FISH
CONSUMPTION AMONG HEALTHY ADULTS IS ASSOCIATED WITH DECREASED LEVELS OF
INFLAMMATORY MARKERS RELATED TO CARDIOVASCULAR DISEASE: THE ATTICA STUDY
Zampelas A, Panagiotakos
DB, Pitsavos C, Das UN, Chrysohoou C, Skoumas Y, Stefanadis C.
J Am Coll Cardiol. 2005 Jul 5;46(1):120-4
ABSTRACT:
OBJECTIVES: The aim of this work was to investigate the association between
fish consumption and levels of various inflammatory markers among adults
without any evidence of cardiovascular disease.
BACKGROUND: Fish consumption has been associated with reduced risk of
coronary heart disease, but the mechanisms have not been well understood
or appreciated. METHODS: The ATTICA study is a cross-sectional survey
that enrolled 1,514 men (age 18 to 87 years) and 1,528 women (age 18 to
89 years) from the Attica region, Greece. Of them, 5% of men and 3% of
women were excluded due to a history of cardiovascular disease. Among
others, C-reactive protein (CRP), interleukin (IL)-6, tumor necrosis factor
(TNF)-alpha, serum amyloid A (SAA), and white blood cells (WBC) were measured,
and dietary habits (including fish consumption) were evaluated using a
validated food frequency questionnaire.
RESULTS: A total of 88% of men and 91% of women reported fish consumption
at least once a month. Compared to non-fish consumers, those who consumed
>300 g of fish per week had on average 33% lower CRP, 33% lower IL-6,
21% lower TNF-alpha, 28% lower SAA levels, and 4% lower WBC counts (all
p < 0.05). Significant results were also observed when lower quantities
(150 to 300 g/week) of fish were consumed. All associations remained significant
after various adjustments were made.
CONCLUSIONS: Fish consumption was independently associated with lower
inflammatory markers levels, among healthy adults. The strength and consistency
of this finding has implications for public health and should be explored
further.
COMMENTO:
L'approccio preventivo è oggi sentito come una necessità
insostituibile per incidere radicalmente su mortalità e morbidità
legate alle malattie cardiovascolari. Il punto di partenza per la prevenzione
di CV è sicuramente l'adozione di abitudini alimentari corrette.
La dieta mediterranea è caratterizzata da un consumo elevato di
frutta, verdura, pesce ed olio d'oliva. Questi alimenti sono in grado
di fornire una serie di nutrienti "protettivi"che riducono il
rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e neoplastiche, limitando,
in parte, il consumo di cibi ricchi in grassi saturi (principalmente in
grassi animali). Gli acidi grassi poliinsaturi (n-3 PUFA come l'EPA e
DHA) contenuti nel pesce sono particolarmente utili in questo senso. L'interesse
nei confronti degli acidi grassi poliinsaturi n-3 risale ad alcune osservazioni
derivanti da studi epidemiologici effettuati su una popolazione eschimese
della Groenlandia. In questi studi, per la prima volta, s'ipotizzava l'esistenza
di un'associazione tra la bassa incidenza di malattie cardiovascolari
e le abitudini dietetico-nutrizionali. Le principali fonti alimentari
di omega-3 per l'uomo è rappresentata dagli alimenti di origine
ittica, da alcuni oli vegetali, taluni cereali e leguminose. Gli effetti
biologici degli omega-3 sono multipli, da quelli ipotrigliceridemizzanti
a quelli antiaggreganti, antitrombotici e specifici effetti antiinfiammatori.
Si è osservato che gli omega-3 hanno un effetto di riduzione nella
produzione di citochine infiammatorie (quali IL-1 e TNF), dei fattori
tissutali e dell'espressione genica di molecole di adesione. Inoltre se
si considera il ruolo svolto dall'infiammazione nella genesi della placca
aterosclerotica e nelle condizione d'instabilità e rottura di quest'ultima,
gli omega-3, attraverso l'attenuazione dei processi infiammatori, possono
svolgere un ruolo centrale nella prevenzione sia del processo aterosclerotico
sia degli eventi acuti correlati alla rottura della placca stessa. EPA
e DHA possono anche interferire con l'espressione di citochine e molecole
di adesione (VCAM-1, E-selectina, IL-6 e IL-8 ) coinvolte in processi
di attivazione ed infiammazione a livello endoteliale come indicato in
alcuni studi in vitro. Una riduzione di E-selectina, e ICAM-1 è
stata riportata anche in vivo in soggetti trattati con omega-3.
Molte ricerche hanno chiaramente dimostrato che un'aumentata assunzione
di omega-3, in particolare EPA e DHA attraverso un maggior consumo di
pesce ha effetti protettivi sui principale "end points" della
patologia CV. Inoltre, accanto agli effetti preventivi, osservati negli
studi di tipo epidemiologico su soggetti sani, sono stati anche rilevati
effetti favorevoli in studi d'intervento su pazienti post infartuati.
Sulla base delle evidenze epidemiologiche e sperimentali è importante
aumentare l'assunzione di pesce (non meno di 2-3 porzioni a settimana)
dato che l'effetto protettivo cardiovascolare si ottiene in base alle
quantità consumate. E' tuttavia interessante aggiungere che la
parte del pesce dotata di effetti protettivi è quella lipidica,
e non casualmente alcune raccomandazioni suggeriscono un elevato consumo
di pesci "grassi" mentre le abitudini di consumo tendono a priviligiare
il pesce "magro" (bianco), inoltre non tutti i pesci hanno lo
stesso tenore corporeo di questi acidi grassi. A questo proposito è
utile specificare che i pesci allevati in acquacultura presentano quantità
di omega-3 mediamente inferiori rispetto a quelli non di allevamento.
Questo potrebbe essere spiegato dalla differente alimentazione fra questi
pesci, infatti gli omega-3 vengono assunti dai pesci attaverso il plancton
che a sua volta li ottiene dalle alghe unicellulari, gli unici organismi
in grado d'inserire un doppio legame in posizione 3 negli acidi grassi
in fase sintetica. Una diversa presenza di questi microelementi nel cibo
quindi, indurrà differenti concentrazioni corporee degli acidi
grassi omega-3.
Resta in ogni caso chiara l'esistenza di un'associazione favorevole tra
il consumo di acidi grassi omega-3 da fonte alimentare e ridotta prevalenza
di eventi cardiovascolari.
Laura Redaelli,
Centro Aterosclerosi, Ospedale Bassini, Università degli Studi
di Milano
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