Obesity and the risk of myocardial infarction in 27,000 participants from 52 countries: a case-control study.

Yusuf S, Hawken S, Ounpuu S, Bautista L, Franzosi MG, Commerford P, Lang CC, Rumboldt Z, Onen CL, Lisheng L, Tanomsup S, Wangai P Jr, Razak F, Sharma AM, Anand SS; INTERHEART Study Investigators.
Lancet. 2005 Nov 5;366(9497):1640-9

ABSTRACT:
BACKGROUND: Obesity is a major risk factor for cardiovascular disease, but the most predictive measure for different ethnic populations is not clear. We aimed to assess whether markers of obesity, especially waist-to-hip ratio, would be stronger indicators of myocardial infarction than body-mass index (BMI), the conventional measure.
METHODS: We did a standardised case-control study of acute myocardial infarction with 27 098 participants in 52 countries (12,461 cases and 14,637 controls) representing several major ethnic groups. We assessed the relation between BMI, waist and hip circumferences, and waist-to-hip ratio to myocardial infarction overall and for each group.
FINDINGS: BMI showed a modest and graded association with myocardial infarction (OR 1.44, 95% CI 1.32-1.57 top quintile vs bottom quintile before adjustment), which was substantially reduced after adjustment for waist-to-hip ratio (1.12, 1.03-1.22), and non-significant after adjustment for other risk factors (0.98, 0.88-1.09). For waist-to-hip ratio, the odds ratios for every successive quintile were significantly greater than that of the previous one (2nd quintile: 1.15, 1.05-1.26; 3rd quintile: 1.39; 1.28-1.52; 4th quintile: 1.90, 1.74-2.07; and 5th quintiles: 2.52, 2.31-2.74 [adjusted for age, sex, region, and smoking]). Waist (adjusted OR 1.77; 1.59-1.97) and hip (0.73; 0.66-0.80) circumferences were both highly significant after adjustment for BMI (p<0.0001 top vs bottom quintiles). Waist-to-hip ratio and waist and hip circumferences were closely (p<0.0001) associated with risk of myocardial infarction even after adjustment for other risk factors (ORs for top quintile vs lowest quintiles were 1.75, 1.33, and 0.76, respectively). The population-attributable risks of myocardial infarction for increased waist-to-hip ratio in the top two quintiles was 24.3% (95% CI 22.5-26.2) compared with only 7.7% (6.0-10.0) for the top two quintiles of BMI.
INTERPRETATION: Waist-to-hip ratio shows a graded and highly significant association with myocardial infarction risk worldwide. Redefinition of obesity based on waist-to-hip ratio instead of BMI increases the estimate of myocardial infarction attributable to obesity in most ethnic groups

COMMENTO:
Che l'obesità si associ ad un aumento del rischio di eventi cardiovascolari è cosa nota da tempo ed è altrettanto noto che un ruolo di rilievo nell'aumento del rischio sia svolto dalla distribuzione del grasso corporeo. Tanto maggiore è l'accumulo di grasso nel distretto splancnico, tanto più alta è la probabilità di malattia cardiovascolare. I motivi sono da ricercare nelle proprietà biochimiche del grasso viscerale che è caratterizzato da un'attività metabolica che predispone all'insulino resistenza, ai disturbi dell'equilibrio lipoproteico, alla produzione di adiponectina e di molecole ad azione proinfiammatoria. Non a caso, la circonferenza della vita, che è un indice discretamente attendibile dell'entità dei depositi adiposi viscerali, è inserita tra gli elementi clinici distintivi della sindrome metabolica che, pur nelle recenti polemiche, mantiene un ruolo clinicamente rilevante di predittività della malattia aterosclerotica.
I dati analizzati dal gruppo di Yusuf in questo lavoro provengono dall'Interheart study, un grosso studio internazionale caso-controllo designato per verificare l'importanza dei comuni fattori di rischio cardiovascolare in varie popolazioni. In un precedente lavoro (Lancet 2004;364:937), gli autori avevano concluso che dislipidemie, fumo, ipertensione, diabete, obesità addominale, fattori psicoscociali, consumo di frutta, vegetali ed alcool ed attività fisica regolare avevano il maggior peso predittivo per l'infarto del miocardio in ambedue i sessi, in tutte le età ed in tutti paesi (57 paesi in Asia, Europa, Medio Oriente, Africa, Australia e Nord e Sud America). Già dunque nella precedente stesura, l'adiposità viscerale era stata indicata come fattore di rischio indipendente per tutte le popolazioni. In questo nuovo lavoro, gli autori hanno approfondito il tema dei rapporti tra obesità ed infarto del miocardio ed hanno confermato la scarsa predittività di un indice generale di obesità, come l'indice di massa corporea, in contrapposizione all'elevata capacità predittiva della circonferenza della vita, della circonferenza dei fianchi e del rapporto tra le due circonferenze. Del peso predittivo del rapporto vita-fianchi si è già parlato a lungo negli anni scorsi e si era dato giustamente molto rilievo all'obesità di tipo androide e di tipo ginoide. Con il tempo si erano però accumulate prove a favore del significato prognostico della sola obesità centrale. Con questa analisi dei dati dell'Interheart study si ritorna alla valorizzazione del rapporto vita-fianchi come fattore che mostra la più forte relazione con l'infarto del miocardio in tutti i paesi ed indipendentemente dal valore dell'indice di massa corporea. Il rapporto vita-fianchi sembra essere perciò predittivo di infarto sia nei soggetti obesi che in quelli non obesi. Il dato è interessante, come è interessante il fatto che la forza dell'associazione tra rapporto vita-fianchi e infarto del miocardio è spiegata dagli effetti opposti della circonferenza della vita e di quella dei fianchi sulla probabilità di infarto del miocardio. Mentre infatti la circonferenza della vita era associata positivamente con il rischio di infarto, come del resto era atteso, quella dei fianchi lo era in maniera inversa. In altri termini tanto più ampia è la circonferenza dei fianchi, tanto più si sarebbe protetti dall'infarto e questo è di difficile spiegazione, anche tenendo presente le diversità metaboliche del tessuto adiposo viscerale e di quello periferico. Gli autori tuttavia sottolineano che la misurazione della circonferenza dei fianchi non stima solo l'entità dei depositi di grasso, ma anche i glutei e pertanto può anche dare una stima approssimativa dell'intera massa muscolare scheletrica, cui potrebbe essere più ragionevolmente attribuito un effetto protettivo nei confronti della cardiopatia ischemica. Ma anche questa ipotesi è poco convincente ed il peso predittivo negativo per l'infarto della circonferenza dei fianchi rimane in attesa di una conferma e di una spiegazione razionale.

Domenico Sommariva - Divisione di Medicina Interna 1, Ospedale G. Salvini, Garbagnate Milanese