BODY MASS INDEX IN MID-LIFE IS ASSOCIATED WITH A FIRST STROKE IN MEN.
A PROSPECTIVE POPULATION STUDY OVER 28 YEARS

Jood K, Jern C, Wilhelmsen L, Rosengren A
Stroke. 2004 Dec;35(12):2764-9.

ABSTRACT:
BACKGROUND AND PURPOSE: Data on the association between obesity and stroke are still limited. We examined the possible association between mid-life body mass index (BMI) and risk of stroke in the prospective Multifactor Primary Prevention Study in Goteborg, Sweden.
METHODS: 7402 apparently healthy men aged 47 to 55 at baseline were followed-up over a 28-year period. Incidence of fatal and nonfatal stroke was recorded in a local stroke registry through the Swedish National Register on Cause of Death and the Swedish Hospital Discharge Registry.
RESULTS: A total of 873 first strokes were recorded, including 495 ischemic, 144 hemorrhagic, and 234 unspecified strokes. Compared with men with low normal weight (BMI, 20.0 to 22.49 kg/m2), men with BMI >30.0 kg/m2 had a multiple adjusted hazard ratio of 1.93 (95% CI, 1.44 to 2.58) for total stroke, 1.78 (95% CI, 1.22 to 2.60) for ischemic stroke, and 3.91 (95% CI, 2.10 to 7.27) for unspecified stroke. There was no significant association between BMI and hemorrhagic stroke. Adjustment for potential mediators, eg, hypertension, diabetes and serum cholesterol levels, attenuated but did not eliminate the risk.
CONCLUSIONS: In this prospective population-based study of men, increased BMI in mid-life was associated with an increased risk for total, ischemic, and unspecified stroke, but not with hemorrhagic stroke. The result supports the role of mid-life BMI as a risk factor for stroke later in life and suggests a differentiated effect on stroke subtypes.

COMMENTO:
In Europa l'incidenza di sovrappeso e obesità è aumentata nell'ultimo decennio, in una percentuale che oscilla tra il 10 e il 40 %; secondo l'Oms i paesi dell'Europa orientale presentano percentuali molto più elevate di quelli dell'Europa occidentale. Rispetto agli altri paesi europei, il problema dell'obesità in Italia è di proporzioni più limitate (9% della popolazione con età superiore ai 18 anni) ma la tendenza all'aumento del numero di obesi e l'elevato numero di soggetti in sovrappeso sono fattori che destano comunque preoccupazione. In Italia, al crescere dell'età, la quota di soggetti obesi aumenta. Sono poco meno del 2% i giovani (18-24 anni) che presentano un eccesso di peso ponderale, ma il fenomeno acquista particolare rilevanza a partire dalla classe di età 45-54 anni (13% di obesi). Il valore massimo (15% ) è raggiunto dalle persone tra i 55-64 anni, mentre gli anziani si attestano al 12,4%. Per le donne tra i 45-54 anni il tasso di obesità addirittura raddoppia rispetto alla fascia d'età 35-44 (12,8 % contro 5,8%).
L'obesità rappresenta un importante fattore di rischio per la salute di un individuo. Un eccesso di peso, con conseguente accumulo di grasso corporeo, può comportare soprattutto complicanze cardiovascolari o dell'apparato muscolo-scheletrico; ma forte è anche l'associazione fra obesità e diabete, malattie del fegato o colecisti, cancro, ipertensione.
L'obesità è uno dei fattori di rischio cardiovascolari modificabili. L'indice di massa corporea (peso/altezza2) è il parametro fisico che permette di quantizzare condizioni di sottopeso per valori di IMC inferiori a 18,5, normopeso valori compresi nell'intervallo 18,5-24,99, sovrappeso da 25 a 29,99 ed obesità valori di IMC uguali o maggiori di 30.
Parecchi studi associano l'obesità addominale, più che quella generale, al rischio di sviluppare eventi cardiovascolari attraverso il rapporto circonferenza vita/ circonferenza fianchi, che riflette la quantità di grasso viscerale, più che quello sottocutaneo. A questo proposito, l'HOPE study (1), canadese, monitorando circa 9000 soggetti in prevenzione secondaria per 4 anni e mezzo, ha rilevato che il rapporto vita/fianchi ha il potere predittivo più alto per mortalità cardiovascolare rispetto al IMC o alla sola misura di circonferenza vita.
Nello studio svedese, sono stati seguiti per 28 anni circa 7000 uomini apparentemente sani per 28 anni. In questo periodo lungo di tempo, si sono verificati 873 stroke, di cui 495 di tipo ischemico, 144 di tipo emorragico e 234 di tipo non specificato. Il 90% dei casi era verificato tramite TAC. I livelli di IMC sono stati classificati in 6 categorie: <20.0, da 20.0 a 22.49, da 22.5 a 24.99, da 25.0 a 27.49, da 27.5 a 30.0, e >30.0 kg/m2., in cui le prime 3 sono classificate come normopeso dall'OMS, la 4 e la 5 come soprappeso e l'ultima come obesità. Usando l'IMC come variabile categorica, i soggetti obesi hanno un rischio di stroke quasi doppio rispetto quelli con IMC compreso tra 20 e 22.49 Kg/m2.
Per ogni unità di aumento di IMC, il rischio di stroke ischemico aumenta del 5.3%, e diminuisce al 3.3% correggendo il modello per gli altri fattori di rischio.
Tra tutti i fattori di rischio considerati, l'ipertensione determina stroke con un trend significativo per aumento di classe di valori pressori così come è significativo il diabete e l'abitudine al fumo di sigaretta. Il colesterolo sembra giocare un ruolo secondario sullo stroke mentre l'attività fisica risulta protettiva (dato atteso, in quanto IMC e attività fisica dovrebbero essere inversamente correlati). Non sono stati valutati i livelli plasmatici di colesterolo HDL e trigliceridi, ma sicuramente in questa popolazione erano presenti numerosi soggetti con sindrome metabolica (basti pensare ai tre determinanti: obesità centrale, ipertensione, diabete).
In letteratura, esiste un altro studio, statunitense (2), il Physicians' Health Study, condotto su più di 20000 uomini per 12 anni che ha dimostrato per ogni aumento di unità in IMC un aumento del rischio di avere uno stroke pari al 6%. Questi dati sono comparabili a quelli degli svedesi.
Un altro studio (3), condotto su più di 200000 uomini per 4 anni, addirittura ci dimostra che ogni aumento di una unità di IMC aumenta il rischio di stroke (cumulando l'ischemico e l'emorragico) dell'11%.
L'IMC sembra essere quindi un fattore di rischio indipendente "pesante" anche per stroke, come dimostrato in uno studio su individui con pressione arteriosa nella norma (4).
Per quanto riguarda i possibili meccanismi coinvolti, sembra che markers d'infiammazione plasmatici (ISP: fibrinogeno, orosomucoidi, alpha1-antitripsina, aptoglobina, ceruloplasmina) contribuiscano, ma non spieghino totalmente, l'alto rischio cardiovascolare in soggetti obesi (5). E' comunque dimostrato (6) che i livelli di leptina sono in grado di predire l'evento cerebrale in modo indipendente negli uomini (OR pari a 2,46).
Sulla base di queste osservazioni, si può quindi affermare che diminuire di una unità il proprio IMC (una riduzione di peso di 3,5 Kg per un uomo alto 1 metro e 80) porta ad una riduzione del rischio per stroke del 6%. Questo è valido soprattutto in quella fascia d'età intorno ai 60 anni quando l'incidenza di obesità è più alta.

1. Dagenais GR, Yi Q, Mann JF, Bosch J et al. Prognostic impact of body weight and abdominal obesity in women and men with cardiovascular disease. Am Heart J. 2005. 149(1):54-60.
2. T. Kurth, M. Gaziano, K. Berger, et al. Body mass index and the risk of stroke in men., Arch Int Med, 2002. 162:2557-2562
3. Song YM, Sung J, Davey Smith G, Ebrahim S. Body mass index and ischemic and hemorrhagic stroke: a prospective study in Korean men. Stroke. 2004;35(4):831-6.
4. Li C, Engstrom G, Hedblad B, Berglund G, Janzon L. Risk factors for stroke in subjects with normal blood pressure: a prospective cohort study. Stroke. 2005;36(2):234-8.
5. Engstrom G, Hedblad B, Stavenow L, et al. Incidence of obesity-associated cardiovascular disease is related to inflammation-sensitive plasma proteins: a population-based cohort study. Arterioscler Thromb Vasc Biol. 2004;24(8):1498-502.
6. Soderberg S, Stegmayr B, Stenlund H et al. Leptin, but not adiponectin, predicts stroke in males. J Intern Med. 2004;256(2):128-36.


Sara Raselli, Centro Aterosclerosi, Ospedale Bassini, Università degli Studi di Milano