PIOGLITAZONE
DECREASES CAROTID INTIMA-MEDIA THICKNESS INDEPENDENTLY OF GLYCEMIC CONTROL
IN PATIENTS WITH TYPE 2 DIABETES MELLITUS: RESULTS FROM A CONTROLLED RANDOMIZED
STUDY
IL PIOGLITAZONE RIDUCE LO SPESSORE INTIMA-MEDIA (IMT) DELLA CAROTIDE INDIPENDENTEMENTE
DAL CONTROLLO GLICEMICO IN PAZIENTI CON DIABETE MELLITO TIPO 2. RISULTATI
DI UNO STUDIO CONTROLLATO RANDOMIZZATO
Langenfeld
MR, Forst T, Hohberg C, Kann P, Lubben G, Konrad T, Fullert SD, Sachara
C, Pfutzner A
Circulation. 2005 May 17;111(19):2525-31
ABSTRACT
Background: i pazienti con diabete mellito tipo 2 sono ad alto rischio
di malattie cardiovascolari. Lo spessore intima-media (IMT) carotideo
è un potente predittore di infarto miocardio e di ictus.
Metodi e Risultati: sono stati confrontati gli effetti di una terapia
a base di pioglitazone (45mg/die) e di glimepiride (2.7± 1.6mg/die)
per 12 e 24 settimane sul controllo metabolico (HbA1c), sull'insulino-resistenza
(homeostasis model assessment: HOMA) e sullo IMT carotideo (ultrasonografia
B-mode) in uno studio randomizzato controllato su 173 pazienti diabetici
di tipo 2 in trattamento orale (66 donne, 107 uomini; età media
62.6±7.9 anni; BMI 31.8±4.6 Kg/m2; HbA1c 7.5±0.9%).
I trattamenti sono stati generalmente ben tollerati in entrambi i gruppi.
Nonostante un miglioramento sovrapponibile del controllo metabolico (HbA1c)
dopo 24 settimane (-0.8±0.9% pioglitazone vs. -0.6±0.8%
glimepiride; P=NS), l'IMT carotideo si era ridotto solo nel gruppo trattato
con pioglitazone dopo 12 settimane (-0.033±0.052 vs -0.002±0.047
mm [glimepiride]; P< 0.01 tra i due gruppi) e 24 settimane (-0.054±0.059
vs -0.011±0.058 mm [glimepiride]; P< 0.005 tra i due gruppi).
Anche l'insulino-resistenza era migliorata solo nel gruppo del pioglitazone
(HOMA: -2.2±3.4 vs -0.3±3.3; P<0.0001 tra i due gruppi).
La riduzione dell'IMT era correlata al miglioramento dell'insulino-resistenza
(r=0.29, P=0.0005) ed era indipendente dal miglioramento del controllo
glicemico (r=0.03, P=0.68).
Conclusioni: si è rilevata una sostanziale regressione dell'IMT
carotideo, indipendentemente dal migliorato controllo glicemico, dopo
12 e 24 settimane di trattamento con pioglitazone. Questa osservazione
potrebbe avere importanti implicazioni prognostiche per pazienti con diabete
mellito tipo 2.
COMMENTO
L'attivazione
dei recettori PPAR-g da parte dei tiazolidinedioni
sembra essere molto promettente. Tali sostanze hanno dimostrato di possedere
(in studi su animali) azioni antiaterogene; inibiscono la produzione di
citochine infiammatorie nei monociti, inducono apoptosi nei macrofagi
e riducono l'espressione di molecole di adesione nelle cellule endoteliali.
Due studi pilota (con troglitazone e pioglitazone) hanno dimostrato una
riduzione dell'IMT carotideo in pazienti diabetici di tipo 2. E' ormai
accettato che tale spessore sia un valido indice surrogato di rischio
cardiovascolare, di futuro IMA o ictus. Studi di intervento con ACE-Inibitori,
calcio-antagonisti o beta-bloccanti hanno determinato una ridotta progressione
o una regressione dell'IMT. Le statine sono i farmaci più efficaci
sull'IMT in pazienti non diabetici con ipercolesterolemia o malattia aterosclerotica.
Peraltro è noto che l'IMT di pazienti diabetici è maggiore
rispetto a soggetti non diabetici, riflettendo l'eccesso di rischio a
cui è esposta la popolazione diabetica. Vi sono solo limitate evidenze
a riguardo di interventi su IMT in diabetici; la terapia antiaggregante
e gli ACE-Inibitori rallentano la progressione dell'ispessimento; l'amlodipina
ha ridotto l'IMT in un piccolo gruppo di pazienti. Anche i tiazolidinedioni
hanno dimostrato di poter ridurre l'IMT, ma in questi studi veniva ottenuto
anche un miglior controllo glicemico, per cui rimaneva aperta la questione
se i tiazolidinedioni fossero in grado di ridurre l'IMT indipendentemente
dal miglior controllo metabolico nei pazienti diabetici di tipo 2, cosa
che è stata fatta nel presente studio, confrontando un gruppo trattato
con pioglitazone con uno trattato con glimepiride, a parità di
compenso glicemico. Osservando, peraltro, i trattamenti farmacologici
dei due gruppi, pur non rilevando differenze statisticamente significative
come correttamente viene sottolineato dagli Autori, appare che i soggetti
del gruppo pioglitazone assumevano in maggior percentuale statine e inibitori
del sistema Renina-Angiotensina, farmaci con dimostrata efficacia sull'IMT.
Nella valutazione statistica si è tenuto conto di tale disparità
per ottenere i risultati finali. Inoltre, nel gruppo pioglitazone sono
stati osservati un maggior numero di effetti collaterali (dal semplice
incremento del peso corporeo a edema periferico o dispnea che, in 2 casi,
era segnale di scompenso cardiaco determinante ospedalizzazione). Anche
i valori glicemici non sono risultati sovrapponibili, nei due gruppi,
con una riduzione maggiore nei pazienti trattati con pioglitazone: tale
risultato è stato ottenuto con una contemporanea diminuzione dell'insulinemia
e conseguente miglioramento dell'indice HOMA. Inoltre, i valori di pressione
arteriosa risultano migliorati solo nel gruppo pioglitazone, mentre non
vi sono differenze di sistolica o diastolica nel gruppo glimepiride all'inizio
o alla fine dello studio. Anche i livelli di colesterolo totale, LDL e
HDL sono più elevati nel gruppo pioglitazone, nonostante il maggior
ricorso a terapia con statine, rispetto al gruppo glimepiride; si conferma,
invece, l'azione del pioglitazone sui trigliceridi che sono ridotti al
termine dello studio, rispetto alla stabilità osservata nel gruppo
glimepiride.
A questo punto, viene in soccorso l'analisi statistica che può
permetterci di identificare i possibili meccanismi che giustificano l'osservata
riduzione dell'IMT carotideo. Si ottiene, così, che l'HbA1c non
correla con la riduzione di IMT, mentre vi sono correlazioni significative
con i cambiamenti di HOMA, glicemia e insulinemia plottando insieme i
pazienti dei due gruppi. Nel solo gruppo pioglitazone, invece, pur rimanendo
significativa la correlazione fra riduzione di IMT, insulinemia e HOMA,
non si ha più significatività con la glicemia basale. Nel
gruppo glimepiride, al contrario, si ha correlazione significativa tra
le modificazione dell'IMT con la glicemia basale. Un'ulteriore analisi
ha suddiviso i pazienti in relazione ai livelli di hsPCR (a basso, medio
o alto rischio) all'inizio dello studio: i pazienti nel gruppo pioglitazone
hanno ottenuto una riduzione comparabile di IMT, mentre non sono stati
osservati cambiamenti, rispetto al basale, nel gruppo glimepiride.
In discussione gli Autori ribadiscono che la riduzione dell'IMT osservata
nel gruppo pioglitazone (risultato comparabile a quanto ottenuto con trattamento
aggressivo con statine) è indipendente dal controllo glicemico,
confermando peraltro la maggior incidenza di effetti collaterali legati
al trattamento con il glitazonico, unitamente agli osservati modesti,
ma significativi, miglioramenti della pressione sistolica e diastolica,
di HDL e trigliceridi,. Proprio tali miglioramenti possono essere dovuti
alla riduzione dell'insulino-resistenza ottenuta dal trattamento con pioglitazone.
E' documentato che il trattamento con PPAR-g agonisti comporta riduzione
dei fattori di rischio cardiovascolare e si presuppone che il nesso comune
tra diabete tipo 2 e malattie cardiovascolari sia la condizione di insulino-resistenza,
con conseguente soppressione della produzione endoteliale insulino-mediata
di NO e delle citochine adipocitarie, come l'adiponectina. Numerose prove
sostengono che l'effetto vasoprotettivo dei tiazolidinedioni sia indipendente
dal controllo metabolico: in pazienti diabetici, la proliferazione neointimale
dopo stent coronario era inibita dal pioglitazone indipendentemente dal
controllo glicemico; il rosiglitazone inibiva la progressione dell'IMT
caortideo in pazienti non diabetici con coronaropatia. L'attivazione dei
PPAR-g riduce i livelli di hsPCR, mentre in questo studio sono stati ottenute
riduzioni di IMT a concentrazioni sia basse, sia medie che elevate di
hsPCR, e questo non permette di correlare l'osservata attività
del pioglitazone sull'IMT con le sue azioni antinfiammatorie. In pratica,
i tiazolidinedioni sembrano svolgere diversi effetti antiaterogeni mediante
differenti meccanismi, come la riduzione delle concentrazioni plasmatiche
di metalloproteinasi e di ligando solubile CD40, entrambi considerati
nuovi indicatori di rischio cardiovascolare. Inoltre i tiazolidinedioni
riducono l'insulino-resistenza favorendo l'aumento di adiponectina e la
riduzione di secrezione di molecole di adesione endoteliale. Tutto ciò
potrebbe giustificare la riduzione dell'IMT nel gruppo trattato con pioglitazone.
Però i risultati di questo studio non permettono di comprendere
quale sia il principale fenomeno patogenetico modificato che ha portato
al miglioramento dell'insulino-resistenza e alla riduzione dell'IMT che
è, comunque, clinicamente importante come suggerisce lo studio
SECURE (un sottostudio dell'HOPE), che ha evidenziato una minor incidenza
di stroke correlata alla riduzione dell'IMT carotideo.
Antonio C. Bossi - Unità Operativa Malattie Metaboliche e Diabetologia,
Ospedali Riuniti di Treviglio
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