HORMONE REPLACEMENT THERAPY IS ASSOCIATED WITH IMPROVED SURVIVAL IN WOMEN WITH ADVANCED HEART FAILURE

Lindenfeld J, Ghali JK, Krause-Steinrauf HJ, Khan S, Adams K, Goldman S, Peberdy MA, Yancy C, Thaneemit-Chen S, Larsen RL, Young J, Lowes B, Rosenberg YD; BEST Investigators
J Am Coll Cardiol. 2003 Oct 1;42(7):1238-45

Abstract:
Objectives: We sought to determine whether hormone replacement therapy (HRT) is associated with an improved prognosis in women with advanced heart failure (HF) and systolic dysfunction.
Background: There are about two million postmenopausal women in the U.S. with HF. However, limited data are available to assess the effects of HRT on survival in this large group of patients.
Methods: A retrospective analysis of women age 50 years and over entered into the Beta-Blocker Evaluation of Survival Trial (BEST) was conducted using Cox regression analysis comparing survival in HRT users and non-users after correcting for baseline variables known to predict survival in women with HF and systolic dysfunction.
Results: In 493 women age 50 years and older, HRT was associated with a significant reduction in mortality-21% mortality in HRT users and 34% in non-users (p = 0.025). Multivariate analysis demonstrated a hazard ratio for mortality of 0.6 (95% confidence interval = 0.36 to 0.97) (p = 0.039) for HRT users. The benefits of HRT were noted only in women with a nonischemic etiology of HF (n = 237).
Conclusion: Hormone replacement therapy is associated with a marked improvement in survival in postmenopausal women with advanced HF. A prospective, randomized trial of HRT should be performed in this large group of patients.

Commento:
Potrebbe essere una buona notizia per la terapia ormonale sostitutiva della menopausa, dopo le delusioni degli ultimi tempi. Una sua efficacia nell'aumentare la sopravvivenza in donne con insufficienza cardiaca avanzata è di sicuro interesse, visto che la malattia cardiaca ha una prognosi severa e conduce a morte nel 50%-90% dei casi nel giro di 10 anni. Ma lo studio presentato dalla Lindenfeld e dai suoi collaboratori, al momento offre soltanto un'ipotesi, peraltro gravata da una serie di punti interrogativi, che sollevano qualche dubbio sulle conclusioni. E' uno studio retrospettivo, i cui dati sono stati ricavati dal Beta-Blocker Evaluation of Survival Trial (BEST) che ha valutato gli effetti del bucindololo verso placebo sulla sopravvivenza di pazienti con insufficienza cardiaca moderata-grave. Ha dunque tutti i difetti degli studi retrospettivi a cui si devono aggiungere problemi relativi ad una scarsa omogeneità dei due gruppi di donne che erano o non erano trattate con la terapia sostitutiva. Le donne appartenenti al gruppo in terapia ormonale erano infatti più giovani e meno obese, avevano meno spesso ipertensione e diabete e l'insufficienza cardiaca era meno spesso conseguente ad una cardiopatia ischemica delle donne appartenenti al gruppo non trattato. In più, la creatinina, il sodio e le transaminasi, che sono tutti elementi predittivi di mortalità in corso di scompenso cardiaco, erano più bassi nel gruppo trattato che in quello senza terapia ormonale. Nel complesso, dunque, un profilo di rischio favorevole al gruppo delle donne in terapia ormonale che potrebbe spiegare, almeno in parte, i risultati. Comunque, la differenza in termini di mortalità tra i due gruppi ha resistito all'aggiustamento dei dati per una serie di variabili come la frazione di eiezione, la classificazione funzionale e l'eziologia dello scompenso, il rapporto cardio/toracico, la razza, l'età, la presenza o meno di diabete, l'abitudine al fumo, l'indice di massa corporea, il trattamento (bucindololo o placebo) e l'aderenza alla terapia. Il risultato finale dell'analisi statistica è che le donne in terapia ormonale avevano una probabilità di sopravvivenza a 42 mesi del 78%, contro il 58% delle donne che non erano in terapia ormonale. Un dato eclatante, che era tuttavia limitato alle donne che avevano una cardiopatia di origine non ischemica. Le donne con cardiopatia ischemica non hanno beneficiato della terapia ormonale.
Che la terapia ormonale sostitutiva potesse avere un qualche effetto positivo sull'evoluzione dello scompenso cardiaco era già stato anticipato da Reis e collaboratori (J Am Coll Cardiol 2000;36:529-533) con l'analisi di dati derivati da tre studi che erano stati condotti per verificare gli effetti del vesnarinone sullo scompenso di cuore. Anche in questo caso, le donne che erano in terapia sostitutiva hanno avuto una sopravvivenza maggiore di quelle che non lo erano. Vari dati sperimentali sono a sostegno della possibilità che gli ormoni femminili abbiano un effetto positivo sul cuore. Agli estrogeni è infatti attribuito un miglioramento della funzione endoteliale, una riduzione dell'attivazione neuroormonale, una riduzione della pressione arteriosa ed un'influenza favorevole sull'ipertrofia miocardica e sul rimodellamento del muscolo cardiaco, tutte azioni che, da un punto di vista teorico, sarebbero di beneficio nello scompenso cardiaco. Ma la storia insegna ad essere prudenti e, nel caso specifico, come sottolinea un editoriale della Petitti sullo stesso numero del giornale, la storia deve insegnare ad essere molto scettici. Prove teoriche e dati osservazionali erano anche alla base dell'ipotesi di un effetto protettivo della terapia sostitutiva sulla cardiopatia ischemica, ma gli studi di intervento lo hanno negato in modo clamoroso. Anche per lo scompenso cardiaco si hanno prove teoriche e dati osservazionali favorevoli, ma per il momento, ci fermiamo qui.

Domenico Sommariva - Divisione di Medicina Interna 1, Ospedale G. Salvini, Garbagnate Milanese