Jenkins
DJA, Kendall CWC, Marchie A et al.
JAMA 2003;290:502-510
Uno
studio a breve termine, condotto in Canada, dimostra che una dieta vegetariana
a basso contenuto di grassi saturi, , ricca di steroli vegetali, proteine
di soia, fibre viscose e noci può ridurre i livelli di colesterolo
e di proteina C-reattiva (PCR) con la stessa efficacia di una terapia
ipolipemizzante. Nello studio, pubblicato su JAMA, il protocollo dietetico
ha prodotto una riduzione del 28% in più dei livelli di colesterolo
LDL e di PCR, rispetto agli effetti simili osservati nei pazienti in trattamento
con lovastatina.
In passato, la maggior parte dei regimi dietetici utilizzati era in grado
di indurre riduzioni del livello di colesterolo del 13% circa, a differenza
delle riduzioni dal 28 al 35% ottenute con l'impiego di statine, evidenziate
nei trials a lungo termine.
I ricercatori canadesi hanno disegnato un protocollo dietetico specifico
che comprende i consigli dell'Adult Treatment Panel III (ATP III) del
National Cholesterol Education Program, di integrare con steroli vegetali
(2 g/die) e fibre viscose (10-15 g/die) una dieta a basso contenuto di
grassi saturi. Essi hanno aggiunto proteine di soia e noci, così
come indicato recentemente dall'American Heart Association (AHA) e dalla
FDA.
La FDA ha dato la sua approvazione affinchè steroli vegetali, fibre
viscose, proteine di soia e, più recentemente, noci, nocciole,
mandorle, vengano considerati salutari per la malattia coronarica (CHD).
Gli autori sottolineano che questa combinazione dietetica non è
stata ancora confrontata con le statine in termini di effetti ipolipemizzanti.
A questo scopo, sono stati arruolati 46 adulti iperlipidemici senza altre
patologie (età media 59 anni; IMC 27,6), senza malattia cardiovascolare
pregressa, assegnati in modo casuale ad una delle tre modalità
di intervento, per un mese:
1. Dieta ad alto contenuto
di steroli vegetali, proteine di soia, fibre viscose e mandorle
2. Dieta a basso contenuto di grassi saturi più lovastatina (20
mg/die)
3. Dieta a basso contenuto di grassi saturi (controllo)
Tutte le diete erano
vegetariane; i partecipanti ricevevano tutti gli alimenti dagli sperimentatori
eccetto frutta fresca e ortaggi. I livelli di colesterolo LDL e PCR sono
stati misurati all'inizio dello studio e nella seconda e quarta settimana
di follow-up.
Variazioni rispetto
al basale dei livelli di colesterolo LDL e di PCR
Endpoint |
Gruppo
1
|
Gruppo
2
|
Gruppo
3
|
Colesterolo
LDL |
-28,6%
(p<0,001)
|
-30,9%
(p<0,001)
|
-8%
(p=0,002)
|
Proteina
C-reattiva |
-28,2%
(p=0,02)
|
-33,3%
(p=0,002)
|
-10%
(p=0,27)
|
Rischio
CHD calcolato |
-24,9%
(p<0,001)
|
-25,8%
(p<0,001)
|
-3%
(p=0,57)
|
Tutte le riduzioni
osservate nei gruppi 1 e 2 erano significativamente maggiori rispetto
a quelle del gruppo 3, senza alcuna differenza nell'efficacia fra i due
gruppi di intervento. Analogamente, il rischio CHD calcolato era ridotto
nella stessa misura in entrambi i gruppi di trattamento.
La compliance era buona in tutti e tre i gruppi e tutti i partecipanti
hanno perso peso. I ricercatori concludono affermando che l'integrazione
con steroli vegetali, fibre viscose, proteine di soia e mandorle può
migliorare molto l'effetto ipolipemizzante della dieta. Ciascuno di questi
componenti, da solo, ha un'efficacia ridotta del 6-7%, che si somma fino
ad una riduzione totale del 30%.
In un editoriale che accompagna il lavoro, il dott. James Anderson scrive
che questi risultati sono potenzialmente importanti dato il costo elevato,
ed i problemi legati alla sicurezza e all'intolleranza collegati all'uso
di statine; essi sottolineano che sono particolarmente significativi per
quelle persone che sono intolleranti alle statine, per i pazienti più
anziani che devono sostenere il costo della cura o per le persone che,
semplicemente, non intendono sottoporsi ad una terapia farmacologica.
Egli evidenzia gli effetti ad ampio raggio sulle lipoproteine seriche,
soprattutto da parte delle proteine di soia: diminuzione dei livelli di
colesterolo LDL e serico, così come dell'ossidazione, aumento del
colesterolo HDL, miglioramento della reattività vascolare e prevenzione
di stati infiammatori. Ma, nonostante tutti gli effetti positivi del protocollo
dietetico testato dai ricercatori, Anderson sottolinea diversi svantaggi.
Sebbene il team di ricercatori abbia riportato che l'aderenza alla dieta
superava il 90%, il 40% circa dei partecipanti del gruppo 1 lamentava
la scarsa varietà degli alimenti e il 27% pensava che il volume
del cibo fosse troppo abbondante. Il motivo per cui i partecipanti hanno
perso peso è che, con questo regime alimentare, si sentivano presto
sazi e alcuni di loro, probabilmente, consideravano questo un vantaggio.
L'aderenza ad un protocollo dietetico molto specifico potrebbe costituire
un altro problema. Anderson ha suggerito che dovrebbero essere condotti
degli studi su quelle persone che seguono la dieta autonomamente. Gli
autori hanno riconosciuto che disciplina e motivazione sono stati decisivi
per il successo della dieta 1. Tuttavia, poiché l'entità
dell'effetto è così rilevante, anche se la dieta venisse
seguita solo parzialmente si potrebbe ottenere una diminuzione del colesterolo
dell'8-9%.
In futuro, gli effetti di questa dieta dovranno essere valutati nei pazienti
con malattia cardiovascolare, che potrebbero ottenere un beneficio considerevole
dalla riduzione dei livelli di colesterolo e di PCR. La dieta potrebbe
rappresentare potenzialmente un'alternativa preziosa per la riduzione
del rischio cardiovascolare in prevenzione primaria. Per la maggior parte
dei pazienti, l'intervento dietetico potrebbe costituire la terapia iniziale,
prima dell'introduzione di un trattamento farmacologico ipolipemizzante.
Elena Tragni, SEFAP,
Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano
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