitudini alimentari e l'assunzione dei nutrienti è
stata calcolata utilizzando il software Food Processor. I dati sull'incidenza
e sulla mortalità per CHD e CVD sono stati ricavati da documentazioni
mediche e certificati di morte nel corso del follow-up.
Durante una media di 19 anni di follow-up, sono stati documentati 1843
casi incidenti di CHD e 3762 casi incidenti di CVD. I partecipanti che
rientravano nel quartile più alto di consumo di fibre (mediana,
20,7 g/d), confrontati con quelli del quartile più basso (mediana,
5,9 g/d), avevano un rischio relativo corretto di 0,88 (Intervallo di
Confidenza [IC] al 95% 0,74-1,04; p=0,05 per il trend) per eventi CHD
e di 0,89 (IC al 95%, 0,80-0,99; p=0,01 per il trend) per eventi CVD.
I rischi relativi per i partecipanti del quartile più alto di assunzione
di fibre idrosolubili (mediana, 5,9 g/d) confrontati con quelli del quartile
più basso (mediana, 0,9 g/d) erano 0,85 (95% IC, 0,74-0,98; p=0,004
per il trend) per eventi CHD e 0,90 (95% IC, 0,82-0,99; p=0,01 per il
trend) per eventi CVD.
Una maggiore assunzione di fibre con la dieta, particolarmente di quelle
idrosolubili, riduce quindi il rischio di CHD.
Elena Tragni, SEFAP, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università
degli Studi di Milano
|