OVERALL
ALCOHOL INTAKE, BEER, WINE, AND SYSTEMIC MARKERS OF INFLAMMATION IN WESTERN
EUROPE: RESULTS FROM THREE MONICA SAMPLES (AUGSBURG, GLASGOW, LILLE)
Imhof A, Woodward M, Doering A, Helbecque N, Loewel H, Amouyel
P, Lowe GD, Koenig W.
Eur Heart J. 2004 Dec;25(23):2092-100.
ALCOHOL
CONSUMPTION AND CAROTID ARTERY STRUCTURE IN OLDER FRENCH ADULTS. THE THREE-CITY
STUDY
Zureik
M, Gariepy J, Courbon D, Dartigues JF, Ritchie K, Tzourio C, Alperovitch
A, Simon A, Ducimetiere P.
Stroke. 2004 Dec;35(12):2770-5
Contesto:
Recentemente, attraverso studi epidemiologici, si è cercato di
mettere in evidenza come l'assunzione moderata di bevande alcoliche sia
associata ad una riduzione del rischio di malattie cardiovascolari, valutandone
i parametri infiammatori, la presenza di placca o ispessimento medio-intimale
della carotide comune.
Riassunto:
Lo scopo del primo lavoro indicato è stato quello di valutare gli
effetti dell'assunzione di moderate quantità di alcool, intese
come vino, birra ed superalcolici in relazione ai marker d'infiammazione.
La popolazione randomizzata per questo studio apparteneva a tre differenti
paesi europei, Germania (Augsburg), Francia (Lille), Scozia (Glasgow),
per un totale di 7887 uomini e donne.
In Germania il numero di soggetti era di 2405 uomini e 2451 donne di età
compresa tra 25 e 74 anni. In Francia il numero dei partecipanti era di
601 uomini e 594 donne di età compresa tra 35 e 64 anni, mentre
in Scozia il campione rappresentativo era di 865 uomini e 971 donne di
età tra i 25 e i 74 anni. Per tutti i partecipanti allo studio
è stata effettuata l'anamnesi fisiologica, patologica e rilevata
l'assunzione di terapie farmacologiche e i dati antropometrici (pressione
arteriosa, peso in kg, IMC). Per stimare il consumo di alcool ad ogni
soggetto è stato chiesto il quantitativo di vino, birra e superalcolici
assunti giornalmente compilando un questionario alimentare settimanale.
Nei tre differenti paesi il quantitativo consentito di alcool è
stato valutato in modo differente. Si è considerato l'introito
in grammi di alcool per la Germania. Il n° di bicchieri di alcolici
e superalcolici convertiti in unità per la Scozia ed infine i millilitri
di etanolo per la Francia. I parametri infiammatori misurati comprendevano
la PCR, la conta dei globuli buìianchi (WBC), il fibrinogeno, l'albumina,
il profilo lipidico. I risultati ottenuti mostrano che la popolazione
di Glasgow comprende un numero maggiore di fumatori, ma da quanto riportato
dall'anamnesi alimentare, gli scozzesi introducono un quantitativo di
alcool minore rispetto ai partecipanti degli altri due paesi. La concentrazione
media di PCR era simile in tutti i campioni, mentre i valori di fibrinogeno,
HDL e colesterolo totale erano più alti nella popolazione della
Germania comparata con quella di Glasgow, a differenza della Policitemia
(PV) e dell'albumina più alta tra la popolazione della Scozia.
Nel gruppo della Francia le HDL risultano maggiori così come risulta
più alto il consumo di alcool derivante principalmente dal vino.
Nei restanti gruppi l'introito di alcool era legato al consumo di birra,
mentre il consumo di superalcolici è risultato sporadico in tutti
i gruppi. Dall'analisi dei dati risulta che la proporzione di uomini fumatori
e la media dei valori pressori aumenta con l'incremento dell'assunzione
di alcool. In conclusione è emerso che assumendo modiche quantità
di bevande alcoliche la concentrazione dei parametri d'infiammazione risulta
migliore rispetto al gruppo di non bevitori e di forti bevitori. Tra questi
parametri va però esclusa l'albumina per la quale vale l'opposta.
In conclusione, dalle analisi effettuate su una popolazione generale,
rappresentativa di tre diversi paesi europei, si può evincere che
assumere modeste quantità di alcool (vino e birra) risulta avere
effetti benefici sui marker d'infiammazione in particolar modo per quanto
concerne la PCR e WBC.
Alla luce di questi dati il secondo lavoro mette in evidenza come il consumo
di bevande alcoliche possa essere associato al rischio di malattie cardio
e cerebro vascolari. Questo lavoro prende in considerazione come parametro
di alterazione vascolare l'indice di IMT carotideo. Lo studio comprende
un n° di soggetti pari a 9294 suddivisi in uomini e donne (rispettivamente
3649 e 5645) di età pari o superiore ai 65 anni. I soggetti reclutati
appartengono a tre diversi paesi della Francia (Bordeaux, Dijon e Montpellier).
Per ogni partecipante allo studio è stata raccolta, attraverso
un questionario, la storia clinica comprendente informazioni circa l'anamnesi
patologica, l'utilizzo di farmaci, stile di vita, (consumo di alcool ed
abitudine al fumo). Sono stati inoltre rilevati i valori della pressione
arteriosa e valutata la presenza o meno di patologie quali, ipercolesterolemia,
ipertensione e diabete nonché malattie cardiovascolari ( IMA, PTCA,
by pass AC ed ICTUS). Per quantificare l'introito di bevande alcoliche
ogni partecipante ha riportato per un totale di 7 giorni il consumo di
bevande differenziando fra vino, birra, 4 differenti tipi di aperitivo
e liquori. La quantità di alcool consumata, espressa in grammi/die,
è stata calcolata moltiplicando il consumo di ogni bevanda contenete
etanolo, sommando tutte le bevande e dividendole per sette. Sono così
state ricavate 6 categorie di consumo a seconda del quantitativo di bevande
consumate (nessun consumo, da 0.1 a 12g, da 12.1 a 24g, da 24.1 a 36g
e da 36g/die). Nel 73.7% dei partecipanti è stata valutata, attraverso
ultrasonografia, l'arteria carotide comune (CCA), la biforcazione carotidea
e l'origine della carotide interna. Per l'IMT e la misura del diametro
del lume sono state valutate immagini rilevate dal punto più vicino
ed in prossimità della parete dx e sx della CCA a 2/3 cm prossimali
dalla biforcazione.
Dopo l'analisi statistica i dati ottenuti mostrano che il consumo medio
di alcool assunto risulta pari a 12.8g/die (mediana 9.6, deviazione standard
14.7g/die); l'86.8% delle bavande assunte era vino, il 3.1% birra mentre
il 10.1% liquori. L'abitudine al fumo, il col tot, e l'HDL col., risultano
essere positivamente associati al consumo di bevande alcoliche, mentre
tale consumo, dopo l'analisi multivariata dei dati non sembra essere correlato
con CCA ed IMT. Al contrario il diametro del lume della CCA risulta positivamente
associato al consumo di sostanza alcoliche. Tali risultati restano tali
anche dopo aggiustamento dei dati per i maggiori fattori di rischio per
CHD.
Commento:
L'alcool non è una sostanza nutritiva necessaria, ma la sua presenza
nella nostra alimentazione, in abbinamento con i cibi, da tempo immemorabile
gli conferisce un ruolo di rilievo che non è possibile trascurare.
L'alcool è quindi, senza dubbio un importante complemento della
dieta, in particolar modo se si fa riferimento all'assunzione di tale
composto sotto forma di vino. Questa bevanda è particolarmente
ricca di composti fenolici, i quali svolgono un'azione antiossidante associata
ad altri meccanismi di bioattività. Questi composti appartengono
alla classe dei flavonoidi (flavani, antociani, flavonoli, proantocianidine
e tannini condensati), degli acidi idrossicinnamici ed stilbeni (resveratrolo).
Diverse variabili in termini qualitativi e quantitativi di questi composti
si hanno in funzione della lavorazione del prodotto. Se da un lato risulta
innegabile l'esistenza di rischi legati ad un eccessivo consumo di alcol
di contro esistono ampi margini per un suo uso corretto. Infatti, parrebbe
che l'etanolo assunto in dosi moderate (circa 500ml di vino per l'uomo
e 350ml per la donna) abbia effetti benefici sull'umore, sull'apparato
digerente e non da ultimo sul sistema cardiocircolatorio. Le azioni dell'alcol
variano, però, a seconda di diversi fattori quali: quantità
ingerite, concomitante assunzione di farmaci, presenza o meno di gastropatie.
Uno degli aspetti interessanti dell'assunzione di bevande alcoliche riguarda
la possibilità che dosi moderate di alcool riducano il rischio
cardio-vascolare. L'ingestione di queste sostanze sembrerebbe alterare
la lipemia con un aumento del colesterolo HDL inversamente correlato con
il rischio di malattie cardiovascolari. Alcuni studi epidemiologici, hanno
effettivamente confermato che l'incidenza di coronaropatie è ridotta
nei bevitori moderati rispetto agli astemi ed ai grandi bevitori. Altri
meccanismi biologici potrebbero tuttavia essere implicati in questo effetto
benefico e protettivo. L'interazione, ad esempio, dell'assunzione di moderate
dosi di alcol con i maggiori marker d'infiammazione di coagulazione e
di fibrinolisi.
In ultimo, il consumo di bevande alcoliche può essere a seconda,
utile o dannoso in base alle modalità di consumo che, se eccessivo,
altera inevitabilmente l'equilibrio della dieta (1 grammo di alcool apporta
circa 7 Kcal) sostituendo l'assunzione di altri componenti fondamentali
ed esponendoci al rischio delle conseguenze degli abusi. Dati derivati
da studi epidemiologici dimostrano che nell'ambito dei consumi considerati
come moderati, il contenuto di alcol nell'alimentazione si associa ad
una minore incidenza di eventi ischemici, sia a livello coronarico che
cerebrale. Resta comunque aperta la discussione tra chi ritiene che l'informazione
sull'effetto coronaro-protettivo dell'alcool possa essere trasmessa al
pubblico e coloro che ritengono, al contrario, inopportuna la sua divulgazione,
in quanto potrebbe essere percepito un messaggio scorretto quale l'invito
ad abusare dell'alcool stesso con i problemi che ne conseguirebbero. A
questo proposito tocca alla comunità medico-scientifica assumere
una chiara presa di posizione in merito a questo tema, evitando così
che tale argomento venga dibattuto dalla stampa non specializzata diffondendo
messaggi non sempre chiari e corretti.
Laura Redaelli,
Centro Aterosclerosi, Ospedale Bassini, Università degli Studi
di Milano
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