GLUCOSE-CHOLESTEROL
INTERACTION MAGNIFIES CORONARY HEART DISEASE RISK OF HYPERTENSIVE PATIENTS
Cohen H.W, Hailpern
S.M. and Alderman M.H.
Hypertension 2004; 43:983-987
ABSTRACT:
Elevated
cholesterol and glucose are known independent risk factors for coronary
heart disease. This study examines whether an adverse synergistic interaction
of cholesterol and glucose magnifies coronary heart disease risk among
treated hypertensive patients. Subjects were hypertensive patients (n=6672)
in a worksite treatment program, with entry fasting glucose <6.99 mmol/L
(126 mg/dL) and total cholesterol <6.72 mmol/L (260 mg/dL) observed
for mean 5.6±4.5 years follow-up (range 0.5 to 21.7 years). Outcome
events were incident hospitalization or death due to coronary heart disease.
Cox proportional hazard models were constructed for the whole sample to
assess interaction and then stratified by fasting glucose categories with
thresholds defined either at impaired fasting glucose (6.11 mmol/L [110
mg/dL]) or upper quartile (5.72 mmol/L [103 mg/dL]). An interaction product
term of total cholesterol and fasting glucose as continuous variables
significantly (P=0.009) improved a Cox proportional hazards model, adjusting
for total cholesterol, fasting glucose, and other coronary heart disease
risk factors. Adjusted hazard ratios for 3 upper total cholesterol categories
(with total cholesterol <5.17mmol/L [200 mg/dL] as reference) in the
higher fasting glucose stratum were more than double the corresponding
hazard ratios in the lower stratum, whether using impaired fasting glucose
or upper quartile fasting glucose as the cut point. These results suggest
that an adverse synergistic interaction between glucose and cholesterol
magnifies coronary heart disease risk associated with total cholesterol
among hypertensive patients, raising the possibility that coronary heart
disease prevention might be enhanced if cholesterol intervention criteria
were modified by glucose status.
COMMENTO:
L'ipercolesterolemia e l'iperglicemia sono fattori di rischio noti
ed indipendenti di cardiopatie (CHD) e vengono spesso osservate nei soggetti
ipertesi con sindrome metabolica. Mentre la confluenza di questi fattori
di rischio è stata chiarita, rimane aperta la questione se una
loro possibile interazione possa determinare un sinergismo che aumenta
il rischio di CHD.
I primi modelli di calcolo del rischio secondo Framingham, basati sugli
effetti sommatori dei fattori di rischio indipendenti, sono stati il paradigma
principale per spiegare il rischio cardiovascolare (CVD) e studi sul CVD
utilizzano in genere modelli di regressione che considerano fattori multipli
ma che in realtà spiegano soltanto una parte degli eventi osservati.
È possibile che l'interazione di fattori noti, con un effetto negativo,
sinergico, possa chiarire almeno in parte la differenza tra i pochi eventi
predetti dai modelli di rischio multivariati e l'ampio numero di quelli
che in realtà si verificano.
L'analisi dei dati dell'Honolulu Heart Project su più di 7.000
americani di origine giapponese ha rilevato un'interazione del quartile
superiore del livello serico di glucosio post-prandiale con il colesterolo
totale (CT), per la mortalità e la morbidità a dieci anni.
Un altro studio, il Pathobiological Determinants of atherosclerosis in
Youth Study (PDAY) che ha coinvolto 1.530 soggetti di età <35
anni deceduti per cause non correlate a CVD, ha evidenziato un'associazione
statisticamente significativa tra CT, C-HDL, quartile superiore di emoglobina
A1c (HbA1c) e lesioni aterosclerotiche osservate durante le autopsie.
Nello studio oggetto di questo articolo, i ricercatori hanno cercato di
stimare se un'interazione con il glucosio possa aumentare il rischio di
CHD associato al colesterolo nel caso di soggetti ipertesi in terapia;
lo studio di coorte osservazionale ha coinvolto 6.672 pazienti ipertesi,
con livelli di glucosio a digiuno <6,99 mmol/L (126 mg/dL), colesterolo
totale <6,72 mmol/L (260 mg/dL), seguiti per un follow up medio di
5,6±4,5 anni. I soggetti sono stati inizialmente divisi in due
gruppi sulla base del valore del glucosio a digiuno: (1) <6,11 mmol/L
(<110mg/dL) (n=3870) e (2) >6,11 mmol/L (>110mg/dL) (n=792).
Successivamente in quattro gruppi sulla base del valore di CT: (I) CT<5,17
mmol/L (200 mg/dL); (II) 5,17<CT>5,68 mmol/L (200-219 mg/dL); (III)
5,69<CT>6,20 mmol/L (220-239 mg/dL); (IV) 6,21<CT>6,71 mmol/L
(240-259 mg/dL).
I soggetti con bassi livelli di glucosio a digiuno (1), rispetto a quelli
con livelli normali (2), erano in numero maggiore maschi, più anziani
ed assumevano più farmaci antiipertensivi. Presentavano anche valori
medi più alti di pressione sistolica, indice di massa corporea
e CT; invece la pressione diastolica, l'abitudine al fumo, l'etnia e l'ipertrofia
ventricolare sinistra erano simili tra i due gruppi. Il risultato principale
di questo studio è che livelli elevati di glucosio a digiuno aumentano
il rischio relativo di CHD associato al colesterolo totale (CT), in una
popolazione in terapia antiipertensiva e non diabetica.
Categorie
di colesterolo
|
|
I
|
II
|
III
|
IV
|
II-IV
Combinata
|
|
Glicemia
a digiuno |
<5,17
mmol/L
|
5,17
- 5,68 mmol/L
|
5,69
- 6,20 mmol/L
|
6,21
- 6,71 mmol/L
|
5,17
- 6,71 mmol/L
|
P
|
Alterato |
1,00
riferimento
|
2,70
(0,96, 7,59)
|
2,64
(0,93, 7,52)
|
2,79
(0,92, 8,48)
|
2,70
(1,09, 6,679)
|
0,031
|
Non
alterato |
1,00
riferimento
|
1,25
(0,82, 1,88)
|
1,00
(0,63, 1,57)
|
0,92
(0,57, 1,50)
|
1,07
(0,76, 1,50)
|
0,711
|
Quartile
più alto |
1,00
riferimento
|
2,95
(1,40, 6,21)
|
2,21
(1,02, 4,78)
|
2,18
(0,95, 5,00)
|
2,46
(1,26, 4,77)
|
0,008
|
Altri
3 quartili |
1,00
riferimento
|
1,00
(0,64, 1,59)
|
0,84
(0,51, 1,40)
|
0,79
(0,47, 1,35)
|
0,89
(0,61, 1,29)
|
0,532
|
Dati di questo genere hanno una spiegazione biologica. Sappiamo che l'ossidazione
del colesterolo LDL gioca un ruolo importante nel processo aterogenico
ed è possibile che un eccesso di glucosio circolante possa facilitare
la perossidazione del colesterolo. È stato anche osservato che
il diabete risulta associato a stress ossidativo, a sua volta correlato
con l'aterogenesi. Si può quindi ipotizzare che elevati livelli
di glucosio aumentino il rischio di CHD associato al colesterolo, probabilmente
facilitando l'ossidazione del colesterolo nell'aterogenesi. I risultati
di questo studio suggeriscono che il valore del glucosio potrebbe aiutare
ad individuare quei soggetti che possono trarre i migliori benefici da
un intervento farmacologico e che secondo le linee guida attuali non dovrebbero
essere trattati.
Questi dati non permettono certo di sostenere un ruolo del glucosio in
una interazione biologica con il colesterolo o considerarlo un marker
di altri processi che correlano il rischio di CHD a livelli moderatamente
elevati di colesterolo. In ogni caso, suggeriscono che la valutazione
del glucosio per modificare i criteri di intervento potrebbe migliorare
gli esiti di un CHD. Le attuali linee guida raccomandano un target di
colesterolo più basso per i soggetti ipertesi e diabetici. I risultati
di questo studio sono in accordo con l'ipotesi che queste linee guida
dovrebbero essere estese ai pazienti con glucosio a digiuno basso o con
iperglicemia o con resistenza all'insulina a livelli meno gravi del diabete.
Alla luce della rapida diffusione della sindrome metabolica, questi dati,
se confermati, potrebbero avere importanti implicazioni cliniche per la
prevenzione di CHD tra pazienti ipertensivi.
Alberico L. Catapano
e Alessandra Bertelli, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università
degli Studi di Milano
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