FISH CONSUMPTION AND INCIDENCE OF STROKE - A META-ANALYSIS OF COHORT STUDIES

Ka He, Yiqing Song, Martha L. Daviglus, Kiang Liu, Linda Van Horn, Alan R. Dyer, Uri Goldbourt, Philip Greenland.
Stroke 2004;35:1538-1542

Contesto: Le informazioni sulla correlazione tra acidi grassi omega-3 ed infarto cerebrale (Ictus) sono relativamente scarse. Numerosi studi hanno analizzato la relazione tra il consumo di pesce e l'incidenza di Ictus usando una meta-analisi negli studi di coorte.

Riassunto: Diversi studi epidemiologici hanno esaminato la relazione tra l'assunzione di pesce ed il rischio di ictus, dimostrando un associazione inversa tra la scarsa assunzione di pesce (1 volta alla settimana) e Ictus ischemico, mentre il consumo di acidi grassi polinsaturi omega-3 (PUFAs), includendo EPA e DHA, sembrerebbe correlarsi ad un aumento del rischio di ictus emorragico.
La preponderanza dei dati derivati dagli studi prospettici risultano, comunque, conflittuali.
I dati su cui è stata valutata la meta-analisi includono un numero di 9 coorti derivanti da 8 studi indipendenti comprendenti 200 575 partecipanti di età compresa tra 34 e 103 anni. Sei delle nove coorti provenivano dagli Stati Uniti, 1 dall'Europa, 1 dalla Cina ed 1 dal Giappone. La durata del follow up è stata di 12.8 anni duranti i quali si sono verificati 3491 eventi intesi come Ictus.
Durante gli studi, grazie all'aiuto di un questionario (FFQs) si è registrato il consumo individuale di pesce classificandolo da 2 a 5 categorie (nessun consumo o meno di una volta la mese, da 1 a 3 volte al mese, 1 volta alla settimana, da 2 a 4 volte alla settimana più di 5 volte a settimana) e standardizzandolo di conseguenza in base al consumo espresso in grammi/die.
Per ogni categoria veniva inoltre riportato il rischio relativo (RRs) ed il corrispondente 95 % CIs di ictus ischemico ed emorragico.
La riduzione del rischio di ictus ischemico risulta statisticamente significativa quando l'assunzione di pesce è pari ad almeno una volta alla settimana (RR, 0.87;CI da 0.77 a 0.98) o comunque da 1 a 3 volte al mese, aumentandone i benefici fino ad una riduzione del 31% di rischio quando l'assunzione di pesce raggiunge i 5 pasti settimanali. Al contrario i dati riguardanti l'ictus emorragico non hanno rilevato alcuna correlazione statisticamente significativa con l'introduzione di pesce.

COMMENTO:
Commento: Alcune osservazioni epidemiologiche, condotte nel corso degli ultimi 30 anni, secondo cui popolazioni che assumevano attraverso la dieta elevate quantità di pesce e loro derivati facevano registrare una ridotta incidenza di malattie cardiovascolari, hanno suscitato un notevole interesse nei confronti degli acidi grassi omega-3.
In diversi studi clinici è emerso che gli acidi grassi omega-3 possiedono importanti effetti biologici tra cui la riduzione dell'aggregazione piastrinica, gli effetti ipotrigliceridemizzanti, l'azione di controllo sulla pressione arteriosa. Inoltre sono in grado di rallentare i processi aterosclerotici, migliorano la funzione endoteliale e riducono l'incidenza di morte cardiaca improvvisa nel post infarto.
Nell'organismo umano, gli acidi grassi omega-3 sono presenti principalmente nelle membrane biologiche, come componenti dei fosfolipidi e dei glicolipidi.
La maggior fonte alimentare di EPA e DHA è costituita dal pesce, tuttavia la quantità varia a seconda della specie e delle variabili ambientali. Dal punto di vista metabolico, gli acidi grassi sono da considerarsi dei "composti essenziali" in quanto l'organismo umano non è in grado di sintetizzarli "ex novo", ecco perché risulta essere fondamentale l'introito dietetico di questi componenti.
Nonostante le varie pubblicazioni che descrivono gli effetti degli acidi grassi omega-3 sulle malattie cardiovascolari, le informazioni sulle possibili correlazioni tra acidi grassi omega-3 ed ictus sono relativamente scarse, anche se numerosi studi sono stati svolti al fine di valutare gli effetti del consumo di pesce e l'incidenza di infarto cerebrale.
In studi quali il National Health and Nutrition Examinatin Survey Epidemilogy Follow up Study le donne di razza bianca che consumavano pesce più di una volta la settimana presentavano un'incidenza di ictus, corretta secondo l'età, pari soltanto alla metà rispetto alle donne che non ne consumavano affatto. Una tendenza di riduzione dell'incidenza di ictus correlata con un aumentato consumo di pesce è stata riscontrata anche nel Nurses'Health Study.
Altri studi, invece (Lyon Diet Heart Study e GISSI prevenzione) non mettono in evidenza alcuna relazione tra il consumo di pesce e l'incidenza di ictus.
I risultati degli studi condotti sull'assunzione del consumo di pesce, il rischio totale di ictus ed le varie correlazioni potrebbero essere differenti se i dati fossero analizzati secondo l'incidenza di tipi specifici di Ictus. Prendendo in considerazione i vari studi si può rilevare che un consumo di pesce pari da 1 a 3 volte al mese si associa ad una riduzione significativa di incorrere in un ictus di natura ischemica. In questa coorte, comunque, è utile sottolineare come un'incremento dietetico maggiore del consumo di pesce (fino a 5 o più volte la settimana) non si associa in modo significativo nella prevenzione dell'evento. Più complessa invece è la relazione tra il consumo di pesce ed il rischio di ictus emorragico. Tale rischio non risulta essere associato in modo statisticamente significativo al consumo di pesce.
Sulla base di tutte queste considerazioni non è comunque possibile escludere un piccolo effetto favorevole degli acidi grassi omega-3 nella prevenzione delle malattie cerebrovascolari di natura ischemica. Un approccio dietetico orientato ad incrementare l'assunzione di acidi grassi EPA e DHA è quindi da preferire.
Sulla base di queste evidenze e delle descrizioni di possibili e plausibili meccanismi attraverso i quali tale azione protettiva può svolgersi, molte associazioni internazionali tra cui l'AHA suggeriscono di incrementare l'apporto di acidi grassi omega-3 sia da fonte alimentare (marina e vegetale) sia attraverso integratori ed alimenti arricchiti.

Laura Redaelli, Centro Aterosclerosi, Ospedale Bassini, Università degli Studi di Milano