EFFECTS OF LONG-TERM VITAMIN E SUPPLEMENTATION ON CARDIOVASCULAR EVENTS AND CANCER: A RANDOMIZED CONTROLLED TRIAL

Lonn E, Bosch J, Yusuf S, Sheridan P, Pogue J, Arnold JM, Ross C, Arnold A, Sleight P, Probstfield J, Dagenais GR; HOPE and HOPE-TOO Trial Investigators
JAMA. 2005 Mar 16;293(11):1338-47
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ABSTRACT:
CONTEXT: Experimental and epidemiological data suggest that vitamin E supplementation may prevent cancer and cardiovascular events. Clinical trials have generally failed to confirm benefits, possibly due to their relatively short duration.
OBJECTIVE: To evaluate whether long-term supplementation with vitamin E decreases the risk of cancer, cancer death, and major cardiovascular events.
DESIGN, SETTING, AND PATIENTS: A randomized, double-blind, placebo-controlled international trial (the initial Heart Outcomes Prevention Evaluation [HOPE] trial conducted between December 21, 1993, and April 15, 1999) of patients at least 55 years old with vascular disease or diabetes mellitus was extended (HOPE-The Ongoing Outcomes [HOPE-TOO]) between April 16, 1999, and May 26, 2003. Of the initial 267 HOPE centers that had enrolled 9541 patients, 174 centers participated in the HOPE-TOO trial. Of 7030 patients enrolled at these centers, 916 were deceased at the beginning of the extension, 1382 refused participation, 3994 continued to take the study intervention, and 738 agreed to passive follow-up. Median duration of follow-up was 7.0 years.
INTERVENTION: Daily dose of natural source vitamin E (400 IU) or matching placebo.
MAIN OUTCOME MEASURES: Primary outcomes included cancer incidence, cancer deaths, and major cardiovascular events (myocardial infarction, stroke, and cardiovascular death). Secondary outcomes included heart failure, unstable angina, and revascularizations.
RESULTS: Among all HOPE patients, there were no significant differences in the primary analysis: for cancer incidence, there were 552 patients (11.6%) in the vitamin E group vs 586 (12.3%) in the placebo group (relative risk [RR], 0.94; 95% confidence interval [CI], 0.84-1.06; P = .30); for cancer deaths, 156 (3.3%) vs 178 (3.7%), respectively (RR, 0.88; 95% CI, 0.71-1.09; P = .24); and for major cardiovascular events, 1022 (21.5%) vs 985 (20.6%), respectively (RR, 1.04; 95% CI, 0.96-1.14; P = .34). Patients in the vitamin E group had a higher risk of heart failure (RR, 1.13; 95% CI, 1.01-1.26; P = .03) and hospitalization for heart failure (RR, 1.21; 95% CI, 1.00-1.47; P = .045). Similarly, among patients enrolled at the centers participating in the HOPE-TOO trial, there were no differences in cancer incidence, cancer deaths, and major cardiovascular events, but higher rates of heart failure and hospitalizations for heart failure.
CONCLUSION: In patients with vascular disease or diabetes mellitus, long-term vitamin E supplementation does not prevent cancer or major cardiovascular events and may increase the risk for heart failure.

COMMENTO:
Le interpretazioni dei risultati dei trials condotti con antiossidanti dipendono dalla somminstrazione dell'antiossidante "appropriato" al paziente "appropriato" in quantita' "appropriate" per una durata di tempo "appropriata". Al momento, la ricerca non e' in grado di ottimizzare o gestire nessuno di questi fattori chiave.
I trials clinici - una conseguenza naturale delle osservazioni biochimiche - sono condotti a seguito dei seguenti assunti teorici: 1) lo stress ossidativo porta allo sviluppo della placca aterosclerotica e delle malattie cardiovascolari, 2) la somministrazione di antiossidanti inibisce lo sviluppo delle malattie cardiovascolari, 3) i tocoferoli sono potenti antiossidanti e 4) alti livelli di assunzione di queste vitamine antiossidanti porta ad un incremento corrispondente dei loro livelli plasmatici, ad un innalzamento delle difese antiossidanti e quindi promuove una maggior protezione contro lo stress ossidativo.
Numerosi lavori dimostrano che lo stress ossidativo promuove, principalmente in vitro, l'attivazione delle cellule endoteliali. Conseguente all'attivazione e' l'espressione di molecole d'adesione, la formazione di cellule schiumose, il reclutamento di monociti nello spazio subendoteliale, la loro susseguente differenziazione a macrofagi, la proliferazione di cellule muscolari liscie ed il danneggiamento della funzione endoteliale.
Alcuni studi condotti nell'animale da esperimento hanno dimostrato un'inibizione degli stati iniziali dell'aterosclerosi a seguito della supplementazione con antiossidanti. Tuttavia, non tutti gli antiossidanti si sono rivelati capaci di fornire lo stesso grado di protezione e a volte i loro effetti non hanno avuto correlazioni con le loro capacita' antiossidanti. E' da tenere presente che alcuni, seppur scarsi di numero, studi condotti in vivo sia sulla progressione delle placche aterosclerotiche che sul contributo dello stress ossidativo all'instabilita' della placca e alla sua eventuale rotttura hanno dato risultati non univoci. In sintesi, basandosi sui dati disponibili ad oggi, si puo' trarre la seguente conclusione: gli antiossidanti bloccano o rallentano significativamente gli stadi iniziali dell'aterosclerosi; tuttavia, gli antiossidanti appaiono essere inefficaci nel trattamento delle placche gia' in forma progredita (questa puo' anche essere una spiegazione ai risultati negativi dello studio HOPE che ha impiegato pazienti di almeno 55 anni).
Le LDL ossidate trasportano specie molecolari ossidate alla parete arteriosa, iniziando in questo modo gli eventi descritti sopra. I meccanismi per cui, in vivo, avviene l'ossidazione delle LDL rimangono a tutt'oggi sconosciuti. Si pensa che i metalli di transizione come rame e ferro, le specie reattive dell'ossigeno e dell'azoto, l'acido ipocloroso, ma soprattutto i prodotti di alcuni enzimi, in particolare mieloperossidasi e lipossigenasi, possano svolgere un ruolo nell'ossidazione delle LDL circolanti. Il contributo relativo di questi agenti inizianti l'ossidazione e' a tutt'oggi oggetto di dibattito e non e' mai stato chiarito in vivo.
E' sempre stato ipotizzato che l'ossidabilita' delle LDL fosse direttamente dipendente dal loro contenuto in antiossidanti. Studi in vitro hanno pero' dimostrato che spesso questa assunzione e' falsa o priva di fondamento. La vitamina E, per esempio, agisce da pro-ossidante quando l'ossidazione delle LDL e' iniziata da basse concentrazioni di metalli di transizione o specie reattive dell'ossigeno. Inoltre, gli antiossidanti sia di natura endogena che esogena non prevengono completamente l'ossidazione delle LDL quando questa viene indotta da fattori biologicamente rilevanti come acido ipocloroso (prodotto dalla mieloperossidasi e quantitativamente rilevante nei processi di infiammazione) o dal sistema perossidasi/perossido di idrogeno.
Si deve sottolineare il fatto che gli effetti potenzialmente salutari delle vitamine antiossidanti nei confronti della prevenzione delle malattie cardiovascolari non sono esclusivamente legati alle loro proprieta' antiossidanti. Ad esempio, e' stato dimostrato che l'alfa-tocoferolo inibisce la proliferazione delle cellule muscolari liscie indipendentemente dalla sua attivita' antiossidante, suggerendo un ruolo della vitamina E che va al di la' della sua ipotizzata azione preventiva nei confronti dell'ossidazione delle LDL circolanti.
Un altro punto critico e' rappresentato dalla dose di antiossidanti appropriata per essere somministrata surante un trial clinico. Ad esempio, mentre la supplementazione dietetica con 400 UI di vitamina E aumenta la loro resistenza ex vivo nei confronti dell'ossidazione indotta con solfato di rame, non c'e' nessuna evidenza convincente che questi risultati incoraggiangti possano tradursi in una simile protezione in vivo. Questi effetti in vivo risulterebbero in una minore ossidabilita' delle LDL circolanti, protezione della parete arteriosa dai prodotti di ossidazione e inibizione dell'attivazione macrofagica ed endoteliale causata dall'interazione con radicali liberi. Infine, la somministrazione di un solo antiossidante, al posto di una miscela o cocktail di sostanze (esempio vitamine E e C), che invece si riscontra negli alimenti, puo' portare a situazioni artificiose che non conducono ai risultati terapeutici attesi.
I risultati scoraggianti (o comunque contrari alle aspettative) riscontrati nei trials clinici randomizzati di vitamina E impongono una riflessione sulle teorie biochimiche alla base della supplementazione con antiossidanti. E' necessaria ulteriore ricerca di base sui meccanismi di base dell'ossidazione e della sua inibizione per meglio definire e caratterizzare gli obbiettivi della terapia antiossidante nell'uomo.

Bibliografia consigliata
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Francesco Visioli, Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano