REVERSAL
OF ATHEROSCLEROSIS WITH AGGRESSIVE LIPID LOWERING (REVERSAL): A PROSPECTIVE,
RANDOMIZED, DOUBLE-BLIND, MULTI-CENTER STUDY COMPARING THE EFFECTS OF
ATORVASTATIN VERSUS PRAVASTATIN ON THE PROGRESSION OF CORONARY ATHEROSCLEROTIC
LESIONS AS MEASURED BY INTRAVASCULAR ULTRASOUND
Steven Nissen
Presented at American Heart Association's Scientific Sessions november
2003
Gli inibitori dell'HMG Co-A reduttasi hanno mostrato consistenti benefici
sulla morbidità e sulla mortalità nei trials clinici controllati
con placebo. Dai primi studi angiografici è emersa una riduzione
nella progressione dell'aterosclerosi coronarica in seguito a terapia
con statine, ma nessuno ha dimostrato un'assenza di progressione della
placca, o una sua regressione. In aggiunta, non è mai stato fatto
un ampio studio prospettico per stimare gli effetti della terapia con
statine impiegando metodiche più recenti come gli ultrasuoni intravascolari
(IVUS).
Lo scopo dello studio REVERSAL (Reversal of Atherosclerosis with Aggressive
Lipid Lowering) è stato quello di utilizzare la tecnologia UVIS
per confrontare gli effetti sulla progressione dell'aterosclerosi coronarica
di un intenso regime di riduzione dei livelli lipidici mediante atorvastatina
con un trattamento più moderato a base di pravastatina. L'ipotesi
principale era che 80 mg/die di atorvastatina fosse in grado di rallentare
più efficacemente la progressione della patologia aterosclerotica,
rispetto a 40 mg/die di pravastatina. L'alternativa era che non ci sarebbe
stata alcuna differenza tra i due farmaci.
È stata scelta pravastatina in quanto rappresenta uno dei farmaci
più studiati nei trial di prevenzione primaria e secondaria e inoltre
perché è stata dimostrata la sua efficacia nel ridurre la
morbidità e la mortalità. Pravastatina appartiene alla classe
delle statine della prima generazione con moderato effetto ipolipemizzante
ed è indicata nell'attenuare la progressione dell'aterosclerosi.
40 mg rappresentano la dose più alta tollerata.
Lo studio ha incluso 654 soggetti, tutti con cardiopatia (CAD) sintomatica,
documentata da angiografia coronarica che evidenziava una stenosi superiore
al 20%, successivamante randomizzati al trattamento con pravastatina 40
mg (n=327) o con atorvastatina 80 mg (n= 327) per 18 mesi.
Terminato il periodo del trattamento, il livello del colesterolo totale
era 188 mg/dL (-18,4%) nel gruppo pravastatina e 151 mg/dL (-34,1%) nel
gruppo atorvastatina (p<0,0001). Pravastatina ha ridotto i livelli
di colesterolo LDL del 25,2% (110 mg/dL), rispetto al 46,3% (79 mg/dL)
ottenuto con atorvastatina. Nel complesso nel 67% dei soggetti trattati
con pravastatina e nel 97% di quelli trattati con atorvastatina si sono
osservati livelli ematici di colesterolo LDL< 100mg/dL. I trigliceridi
sono diminuiti del 6,8% (166 mg/dL) nel gruppo pravastatina e del 20%
(148 mg/dL) nel caso dell'atorvastatina; il colesterolo HDL è aumentato
del 5,6% con pravastatina e del 2,9% con atorvastatina (p=0,06). Tra i
due gruppi di trattamento è risultata significativa la differenza
nella variazione del volume dell'ateroma ostruttivo (p=0,0002). I pazienti
trattati con pravastatina mostrano un aumento del 1,6% nel volume ostruttivo,
mentre quelli che hanno assunto atorvastatina presentano soltanto uno
0,18% di incremento del volume ostruttivo, sempre rispetto al basale.
Nell'ambito degli eventi avversi, non sono emerse differenze significative
tra i due gruppi di trattamento, nell'incidenza dei decessi, di infarto
del miocardio o di ictus.
In conclusione un trattamento intensivo con atorvastatina 80 mg, rallentando
la progressione dell'aterosclerosi coronarica, è giustificato in
prevenzione secondaria, soprattutto per quei soggetti ad alto rischio
di eventi fatali. Un regime terapeutico più moderato con pravastatina
40 mg risulta in realtà associato ad una maggiore progressione
della malattia aterosclerotica coronarica (p=0,01 vs p=0,0001). L'aterosclerosi
coronarica è stata tradizionalmente considerata una patologia cronica
per la quale la terapia dovrebbe rallentare, e non prevenire, la progressione.
Ora sappiamo che una intensa terapia ipolipemizzante può completamente
arrestare il processo aterosclerotico.
Alberico L. Catapano e Alessandra Bertelli, Dipartimento di Scienze Farmacologiche,
Università degli Studi di Milano
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