IN GRAN BRETAGNA LA MORTALITA' CARDIOVASCOLARE E' DIMINUITA NEGLI ULTIMI 20 ANNI
IN SEGUITO ALLE STRATEGIE DI INTERVENTO SUI FATTORI DI RISCHIO

EXPLAINING THE DECLINE IN CORONARY HEART DISEASE MORTALITY IN ENGLAND AND WALES BETWEEN 1981 AND 2000
Unal B, Critchley JA, Capewell S
Circulation 2004; 109:1101-1107


RIASSUNTO
CONTESTO A partire dagli anni '70 in Inghilterra le percentuali di mortalità causata da malattia cardiaca coronarica (CHD) sono diminuite. L'obiettivo dello studio è di valutare in che misura questa diminuzione, osservata in Inghilterra e nel Galles fra il 1981 e il 2000, possa essere attribuita alle terapie mediche e chirurgiche e quanto sia dovuta ai cambiamenti dei fattori di rischio cardiovascolare.
METODI E RISULTATI E' stato utilizzato il modello di mortalità IMPACT per comparare ed analizzare i dati in base ai meccanismi d'azione e all'efficacia dei trattamenti cardiologici e i trend dei fattori di rischio in questi Paesi. I dati sono stati ricavati principalmente da trials pubblicati e meta-analisi, statistiche ufficiali, audits clinici e indagini nazionali. Fra il 1981 e il 2000, il tasso di mortalità per CHD nei due Paesi è diminuito del 62% negli uomini e del 45% nelle donne di età compresa tra 25 e 84 anni; il dato è emerso valutando i 68.230 decessi in meno avvenuti nel 2000. Il 42% circa di questa diminuzione è stato attribuito ai trattamenti dei soggetti (11% prevenzione secondaria; 13% trattamento dell'insufficienza cardiaca; 8% trattamenti iniziali dell'infarto miocardico acuto e 3% terapie antipertensive) e il 58% alle riduzioni dei fattori di rischio nella popolazione (principalmente fumo, 48%; pressione arteriosa, 9,5%; colesterolo, 9,5%). Tendenze opposte sono state osservate in merito ad attività fisica, obesità e diabete.
CONCLUSIONI Più della metà della diminuzione della mortalità per CHD in Gran Bretagna fra il 1981 e il 2000 è stata attribuita alla riduzione dei maggiori fattori di rischio, soprattutto il fumo. Questo sottolinea l'importanza di una strategia complessa al fine di promuovere la prevenzione primaria, in modo particolare riguardo a tabacco e dieta, e di diffondere il più possibile fra la popolazione l'utilizzo di trattamenti efficaci, specialmente per la prevenzione secondaria e l'insufficienza cardiaca. Questi risultati possono essere estesi, con cautela, anche agli Stati Uniti ed agli altri Paesi industrializzati.

COMMENTO
Il 1° di marzo è stato pubblicato su Circulation on line un report riguardante l'andamento della mortalità in Inghilterra e Galles nelle ultime due decadi del secolo.
Lo studio ha evidenziato che la cessazione del fumo è responsabile di circa la metà della notevole diminuzione di morti CHD in Gran Bretagna a partire dagli anni '70. Questo dato enfatizza l'importanza e il potenziale delle strategie di prevenzione primaria.
Gli autori hanno evidenziato che i trattamenti per la prevenzione secondaria di CHD prevenivano o posticipavano i decessi molto di più rispetto a qualsiasi altro intervento nei pazienti con CHD e che le terapie per l'insufficienza cardiaca avevano un effetto anche maggiore. Il modesto contributo alla riduzione della mortalità ottenuto con la rivascolarizzazione era inferiore alle aspettative, valutando soprattutto la considerevole quantità di risorse investite nella promozione di questo tipo di approccio terapeutico.
Questi risultati possono essere estesi con cautela anche agli Stati Uniti e agli altri Paesi industrializzati, dove i decessi per malattia cardiaca si sono ridotti della metà a partire dagli anni '70. E' di fondamentale importanza conoscere le ragioni della diminuzione al fine di ottenere ulteriori riduzioni.
Questo è il primo studio che analizza l'andamento della mortalità per CHD fra 59 milioni di persone in Inghilterra e nel Galles negli anni dal 1981 al 2000. Le percentuali di decessi per CHD si sono abbassate del 62% negli uomini e del 45% nelle donne di età compresa fra 25 e 84 anni. Questo si traduce in 68.230 decessi in meno nell'anno 2000 confrontati con il 1981.
Il 58% della diminuzione è dovuto a cambiamenti dei fattori di rischio nella popolazione, mentre gli interventi terapeutici moderni hanno inciso sulla riduzione per il 42%.
Tra i fattori di rischio della popolazione, il fumo era quello che aveva contribuito maggiormente alla diminuzione dei decessi, con una riduzione del 48%, insieme alle riduzioni della pressione arteriosa e dei livelli di colesterolo totale.



Decessi prevenuti o posticipati in conseguenza dei cambiamenti dei fattori di rischio della popolazione in Inghilterra e nel Galles 1981-2000


Fattori di rischio
% cambiamento fattori di rischio 1981-2000
Coefficiente ß
Decessi prevenuti o posticipati, miglior stima
Proporzione dei decessi complessivi prevenuti o posticipati (%), miglior stima
Fumo
-34
0,51
29.715
48,1
Pressione arteriosa
-7,7
1,67
5.868
9,5
Colesterolo
-4,2
2,46
7.900
9,6

Rischio Relativo

Privazione socioeconomica
-6,6
1,24
2.126
3,4
Attività fisica
-30,6
0,50
-2.662
-4,3
Obesità
+186,2
1,57
-2.097
-3,4
Diabete
+65,6
4,24
-2.888
-4,7
Effetto totale fattori di rischio
-
-
35.944
58,2

 


Sono stati osservati, tuttavia, anche trend opposti, come livelli di attività fisica ridotti e aumenti nei tassi di obesità e diabete, che hanno prodotto circa 7.650 decessi aggiuntivi, annullando, praticamente, due decadi di miglioramento nei livelli di colesterolo.
I ricercatori hanno utilizzato un modello di mortalità informatizzato chiamato IMPACT che considera contemporaneamente la dimensione della popolazione, i numeri di pazienti, i trattamenti somministrati e gli andamenti dei fattori di rischio (fumo, dieta, pressione arteriosa, attività fisica, obesità, diabete, etc.).
I cambiamenti complessivi dei maggiori fattori di rischio hanno prodotto 35.944 decessi in meno. I trattamenti medici e chirurgici insieme hanno prevenuto o posticipato circa 25.805 decessi, dei quali il 13% è derivato dal trattamento dell'insufficienza cardiaca, l'11% dal trattamento per la prevenzione secondaria e l'8% dal trattamento iniziale dell'attacco cardiaco acuto. Si è osservato inoltre che i trattamenti per la prevenzione secondaria di CHD prevenivano o posticipavano molti più decessi di qualsiasi altro tipo di intervento nei pazienti con CHD. Anche le terapie per l'insufficienza cardiaca avevano un effetto maggiore, particolarmente sorprendente data la prognosi spesso sfavorevole dell'insufficienza cardiaca in molti pazienti.
La rivascolarizzazione chirurgica e l'angioplastica hanno avuto, stranamente, un'incidenza solo del 3,8% nella diminuzione dei decessi. Questo dato concorda con i lavori di altri ricercatori del Regno Unito e degli Stati Uniti. Il 4% è un contributo deludente considerando l'ampiezza delle risorse finanziare e politiche che vengono impiegate per promuovere questi interventi.

Elena Tragni, Servizio di Epidemiologia e Farmacologia Preventiva, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano