CORONARY CALCIFICATION SCORE: THE CORONARY-RISK IMPACT FACTOR

Thompson G.R, Partridge J.
Lancet 2004;363:557-559


RIASSUNTO:
CONTESTO L'identificazione di soggetti asintomatici ad alto rischio è uno degli obiettivi della politica attuale per la prevenzione delle coronaropatie, ma i metodi utilizzati per la stima del rischio sono in realtà poco sensibili. Per superare questo limite vengono sempre più impiegati sistemi non invasivi per rilevare coronaropatie come ad esempio la tomografia computerizzata (CT) per stimare la presenza di calcificazione dell'arteria coronarica. La sede e l'estensione della calcificazione sono strettamente correlate ad anormalità patologiche ed angiografiche, ma resta ancora un dubbio se tale calcificazione possa in realtà predire eventi clinici, soprattutto nei soggetti più giovani. La maggior parte dei dati sulla calcificazione coronarica è stata ottenuta mediante CT, ma recentemente viene utilizzata più frequentemente la CT multistrato, più versatile, meno costosa e disponibile in molti ospedali.
PUNTO DI PARTENZA In uno studio precedente (Radiology 2004; 228:826-833) è stato osservato come il grado (score) di calcificazione in sede coronarica abbia un potere predittivo di mortalità totale nei sottogruppi di pazienti classificati a basso, medio o alto rischio secondo i criteri del Framingham. In una coorte di 10.000 soggetti la sopravvivenza a 5 anni, corretta per il rischio, era del 95% quando lo score risultava > 1000, rispetto al 99% per uno score < 10. Questi risultati sono in accordo con quelli di recenti studi che hanno evidenziato forti correlazioni tra calcificazione coronarica ed eventi coronarici.
IL FUTURO Un aumento dell'impiego di CT multistrato dovrebbe generare più dati da confrontare con quelli ottenuti con la CT classica. La dose di radiazioni, più alta nel primo caso, deve essere ridotta e la calcificazione deve essere quantificata in modo più accurato rispetto a quanto oggi possibile. Servono altri studi per stabilire l'effettivo potere predittivo del grado di calcificazione coronarica per eventi clinici e gli effetti di un intervento terapeutico su entrambe questi processi patologici. Dovrebbe essere ulteriormente investigata la correlazione tra calcificazione coronarica e fattori di rischio non quantificati nelle stime basate sul Framingham, inclusa la predisposizione familiare e quella legata alla razza per eventi coronarici prematuri.

COMMENTO:
Le attuali linee-guida per la prevenzione della malattia coronarica promuovono l'identificazione di soggetti con rischio assoluto elevato (comunemente definito > 20% a dieci anni) e l'inizio di appropriate misure di riduzione del rischio. Inoltre, trial finalizzati all'abbassamento dei livelli lipidici mostrano che il numero di soggetti che devono essere trattati per prevenire ogni evento coronarico è 2-3 volte maggiore in prevenzione primaria che in quella secondaria. Per meglio orientare la prevenzione nei soggetti asintomatici, sono necessari metodi non invasivi per individuare quali, tra quelli ad alto rischio, sono più predisposti a sviluppare una coronaropatia.
In questo contesto, il potenziale impiego della tomografia computerizzata ad emissione di elettroni (CT) per individuare una calcificazione coronarica, era già stato scoperto molti anni fa. Il grado (score) di calcificazione coronarica è risultato fortemente correlato alla presenza e alla severità di aterosclerosi coronarica, in base a criteri istologici ed angiografici, ed è stato proposto come metodica per stabilire se siano necessarie altre indagini cardiologiche e la modificazione dei fattori di rischio. Uno score di 0-10 è indice di un rischio molto basso di comparsa di un evento coronarico; 11-100 indica un rischio più probabile; 101-400 indica un rischio alto di patologia non ostruttiva; uno score >400 indica un rischio alto di presenza di almeno una stenosi significativa. Tuttavia è stata espressa una certa perplessità riguardo la bassa specificità dell'indice di calcificazione coronarica e la scarsità di relativi dati prospettici che correlino gli indici di calcificazione coronarica con gli eventi coronarici.
I primi dati sul potere predittivo della calcificazione coronarica erano piuttosto ambigui, nel senso che quasi il 20% dei casi di infarto del miocardio (IM) registrati nell'ambito di uno studio si erano verificati in soggetti asintomatici con un indice di calcificazione coronarica inferiore a 4, indicativo in realtà di un basso rischio. Invece in un altro lavoro il 70% degli IM si sono verificati in pazienti con un indice di calcificazione al di sopra del 75esimo percentile, correlato all'età e al sesso. Due report del 2003 enfatizzano la forte associazione tra calcificazione coronarica ed eventi coronarici, in entrambe i sessi, sia tra i giovani che tra gli anziani. I ricercatori hanno infatti seguito 5.635 soggetti asintomatici, di età compresa tra i 30 e i 76 anni, per 37 mesi, dopo averli sottoposto a CT ed hanno osservato come la presenza di calcificazione coronarica fosse associata a rischi relativi di incorrere in eventi coronarici corrispondenti a 10,5 negli uomini e a 2,6 nelle donne. Questi valori risultavano, inoltre, significativamente più alti di quelli correlati a tutti gli altri fattori di rischio convenzionali.
Un altro studio ha coinvolto soggetti maschi ipercolesterolemici asintomatici classificati, secondo la funzione di Framingham, rispettivamente ad alto (>20% a 10 anni) o a basso (<10% a 10 anni) rischio di malattia coronarica. Dopo averli sottoposta a CT, i rischi assoluti medi a 10 anni erano 25,3% e 7,4% rispettivamente. Come atteso, la frequenza di uno score di calcificazione coronarica compreso tra 0-10 e superiore a 400 differiva significativamente tra i due gruppi di soggetti (basso e alto rischio), ma è ragguardevole che il 27% degli uomini ad alto rischio presentasse un basso score di calcificazione, mentre il 2% di quelli a basso rischio avesse un alto score.
Questi dati ci permettono di sostenere che la stima della calcificazione coronarica aggiunge informazioni prognostiche a quelle che derivano dalla valutazione dei fattori di rischio tradizionali. Discrepanze però tra i valori dello score di calcificazione e le stime del rischio basate sull'algoritmo di Framingham, riflettono, presumibilmente, la diversa suscettibilità degli individui ai principali fattori di rischio. Un'evidenza che questa diversa sensibilità potrebbe avere una base genetica deriva da un report preliminare secondo il quale gli score di calcificazione risultavano più alti nei soggetti asintomatici con una storia familiare di malattia coronarica prematura.
La combinazione dei due diversi approcci dovrebbe aiutare i medici nell'individuazione prima dei soggetti asintomatici e poi del trattamento terapeutico più adatto.


Alberico L. Catapano e Alessandra Bertelli, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano