GENETIC VARIATION IN LECTIN-LIKE OXIDIZED LOW-DENSITY LIPOPROTEIN RECEPTOR 1 (LOX 1) GENE AND THE RISK OF CORONARY ARTERY DISEASE

Chen Q, Steven E.R, Kammerer C, Craig W.Y, et al.
Circulation 2003; 107:3146-3151

RIASSUNTO
CONTESTO Gli autori di questo lavoro hanno valutato l'associazione tra 3 polimorfismi del gene che codifica per il recettore di tipo 1, lectina-simile delle LDL ossidate (LOX1 o ORL1) e le malattie coronariche, nell'ambito dello studio WISE (Women's Ischemia Sindrome Evaluation) condotto sulla popolazione.
METODI E RISULTATI Lo studio ha coinvolto 711 donne, 589 bianche non ispaniche e 122 di colore (non di origine ispanica), con un'età media di 57,3+11,6 anni, già sottoposte ad angiografia per sospetta ischemia.
Il campione è stato diviso in 3 gruppi sulla base del grado di stenosi presente: < del 20% (38,7%), compresa tra 20 e 49% (24,9%) e >50% (35,3%). Si è potuto osservare come in realtà i tre polimorfismi del gene LOX1 (introne 4/G —> A, introne 5/T —> G e 3' UTR/T —> C) si comportino come un singolo polimorfismo, a causa soprattutto di una instabilità di legame.
La frequenza dell'allele 3' UTR/T è risultata significativamente più alta nelle donne bianche rispetto a quelle di colore (49% vs 19%; p<0,0001). Tra le donne bianche, la presenza di carriers per l'allele 3' UTR/T (genotipi TC+TT) aumentava gradatamente da 67,9% a 75,0% e a 79,2% rispettivamente nei gruppi con stenosi <20%, compresa tra 20 e 40% e >50% (X2 trend = 6,23; p=0,013). Le analisi di regressione logistica hanno indicato che i genotipi APOE (odds ratio 1,90; p=0,007) e LOX1 (odds ratio 1,67; p=0,025) erano indipendentemente associati al rischio di malattia e che non esisteva alcuna interazione tra i due geni.
Le donne portatrici dei carriers per l'allele 3' UTR/T presentavano livelli significativamente più alti di IgG anti LDL ossidate, rispetto a quelle che possedevano il genotipo CC (0,94+0,20 vs 0,86+0,16; p=0,032). Inoltre, i dati sulla mobilità elettroforetica mostrano che la sequenza polimorfica 3' UTR ha influenzato il legame di un putativo fattore di trascrizione in una modalità allele-specifica.
CONCLUSIONI I dati estrapolabili da questo lavoro suggeriscono che la comune variazione genetica a livello di LOX1 può essere associata al rischio di malattia coronarica nelle donne bianche.

COMMENTO
Il segno evidente che indica l'inizio di una lesione aterosclerotica è rappresentato dalla formazione di cellule schiumose; i geni coinvolti in questo processo sembrano essere in grado di influenzare il rischio di malattia coronarica (CAD).
È stato osservato come le LDL ossidate abbiano un ruolo-chiave nell'inizio del processo aterosclerotico; il loro ingresso nelle cellule, infatti, risulta mediato da numerosi recettori, tra cui il recettore 1, lectina-simile, LOX1 o ORL1, che viene espresso nei tessuti periferici incluse le cellule endoteliali delle grandi arterie, nei macrofagi e nelle cellule della muscolatura liscia. Recenti studi suggeriscono che il dominio lectina-simile è in realtà il dominio funzionale per il legame con le LDL ossidate. Questo legame, a livello delle cellule endoteliali, induce numerosi eventi, come la riduzione della concentrazione di ossido nitrico intracellulare che può dare il via ad eventi cardiovascolari o accelerare lo sviluppo dell'aterosclerosi.
Recentemente sono stati identificati 3 polimorfismi del gene LOX1, mappato nel cromosoma 12p13.1-p12.3, nell'introne 4 (G—>A), nell'introne 5 (T—>G) e in 3' UTR (T—>C).
In questo lavoro gli autori hanno esaminato la possibile relazione tra questi tre polimorfismi e il rischio di CAD, nell'ambito dello Studio WISE (Women's Ischemia Sindrome Evaluation).
Tra le donne bianche, età (p<0,001), abitudine al fumo (p=0,004), assunzione di statine (p<0,001), assunzione di altri farmaci ipolipemizzanti (p=0,0039), storia di ipertensione (p=0,001), storia di diabete (p<0,001), menopausa (p<0,001), livelli di colesterolo HDL (p=0,012) e livelli di IgM anti-LDL ossidate (p=0,003) differiscono in modo significativo passando attraverso i tre gruppi in cui sono state classificate in base al grado di stenosi presente. Tra le donne di colore, invece, età (p=0,002), storia di ipertensione (p=0,029) e livelli di TG (p=0,021) sono risultati associati in modo significativo allo sviluppo di malattia coronarica (CAD).
La distribuzione dei tre polimorfismi del gene LOX1 differisce tra le donne bianche e quelle di colore. La frequenza della presenza dell'allele nell'introne 4/G (49,2% vs 18,8%; p<0,001), nell'introne 5/T (49,1% vs 18,6%; p<0,001) e in 3' UTR/T (49,0% vs 18,8%; p<0,001) è risultata significativamente più alta nelle pazienti bianche rispetto a quelle di colore.
Gli autori si sono concentrati sul polimorfismo in 3' UTR/T principalmente per la sua potenziale rilevanza funzionale. La frequenza dell'allele 3' UTR/T è aumentata in modo rilevante, dal 44,6% del gruppo con stenosi <20% al 50% del gruppo con stenosi compresa tra 20 e 49%, fino al 53,5% del gruppo con stenosi >50%.
L'esatto meccanismo con cui il gene LOX1 possa avere un effetto sull'andamento del rischio di malattia coronarica non è ancora chiaro. Nel campione di donne esaminate non sono state osservate associazioni significative tra i polimorfismi di LOX1 e i livelli dei lipidi plasmatici. Comunque, poiché LOX1 è il recettore per le LDL ossidate, potrebbe aumentare il rischio di CAD attraverso la sua azione diretta sul metabolismo di queste particelle lipidiche. Per verificare ciò, gli autori hanno valutato l'impatto dei genotipi 3' UTR/T sui livelli ematici di IgG anti-LDL ossidate ed è emerso che le donne portatrici del genotipo TT presentavano valori di IgG anti-LDL ossidate significativamente più alti di quelli delle donne con il genotipo CC. Questi dati suggeriscono che il polimorfismo 3' UTR/T può avere un effetto sul rischio di CAD mediante un'azione sul metabolismo delle LDL ossidate.
Questo studio, il primo a riportare una associazione rilevante tra polimorfismo del gene LOX1 e CAD, presenta però numerosi limiti, tra cui il fatto che il campione studiato sia costituito solo da soggetti di sesso femminile e il numero di donne di colore sia troppo ridotto. Per supportare tali risultati sono necessari ulteriori lavori su coorti molto più ampie che includano sia uomini che donne
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Elena Tragni, SEFAP, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano