INTERNATIONAL DIFFERENCES IN EVOLUTION OF EARLY DISCHARGE AFTER ACUTE MYOCARDIAL INFARCTION

Padma Kaul, L Kristin Newby, Yuling Fu, Daniel B Mark, Robert M Califf, Eric J Topol, Phil Aylward, Christopher B Granger,
Frans Van de Werf, Paul W Armstrong, for the VIGOUR Group

Lancet 2004; 363: 511–17

RIASSUNTO:
Background
Early discharge of low-risk patients with acute myocardial infarction is feasible and can be achieved at no additional risk of adverse events. We aimed to identify the extent to which countries have taken advantage of the opportunity for early discharge.
Methods The study population consisted of 54 174 patients enrolled in GUSTO-I, GUSTO-III, and ASSENT-2 studies (enrolment period 1990–98) in the USA, Canada, Australia, New Zealand, Belgium, France, Germany, Spain, and Poland. We identified patients with uncomplicated acute myocardial infarction who were eligible for early discharge on the basis of previously established criteria, and assessed the extent to which these patients were discharged early—defined as discharged alive within 4 days of admission. The economic consequences (defined as potentially unnecessary hospital days consumed per 100 patients enrolled) were also investigated.
Findings Patients in all European countries had significantly longer stays than did those from non-European countries. Over the study period, the number of eligible patients discharged on or before day 4 increased in the USA, Canada, Australia, and New Zealand. Despite this increase, no more than 40% of patients who were eligible for early discharge were actually discharged early. The rate of early discharge of eligible patients was consistently low (<2%) in Belgium, France, Germany, Spain, and Poland. In ASSENT-2, which is the most recent trial in this study, the number of potentially unnecessary hospital days (per 100 patients enrolled) ranged from 65 in New Zealand to 839 in Germany.
Interpretation Despite more than a decade of research, there is still a lot of variation between countries in international length-of-stay patterns in acute myocardial infarction. The potential for more efficient discharge of low-risk patients exists in all countries investigated, but was especially evident in the European countries included in the study (Belgium, France, Germany, Spain, and Poland).

COMMENTO:
Basato sull'analisi dei dati emersi da 3 studi di intervento con farmaci fibrinolitici (GUSTO-I, GUSTO-III e ASSENT-2), lo studio si è proposto di valutare l'aderenza alle raccomandazioni delle Linee Guida dell'American College of Cardiology, dell'American Heart Association e dell'European Society of Cardiology che suggeriscono il rinvio a domicilio dopo 4 giorni dei pazienti colpiti da un infarto del miocardio non complicato. Sono stati considerati infarti non complicati quelli che non erano seguiti nei primi 4 giorni dall'evento da morte, reinfarto, ischemia, ictus cerebrale, shock cardiogeno, scompenso cardiaco, necessità di bypass aorto-coronarico, tachicardia ventricolare sostenuta, fibrillazione ventricolare, dissociazione elettromeccanica o asistolia. Dei 79.029 pazienti arruolati nei tre studi con antifibrinolitici, 54.174 hanno avuto un decorso privo di eventi e sono stati pertanto considerati potenzialmente dimissibili in quarta giornata. Questo comunque non è avvenuto se non in una piccola frazione di pazienti. La mediana della durata della degenza è risultata ampiamente variabile con un minimo negli Stati Uniti (8 giorni) ed un massimo in Germania (24 giorni) e negli altri paesi europei (Belgio, Francia, Spagna e Polonia avevano una durata mediana di degenza di 12-19 giorni). Nei 3 studi da cui sono stati ricavati i dati, l'arruolamento dei pazienti è avvenuto in un intervallo di tempo di 8 anni (GUSTO-I è iniziato nel 1990 e ASSENT-2 nel 1997) e questo ha permesso di osservare l'andamento temporale della propensione alla dimissione precoce dei pazienti a basso rischio. In tutti i paesi si è osservata nel tempo una diminuzione della degenza media. Comunque anche negli Stati Uniti ed in Nuova Zelanda, che erano i paesi meno restii ad una precoce dimissione, i dati più recenti riguardanti l'ASSENT-2 hanno rivelato che solo il 40% dei pazienti potenzialmente dimissibili in quarta giornata era stato in realtà dimesso. Nei 5 paesi europei era stato dimesso entro i primi 4 giorni lo 0,2-1,4% dei pazienti a basso rischio. Le differenze sono enormi e non possono essere giustificate da una diversa percezione del rischio che una precoce dimissione può di per sè comportare. E' da tempo noto che il 97% delle morti nei primi 30 giorni da un infarto miocardico acuto avviene entro le prime 48 ore ed è proprio da questo dato che deriva la raccomandazione di una dimissione precoce se non sopravvengono complicazioni. In effetti anche i risultati cumulativi dei 3 studi con i trombolitici hanno evidenziato la sicurezza di una dimissione precoce. Solo circa l'1% dei pazienti con infarto non complicato è deceduto tra la quarta e la trentesima giornata dall'evento, con minime variazioni tra un paese e l'altro. Si può ritenere che l'1% di morti non sia proprio poco per un periodo di tempo così limitato. Non si sa tuttavia quanti dei pazienti morti entro 30 giorni ed eligibili per la dimissione in quarta giornata siano stati effettivamente dimessi e siano morti dopo la dimissione e quanti siano invece morti in ospedale. A questo riguardo appare interessante il fatto che la mortalità entro la trentesima giornata ed entro un anno non era diversa tra i paesi che avevano tempi di degenza lunghi e quelli che avevano tempi di degenza brevi, il che dimostra che una dimissione precoce non incide in misura apprezzabile sulla mortalità nel postinfarto. Sarebbe comunque auspicabile una più approfondita stratificazione del rischio per affrontare con più sicurezza la decisione così impegnativa di dimettere un paziente dopo un evento clinico grave e potenzialmente mortale.
E' del tutto improbabile che i motivi delle differenze nazionali nel prolungamento delle degenze siano da ricercare in un'incompleta conoscenza delle linee guida americane ed europee. Queste hanno avuto una così larga diffusione che non possono essere sfuggite ai cardiologi di tutto il mondo. I motivi vanno probabilmente ricercati in altri ambiti e, in particolare, nell'organizzazione sanitaria che è molto diversa da paese a paese. Non ha caso, la più elevata percentuale di dimessi tra coloro che erano potenzialmente dimissibili si è osservata negli Stati Uniti che è l'unico paese tra quelli studiati che non ha una copertura assicurativa sanitaria generalizzata e che dal 1980 è sottoposto al controllo dei DRG che disincentivano il ricovero ospedaliero prolungato. E' evidente perciò che in quel paese una particolare attenzione venga sempre rivolta all'aspetto economico della cura. D'altra parte, differenze grossolane nella durata della degenza sono già state riscontrate tra Stati Uniti e Paesi Europei anche per malattie diverse dall'infarto del miocardio. Il prolungamento della degenza in Europa per l'infarto, come per altre patologie, è probabile che sia in relazione all'esistenza di un Servizio Sanitario Nazionale che scarica il cittadino dal costo economico della degenza, riduce la pressione per una precoce dimissione (anzi molto spesso la pressione è in senso contrario) e induce i medici ad un atteggiamento più conservativo e protettivo. Non va dimenticato anche il livello organizzativo ospedaliero ed extraospedaliero e l'impatto che questo può avere sui percorsi diagnostici e terapeutici e, più in generale, sull'assistenza del postinfartuato. In questo studio l'Italia non è stata coinvolta, ma i risultati che sono emersi spingono a qualche riflessione sulla situazione del nostro paese che è probabile non sia diversa da quella riscontrata negli altri paesi europei. Anche in Italia come negli altri paesi europei oggetto dell'indagine, in questi ultimi anni si è osservata una generale riduzione dei tempi di degenza, probabilmente sotto la spinta dell'introduzione nel nostro ordinamento dei DRG. Il processo è in evoluzione ed è probabile che porti ad un contenimento della durata della degenza e dei costi ad essa correlati, sempre che la rete ospedaliera ed extraospedaliera raggiunga l'efficienza necessaria per soddisfare i requisiti di una medicina moderna.

Domenico Sommariva - Divisione di Medicina Interna 1, Ospedale G. Salvini, Garbagnate Milanese