EFFECT OF A MEDITERRANEAN-STYLE DIET ON ENDOTHELIAL DYSFUNCTION AND MARKERS OF VASCULAR INFLAMMATION IN THE METABOLIC SYNDROME. A RANDOMIZED TRIAL

PROGNOSTIC VALUE OF SYSTEMIC ENDOTHELIAL DYSFUNCTION IN PATIENTS WITH ACUTE CORONARY SYNDROMES FURTHER EVIDENCE FOR THE EXISTENCE OF THE "VULNERABLE" PATIENT


I due studi utilizzano la funzione endoteliale come marker di infiammazione sistemica. Il primo lavoro dimostra che l'intervento dietetico (dieta mediterranea) è in grado di migliorare la funzione endoteliale e ridurre i livelli di proteina C reattiva e interleuchina 6, 7 e 18 (parametri infiammatori). Lo studio di Francoforte dimostra che la disfunzione endoteliale ha un valore prognostico sul rischio di reinfarto in pazienti coronaropatici, ancor più che la proteina C reattiva.


EFFECT OF A MEDITERRANEAN-STYLE DIET ON ENDOTHELIAL DYSFUNCTION AND MARKERS OF VASCULAR INFLAMMATION IN THE METABOLIC SYNDROME. A RANDOMIZED TRIAL
Esposito K, Marfella R, Ciotola M, Di Palo C, Giugliano F, Giugliano G, D'Armiento M, D'Andrea F, Giugliano D.

JAMA. 2004 Sep 22;292(12):1440-6

CONTEXT: The metabolic syndrome has been identified as a target for dietary therapies to reduce risk of cardiovascular disease; however, the role of diet in the etiology of the metabolic syndrome is poorly understood.
OBJECTIVE: To assess the effect of a Mediterranean-style diet on endothelial function and vascular inflammatory markers in patients with the metabolic syndrome.
DESIGN, SETTING, AND PATIENTS: Randomized, single-blind trial conducted from June 2001 to January 2004 at a university hospital in Italy among 180 patients (99 men and 81 women) with the metabolic syndrome, as defined by the Adult Treatment Panel III.
INTERVENTIONS: Patients in the intervention group (n = 90) were instructed to follow a Mediterranean-style diet and received detailed advice about how to increase daily consumption of whole grains, fruits, vegetables, nuts, and olive oil; patients in the control group (n = 90) followed a prudent diet (carbohydrates, 50%-60%; proteins, 15%-20%; total fat, <30%).
MAIN OUTCOME MEASURES: Nutrient intake; endothelial function score as a measure of blood pressure and platelet aggregation response to l-arginine; lipid and glucose parameters; insulin sensitivity; and circulating levels of high-sensitivity C-reactive protein (hs-CRP) and interleukins 6 (IL-6), 7 (IL-7), and 18 (IL-18). RESULTS: After 2 years, patients following the Mediterranean-style diet consumed more foods rich in monounsaturated fat, polyunsaturated fat, and fiber and had a lower ratio of omega-6 to omega-3 fatty acids. Total fruit, vegetable, and nuts intake (274 g/d), whole grain intake (103 g/d), and olive oil consumption (8 g/d) were also significantly higher in the intervention group (P<.001). The level of physical activity increased in both groups by approximately 60%, without difference between groups (P =.22). Mean (SD) body weight decreased more in patients in the intervention group (-4.0 [1.1] kg) than in those in the control group (-1.2 [0.6] kg) (P<.001). Compared with patients consuming the control diet, patients consuming the intervention diet had significantly reduced serum concentrations of hs-CRP (P =.01), IL-6 (P =.04), IL-7 (P = 0.4), and IL-18 (P = 0.3), as well as decreased insulin resistance (P<.001). Endothelial function score improved in the intervention group (mean [SD] change, +1.9 [0.6]; P<.001) but remained stable in the control group (+0.2 [0.2]; P =.33). At 2 years of follow-up, 40 patients in the intervention group still had features of the metabolic syndrome, compared with 78 patients in the control group (P<.001).
CONCLUSION: A Mediterranean-style diet might be effective in reducing the prevalence of the metabolic syndrome and its associated cardiovascular risk.


PROGNOSTIC VALUE OF SYSTEMIC ENDOTHELIAL DYSFUNCTION IN PATIENTS WITH ACUTE CORONARY SYNDROMES FURTHER EVIDENCE FOR THE EXISTENCE OF THE "VULNERABLE" PATIENT
Fichtlscherer S, Breuer S, Zeiher AM.

Circulation. 2004 Oct 5;110(14):1926-32

BACKGROUND: Endothelial vasodilator dysfunction may serve as a marker integrating the vascular risk of an individual; however, whether systemic vasodilator function predicts disease progression and cardiovascular event rates in patients with manifest acute coronary syndromes (ACS) is unknown.
METHODS AND RESULTS:
In 198 patients with angiographically documented ACS, forearm blood flow (FBF) responses to acetylcholine (ACH; 10 to 50 microg/min) and sodium nitroprusside (SNP; 2 to 8 microg/min) were measured by venous occlusion plethysmography before hospital discharge within 5 days of an episode of an ACS. Cardiovascular events (cardiovascular death, myocardial infarction, and ischemic stroke) served as outcome variables over a mean follow-up period of 47.7+/-15.1 months. Patients who experienced cardiovascular events during follow-up (n=31) had a significantly reduced vasodilator response to ACH (P<0.05) and SNP (P<0.05). By multivariate analysis, vasodilator response to ACH and elevated troponin T serum levels were the only significant (P<0.05) independent predictors of a poor prognosis, even after adjustment for traditional cardiovascular risk factors, concurrent medication, invasive treatment strategy, and C-reactive protein serum levels. Recovery of endothelium-dependent vasoreactivity as assessed by repeated FBF assessment 8 weeks after the index measurement after the ACS predicted further event-free survival in a subset of 78 patients.
CONCLUSIONS: Systemic endothelium-dependent vasoreactivity predicts recurrence of instability and cardiovascular event rates in patients with ACS. Furthermore, the recovery of systemic endothelial function is associated with event-free survival. Assessment of systemic vasoreactivity, measured by a minimally invasive test, provides important prognostic information in addition to that derived from traditional risk factor assessment in patients with ACS.

COMMENTO:
L'endotelio è in grado di rispondere a stimoli sia fisici che chimici mediante il rilascio di sostanze vasoattive e tromboregolatrici. Queste sostanze includono prostaciclina, endoteline, fattore von Willebrand, fattori di crescita, e soprattutto un fattore di rilasciamento identificato come ossido nitrico (NO).
L'NO è sintetizzato nell'endotelio vascolare a partire dall'aminoacido L-arginina per azione dell'NO-sintasi. In condizioni normali lo "shear stress" esercitato dal sangue circolante sulle cellule endoteliali rappresenta lo stimolo per il rilascio costante di NO e prostaciclina. L'NO produce rilasciamento delle cellule muscolari lisce e quindi vasodilatazione, mediante un incremento del GMP ciclico intracellulare ed una riduzione del calcio a disposizione. La disfunzione endoteliale è un evento chiave nelle fasi iniziali del processo aterosclerotico.
La funzione endoteliale può essere valutata sia in vasi di capacitanza che in vasi di resistenza mediante l'uso di tecniche invasive o non invasive. L'angiografia quantitativa è utilizzata per misurare variazioni del diametro coronarico dopo infusione intracoronarica di acetilcolina (ACH). L'invasività e la conseguente impossibilità ad utilizzarla in pazienti asintomatici costituisce il principale limite di questa metodica. Acetilcolina viene somministrata anche nell'arteria brachiale e la vasodilatazione conseguente può essere identificata dalla variazione della pressione a livelli del vaso stesso. La reazione viene sempre confrontata con quella alla somministrazione di sodio nitroprussiato (SNP), che provoca una vasodilatazione non endotelio dipendente. Tale metodica è quella applicata sui 200 pazienti coronaropatici nello studio di Francoforte.
Un'altra metodica invasiva prevede la misurazione della variazione di pressione arteriosa dopo iniezione endovena di 3 g di L-Arginina (precursore di NO) associata alla variazione dell'adesione piastrinica a 1.25 mM di adenosina difosfato. In questo caso, il test può essere condotto anche su pazienti asintomatici come nello studio di Napoli su 180 pazienti con sindrome metabolica.
La sindrome metabolica è associata ad infiammazione sistemica (alti livelli di proteina C reattiva), insulino-resistenza e disfunzione endoteliale, proporzionalmente al numero dei determinanti presenti. La capacità di dilatazione all'arteria brachiale indotta da L-arginina è inversamente correlata ai livelli di CRP, IL6, insulino-sensibilità e circonferenza addominale.
Lo studio italiano a due braccia mostra che la dieta mediterranea (fibre, carboidrati complessi, frutta, verdura, legumi) è più efficace di una dieta controllata (carboidrati 50%, proteine 20%, grassi <30%) nel ridurre la prevalenza di sindrome metabolica e i fattori di rischio cardiovascolare ad essa associati.
Dopo due anni di follow-up, 50 tra i 90 pazienti che seguivano la dieta mediterranea avevano migliorato i loro fattori di rischio e non rientravano più nei criteri per la sindrome metabolica, mentre nel gruppo controllo 78 tra i 90 pazienti presentavano ancora i criteri per sindrome metabolica.
La dieta mediterranea è stata inoltre efficace nel ridurre l'insulino-resistenza, l'infiammazione sistemica e migliorare proporzionalmente la funzione endoteliale.
L'effetto della dieta è dovuto principalmente alla diminuzione della circonferenza addominale e ad una più efficace utilizzazione del glucosio da parte dei tessuti, probabilmente a causa del più alto contenuto di fibre nella dieta mediterranea. Le fibre hanno proprietà antiossidanti, contribuendo così all'azione delle vitamine A, C ed E, e favoriscono la funzionalità intestinale. Interessante è anche l'effetto della dieta mediterranea sul colesterolo HDL, che aumenta in modo significativo di 4 mg/dL, tradotti in un decremento del rischio del 12%. L'aumento della risposta endoteliale può essere dovuto ad un apporto superiore di arginina di origine alimentare, attraverso le noci, che potrebbe aumentare la sensibilità delle cellule muscolari lisce all'NO.
Gli autori ipotizzano che la proteina C reattiva abbia un'azione diretta sulla funzione endoteliale: i pazienti in studio pur non presentando valori altissimi (la media è inferiore a 3 mg/dL) dimostrano una correlazione tra CRP e funzione endoteliale prima della dieta. Dopo la dieta, probabilmente la correlazione non esiste più, ma gli autori non hanno analizzato se la variazione dei due parametri può essere correlata.
Livelli di proteina C reattiva inferiori a 3 mg/dL erano anche quelli dei pazienti con sindrome coronarica acuta dello studio tedesco che dimostra invece una certa indipendenza della reattività endoteliale dallo stato infiammatorio. La popolazione è diversa così come il metodo di valutazione della disfunzione endoteliale.
In questo studio, pazienti che hanno una disfunzione endoteliale più marcata al momento della sindrome coronarica acuta, hanno una forte probabilità di ripresentare un evento entro 4 anni; l'instabilità della placca ateromasica è conseguenza di una risposta infiammatoria da parte del vaso che porta alla proteolisi della matrice connettivale, a una eccessiva produzione di citochine infiammatorie e apoptosi delle cellule di parete. Nei pazienti con sindromi coronariche acute, l'equilibrio tra citochine proinfiammatorie e antinfiammatorie è determinante per la sopravvivenza.
Lo studio tedesco dimostra che sono pazienti a rischio (placche vulnerabili) coloro i quali entro le prime 8 settimane dal primo evento non recuperano la funzionalità endoteliale. I pazienti con ricorrenza di evento hanno anche una dilatazione non endotelio dipendente inferiore: questo fa pensare che l'endotelio non solo produca poco NO ma anche che le cellule muscolari lisce vasali siano meno recettive alla molecola. I dati della seconda parte del lavoro dimostrano anche che la differenza tra la reattività vasale ad ACH e SNP è positiva per coloro che non incorrono in un secondo evento mentre è negativa per gli altri: è noto che ACH su un endotelio danneggiato può provocare vasocostrizione.
Alla regressione di Cox, la funzione endoteliale si dimostra in grado di predire per il 54% un evento secondario insieme ai livelli di troponina T (marker specifico di sofferenza del miocardio, emivita 10-14 giorni) e in modo indipendente dai livelli di colesterolo LDL e proteina C reattiva, anche in pazienti con rivascolarizzazioni.
Questi studi, considerati insieme, dimostrano che la funzione endoteliale è un indice valido di rischio, sia nelle prime fasi sia negli stadi più avanzati della patogenesi dell'aterosclerosi. La proteina C reattiva sembra invece essere un marker forte solo negli stadi precoci. La sua valutazione e modulazione risulta quindi importante nella prevenzione primaria degli eventi.


Sara Raselli, Centro Aterosclerosi, Ospedale Bassini, Università degli Studi di Milano