Secondary prevention of macrovascular events in patients with type 2 diabetes in the PROactive Study (PROspective pioglitAzone Clinical Trial In macroVascular Events): a randomised controlled trial.

Prevenzione secondaria di eventi macrovascolari in pazienti con diabete tipo 2 nello Studio PROactive (PROspective pioglitAzone Clinical Trial In macroVascular Events): uno studio randomizzato controllato

Dormandy JA, Charbonnel B, Eckland DJ, Erdmann E, Massi-Benedetti M, Moules IK, Skene AM, Tan MH, Lefebvre PJ, Murray GD, Standl E, Wilcox RG, Wilhelmsen L, Betteridge J, Birkeland K, Golay A, Heine RJ, Koranyi L, Laakso M, Mokan M, Norkus A, Pirags V, Podar T, Scheen A, Scherbaum W, Schernthaner G, Schmitz O, Skrha J, Smith U, Taton J; PROactive investigators.
Lancet. 2005 Oct 8;366(9493):1279-89

RIASSUNTO:
Background:
I pazienti con diabete di tipo 2 sono ad alto rischio di infarto miocardio (fatale o non fatale) e di ictus. C'è evidenza indiretta che gli agonisti dei PPAR gamma (Recettori dei Perossisomi di Proliferazione Attivati gamma) possano ridurre le complicanze macrovascolari. Il nostro scopo, quindi, era quello di comprendere se il pioglitazone potesse diminuire la morbilità e la mortalità macrovascolare in pazienti ad alto rischio con diabete tipo 2.
Metodi: Abbiamo svolto uno studio prospettico, randomizzato controllato in 5238 pazienti con diabete tipo 2 che avevano evidenza di malattia macrovascolare. Abbiamo reclutato i pazienti da ambulatori di cure primarie e da ospedali. Abbiamo assegnato i pazienti a pioglitazone orale titolato da 15 a 45 mg (n=2605) o a confronto con placebo (n=2633), da assumere in aggiunta alle loro terapie ipoglicemizzanti e ad altri farmaci. Il nostro endpoint primario era l'insieme di mortalità da tutte le cause, interventi endovascolari o chirurgici alle coronarie o alle arterie degli arti inferiori, e l'amputazione sopra la caviglia. L'analisi era per intenzione al trattamento. Questo studio è registrato come studio clinico randomizzato controllato secondo gli standard internazionali, numero ISRCTN NCT00174993.
Risultati:
Due pazienti sono stati persi al follow-up, ma sono stati inseriti nelle analisi. Il tempo medio di osservazione è stato di 34.5 mesi. 514 dei 2605 pazienti nel gruppo pioglitazione e 572 dei 2633 pazienti del gruppo placebo hanno avuto almeno un evento nell'endpoint composito primario (HR 0.90, 95% CI 0.80-1.02, p=0.095). L'endpoint secondario principale era l'insieme della mortalità da tutte le cause, infarto miocardio non fatale e ictus. 301 pazienti nel gruppo pioglitazone e 358 nel gruppo placebo hanno raggiunto questo endpoint (0.84, 0.72-0.98, p=0.027). Complessivamente la sicurezza e la tollerabilità è stata buona senza evidenza di cambiamenti del profilo di sicurezza del pioglitazone. 6% (149 di 2065) e 4% (108 di 2633) di coloro nel gruppo pioglitazone o placebo, rispettivamente, sono stati ricoverati in ospedale per scompenso cardiaco; il tasso di mortalità per scompenso cardiaco non è stato diverso tra i due gruppi.
Interpretazione:
Il pioglitazone riduce l'insieme di mortalità per tutte le cause, infarto miocardio non fatale e ictus in pazienti diabetici tipo 2 che hanno un elevato rischio di eventi macrovascolari.

COMMENTO
Le complicanze macrovascolari sono la causa della ridotta aspettativa di vita dei pazienti diabetici tipo 2 ed è ben noto l'elevato rischio che questi pazienti hanno di andare incontro a patologia cardio-cerebrovascolare. Lo studio UKPDS ha dimostrato che la terapia intensiva può ridurre le complicanze microvascolari (come retinopatia e nefropatia), ma non aveva evidenziato grandi effetti sulla macroangiopatia o sulla mortalità da tutte le cause, anche se in un'analisi retrospettiva il sottogruppo trattato con metformina aveva dimostrato una significativa riduzione nelle patologie cardiovascolari e nella mortalità totale. Il Pioglitazone è un agonista dei PPARgamma, usato nella terapia del diabete tipo 2, la cui azione complessiva suggerisce un miglioramento dei vari fattori di rischio, potendo ridurre la morbilità e mortalità cardiovascolare; inoltre, il pioglitazone riduce i livelli di vari marcatori infiammatori, quali la PCR ultrasensibile (hsPCR), indipendentemente dal livello di controllo glicemico. Era però necessario documentare "sul campo" tale potenzialità di azione e il protocollo dello studio PROactive è stato studiato appositamente per confermare tali ipotesi. Sono stati valutati pazienti diabetici di tipo 2 (durata media della malattia: 8 anni), di età compresa fra 35 e 75 anni (età media 61.9-61.6), sovrappeso o obesi (BMI medio 30.7-31.0), con HbA1c >6.5% (mediana di 7.8-7.9%), in trattamento con dieta o ipoglicemizzanti orali o insulina e con evidenza di una malattia macrovascolare prima dell'arruolamento (infarto miocardio, ictus, coronaropatia o arteriopatia obliterante arti inferiori). Il 13-14% dei pazienti era fumatore, e ben il 46-44% lo era stato. Oltre il 40% aveva complicanze microangiopatiche. Erano esclusi soggetti con diabete tipo 1, coloro trattati solo con insulina, chi aveva programmato un intervento di rivascolarizzazione coronarica o periferica; chi era in classe NYHA II o superiore; coloro con ulcere ischemiche, gangrena o dolore a riposo agli arti inferiori; gli emodializzati; coloro con ALT x 2.5 v.n. I pazienti arruolati sono stati posti in trattamento con pioglitazone 15mg, aumentando mensilmente a 30, poi a 45mg (oltre la normale terapia) o con placebo con metodica randomizzata centrale, in cieco per tutta la durata dello studio. Il dosaggio degli altri farmaci poteva essere modificato per raggiungere i livelli ottimali di controllo glicemico, lipidico, antriaggregante e ipotensivo. I due gruppi erano ben comparabili per tutte le variabili e le caratteristiche cliniche e laboratoristiche. Il periodo medio di osservazione è risultato essere di 34.5 mesi. Meno pazienti (del gruppo pioglitazone) hanno avuto un evento macrovascolare e i fattori protettivi per un secondo evento sono risultati, in ordine statistico: un precedente intervento di rivascolarizzazione (p=0.0083), l'uso di pioglitazone (p=0.0309) e l'utilizzo di statine (p=0.0452). I predittori più importanti di secondo evento sono risultati: l'età, un pregresso ictus, il fumo, un pregresso infarto miocardio, lo scompenso glicemico (tutti con p<0.0001); altamente significativi anche l'incremento di creatinina (>1,3mg/dL), una arteriopatia ostruttiva arti inferiori, l'utilizzo di diuretici, il Colesterolo LDL (>160mg/dL), l'uso di insulina. Altri fattori (pressione arteriosa, trigliceridemia, HDL Colesterolo, utilizzo di metformina e sulfaniluree) non sono risultati predittori di ulteriore patologia macrovascolare. Un maggior numero di pazienti del gruppo placebo ha avuto necessità di trattamento con insulina o di metformina, mentre i diuretici dell'ansa sono stati più utilizzati nel gruppo pioglitazone. Al termine dello studio si è osservata maggior riduzione dell'HbA1c, dei livelli di trigliceridi e miglioramento del rapporti LDL/HDL nel gruppo pioglitazone. Sempre in questo gruppo si sono osservati più casi di scompenso cardiaco (necessitanti o meno di ospedalizzazione), ma la mortalità da scompenso non è risultata statisticamente diversa. I risultati, peraltro, dimostrano che il pioglitazone riduce (ma a livello non statisticamente significativo) gli endpoint primari (mortalità per ogni causa, infarto miocardio non fatale, ictus, sindrome coronaria acuta, amputazione arti inferiori, rivascolarizzazione coronaria o periferica); invece il pioglitazone è in grado di ridurre significativamente gli endpoint secondari, tanto da poter considerare che, su 1000 pazienti, il pioglitazone ha permesso di evitare 21 primi episodi di infarto o ictus o morte in 3 anni. Detto in altro modo, l'NNT (Number Needed to Treat) è di 48 pazienti per 3 anni (pazienti da trattare con pioglitazone per evitare un primo evento maggiore cardiovascolare in 3 anni). Da sottolineare che tale beneficio del pioglitazone è stato ottenuto in pazienti che ricevevano già livelli ottimali di terapia per raggiungere il miglior controllo della glicemia, della pressione arteriosa, della lipidemia e trattamento antiaggregante. Non è chiaro il motivo per cui il pioglitazone riduce gli eventi macrovascolari. Il gruppo trattato con pioglitazone aveva un miglior profilo per quanto riguarda glicemia, HDL-Colesterolo, trigliceridi e pressione (e ciò può aver contribuito a ottenere outcomes migliori). Peraltro ricordiamo che Reaven aveva suggerito che l'insulino-resistenza era la connessione tra iperglicemia, dislipidemia, ipertensione e malattie cardiovascolari. I glitazonici, come il pioglitazone, migliorano la sensibilità all'insulina attraverso il loro effetto sui recettori PPARgamma. E' poi interessante notare che il pioglitazone ha ritardato il ricorso alla terapia insulinica: oltre a ridurre l'insulino-resistenza, il pioglitazone potrebbe avere un effetto di "risparmio" sulle ß-cellule (se non, addirittura, come documentato su animali, di "rigenerazione" delle stesse). I risultati di questo studio possono essere considerati rappresentativi della realtà "europea", poiché i pazienti sono stati reclutati da ben 19 paesi del nostro continente. Infine, bisogna sottolineare che non si sono evidenziati effetti collaterali di tossicità epatica (come, purtroppo, osservato con il troglitazone, tolto perciò dal commercio), né altre manifestazioni indesiderate diverse dal gruppo placebo. Il pioglitazone è, pertanto, da ritenersi farmaco efficace e ben tollerato, con la necessaria attenzione da porre all'aumentata ritenzione idrica (che deve essere prontamente riconosciuta e trattata, prima di eventuali evoluzioni verso lo scompenso cardiaco congestizio).
Questi riportati sono i dati e le conclusioni dello studio. In Italia i glitazonici disponibili sono il Pioglitazone e il Rosiglitazone (come monoterapia o associato a metformina); sono prescrivibili con piano terapeutico per il trattamento dei diabetici tipo 2, in associazione a metformina, a sulfaniluree o alla combinazione di essi (non prescrivibili in associazione con insulina). Il meccanismo d'azione dei glitazonici nel ridurre la glicemia e migliorare l'insulino-resistenza si esplica (almeno da studi "in vitro") mediante cambiamento di espressione di centinaia di geni. Tale azione è "ligando-specifica", quindi ciò implica che i risultati ottenuti da un glitazonico potrebbero non essere ottenuti da un altro. Studi su topi hanno prodotto risultati contrastanti sull'aterogenesi e sul cancro del colon e della vescica, sollecitando domande sulla sicurezza d'impiego per l'uomo. In verità, nello studio PROactive, si è osservato un relativo aumento dei casi di tumore alla vescica nel gruppo pioglitazone, ma il comitato di monitoraggio dei dati e della sicurezza, considerato il breve intervallo di tempo di trattamento con pioglitazone e la storia clinica di alcuni pazienti (precedente esposizione a sostanze cancerogene, fumo, storia familiare, precedenti tumori, recidivanti infezioni delle vie urinari), ha giudicato improbabile che la differenza osservata potesse essere imputabile alla terapia con pioglitazone. Inoltre, la chiusura prematura dello studio non ha concesso di comprendere se la prosecuzione sino al termine progettato avrebbe condotto alla significatività per gli end-points primari (vista le tendenza alla divergenza delle curve). Di fatto, il pioglitazone ha ridotto il numero di end-points compositi primari del 16% (58 casi), ma si è anche osservato un aumento di edemi non attribuiti a scompenso cardiaco (221 casi in più nel gruppo pioglitazone rispetto al placebo) e un aumento di scompenso cardiaco (115 eventi in più). E' stato sottolineato, dagli Autori, che la diagnosi di scompenso non era giudicata "centralmente" e probabilmente classificata non correttamente all'osservato aumento di edema periferico. Comunque, nel gruppo pioglitazone si è osservato un aumento medio di peso di 4 Kg rispetto al gruppo placebo, e non è noto se lo scompenso cardiaco era più frequente in pazienti trattati anche con insulina, rispetto a quelli trattati solo con ipoglicemizzanti orali. Specifichiamo che, in Italia, non sarebbe stato possibile trattare pazienti diabetici tipo 2 con pioglitazone insieme all'insulina, come accaduto in oltre 1/3 dei soggetti al termine dello studio. La decisione da parte del medico, comunque, di associare un trattamento con pioglitazone deve tenere in considerazione sia il potenziale beneficio sugli eventi macrovascolari, sia la possibile comparsa di edemi o scompenso cardiocircolatorio. Nella nostra personale, seppur limitata esperienza, sembra proprio essere il giudizio clinico il miglior alleato nel decidere se associare o meno un trattamento con pioglitazone alla terapia ipoglicemizzante in diabetici tipo 2. Sarebbe auspicabile, peraltro, riconsiderare le indicazioni ora vigenti per un trattamento con glitazonico: se crediamo agli effetti di miglioramento sull'insulino-resistenza l'associare pio-o rosiglitazone a pazienti scompensati o ormai poco responsivi a trattamenti massimali con metformina e/o sulfanilurea (magari per "secondary failure") può cambiare di poco la storia naturale della malattia diabetica, essendoci poca "massa" beta-cellulare da preservare o su cui agire per eventuali meccanismi di "rigenerazione". I glitazonici potrebbero meglio esprimere tutta la loro potenzialità se somministrati in epoca più precoce, in diabetici neo-diagnosticati o, ancor più efficacemente, in soggetti "pre-diabetici", onde prevenire l'evoluzione verso la condizione clinica manifesta. Ma per questo attendiamo risultati definitivi di studi clinici randomizzati.


Bibliografia
Reaven GM. Banting lecture 1988: role of insulin resistance in human disease. Diabetes 1988; 37: 1595-607.
Yki-Jarvinen. The PROactive study: some answers, many questions. Lancet, 2005; 366:1241-42

Antonio C. Bossi - Unità Operativa Malattie Metaboliche e Diabetologia, Ospedali Riuniti di Treviglio