Effects
of long-term fenofibrate therapy on cardiovascular events in 9795 people
with type 2 diabetes mellitus (the FIELD study): randomised controlled
trial
Keech A, Simes
RJ, Barter P, Best J, Scott R, Taskinen MR, Forder P, Pillai A, Davis
T, Glasziou P, Drury P, Kesaniemi YA, Sullivan D, Hunt D, Colman P, d'Emden
M, Whiting M, Ehnholm C, Laakso M; FIELD study investigators
Lancet. 2005 Nov 26;366(9500):1849-61
ABSTRACT:
BACKGROUND: Patients with type 2 diabetes mellitus
are at increased risk of cardiovascular disease, partly owing to dyslipidaemia,
which can be amenable to fibrate therapy. We designed the Fenofibrate
Intervention and Event Lowering in Diabetes (FIELD) study to assess the
effect of fenofibrate on cardiovascular disease events in these patients.
METHODS: We did a multinational, randomised controlled trial with 9795
participants aged 50-75 years, with type 2 diabetes mellitus, and not
taking statin therapy at study entry. After a placebo and a fenofibrate
run-in phase, we randomly assigned patients (2131 with previous cardiovascular
disease and 7664 without) with a total-cholesterol concentration of 3.0-6.5
mmol/L and a total-cholesterol/HDL-cholesterol ratio of 4.0 or more or
plasma triglyceride of 1.0-5.0 mmol/L to micronised fenofibrate 200 mg
daily (n=4895) or matching placebo (n=4900). Our primary outcome was coronary
events (coronary heart disease death or non-fatal myocardial infarction);
the outcome for prespecified subgroup analyses was total cardiovascular
events (the composite of cardiovascular death, myocardial infarction,
stroke, and coronary and carotid revascularisation). Analysis was by intention
to treat. The study was prospectively registered (number ISRCTN 64783481).
FINDINGS: Vital status was confirmed on all but 22 patients. Averaged
over the 5 years' study duration, similar proportions in each group discontinued
study medication (10% placebo vs 11% fenofibrate) and more patients allocated
placebo (17%) than fenofibrate (8%; p<0.0001) commenced other lipid
treatments, predominantly statins. 5.9% (n=288) of patients on placebo
and 5.2% (n=256) of those on fenofibrate had a coronary event (relative
reduction of 11%; hazard ratio [HR] 0.89, 95% CI 0.75-1.05; p=0.16). This
finding corresponds to a significant 24% reduction in non-fatal myocardial
infarction (0.76, 0.62-0.94; p=0.010) and a non-significant increase in
coronary heart disease mortality (1.19, 0.90-1.57; p=0.22). Total cardiovascular
disease events were significantly reduced from 13.9% to 12.5% (0.89, 0.80-0.99;
p=0.035). This finding included a 21% reduction in coronary revascularisation
(0.79, 0.68-0.93; p=0.003). Total mortality was 6.6% in the placebo group
and 7.3% in the fenofibrate group (p=0.18). Fenofibrate was associated
with less albuminuria progression (p=0.002), and less retinopathy needing
laser treatment (5.2%vs 3.6%, p=0.0003). There was a slight increase in
pancreatitis (0.5%vs 0.8%, p=0.031) and pulmonary embolism (0.7%vs 1.1%,
p=0.022), but no other significant adverse effects.
INTERPRETATION: Fenofibrate did not significantly reduce the risk of the
primary outcome of coronary events. It did reduce total cardiovascular
events, mainly due to fewer non-fatal myocardial infarctions and revascularisations.
The higher rate of starting statin therapy in patients allocated placebo
might have masked a moderately larger treatment benefit.
COMMENTO:
I pazienti
diabetici sono ad aumentato rischio di mortalità e morbilità
cardiovascolare. Il controllo glicemico non sembra da solo ridurre questo
rischio, mentre negli ultimi anni numerosi trials hanno dimostrato che,
anche nel paziente diabetico, una efficace diminuzione del colesterolo
LDL è associata ad una riduzione del rischio cardiovascolare. Va
sottolineato però che i due più grossi studi, in termini
numerici di pazienti diabetici, hanno utilizzato le statine come agenti
ipocolesterolemizzanti, in particolare la simvastatina nello studio HPS
e la atorvastatina nello studio CARDS. Non si deve però dimenticare
che la alterazione lipidica tipica del paziente con diabete di tipo 2,
che non abbia associata una forma di ipercolesterolemia primitiva, è
caratterizzata da un aumento della trigliceridemia, da bassi valori di
colesterolo HDL e da concentrazione di LDL che possono essere normali
ma che sono soprattutto LDL piccole e dense e quindi più aterogene.
Questo potrebbe deporre a favore di una migliore efficacia dei fibrati
come farmaci ipolipemizzanti in considerazione del loro meccanismo di
azione. Precedenti studi come il VA-HIT aveva infatti dimostrato che in
un sottogruppo di uomini diabetici con malattia coronarica e bassi valori
di HDL il gemfibrozil riduceva i principali eventi cardiovascolari, mentre
nello studio DAIS il fenofibrato aveva rallentato la progressione angiografica
della malattia coronarica.
Grandi aspettative erano state quindi riposte nello studio FIELD specificatamente
concepito per verificare l'efficacia del fenofibrato sugli eventi cardiovascolari
dei pazienti affetti da diabete di tipo 2. In questo studio sono stati
arruolati quasi 10.000 pazienti, di età compresa tra i 50-75 anni,
di cui 2131 con precedenti malattie cardiovascolari e 7664 senza patologia
cardiovascolare. La concentrazione di colesterolo totale era compresa
tra i 117-250 mg/dl, trigliceridi inferiori a 450 mg/dl e un rapporto
colesterolo totale/HDL di 4 o più. Lo studio è stato iniziato
come uno studio randomizzato in doppio cieco con fenofibrato 200 mg al
giorno contro placebo ed ha avuto una durata di 5 anni. L'end point primario
era l'evento coronarico, inteso come morte per malattia coronarica o infarto
miocardico non fatale. Gli altri outcome erano gli eventi cardiovascolari
in toto (morte cardiovascolare, infarto miocardio, ictus, rivascolarizzazione
coronarica e carotidea).
Alla conclusione dello studio, nel gruppo di pazienti in trattamento,
la terapia con fenofibrato non ha raggiunto l'end point primario cioè
non ha ridotto in modo significativo il rischio di eventi coronarici maggiori:
5.9% dei pazienti in "placebo" e 5.2% di pazienti in terapia
con fenofibrato hanno avuto un evento coronarico (riduzione relativa 11%).
Lo studio era stato infatti disegnato per raggiungere il 27% di riduzione
di rischio nei pazienti in trattamento farmacologico. Comunque, analizzando
i sottogruppi, il fenofibrato ha ridotto il rischio totale di eventi cardiovascolari,
particolarmente attraverso la prevenzione dell'infarto miocardio non fatale
e della rivascolarizzazione coronarica.
Sugli eventi cardiovascolari totali gli effetti del trattamento farmacologico
sono stati significativamente maggiori nei pazienti senza precedenti cardiovascolari
e nei soggetti di età inferiore ai 65 anni. Infatti si è
verificato una riduzione significativa del 19% nei pazienti in prevenzione
primaria e del 20% se avevano anche una età inferiore ai 65 anni.
Inoltre il fenofibrato ha diminuito significativamente la progressione
della microalbuminuria e la necessità di trattamento laser per
la retinopatia, due complicanze microangiopatiche del diabete.
Gli autori stessi hanno cercato di fornire una serie di spiegazioni al
mancato raggiungimento dell'obiettivo primario. Hanno infatti sottolineato
come una notevole fonte di errore possibile sia stata rappresentata dall'inizio
da parte di molti pazientidi una terapia con statine nel corso dello studio.
La percentuale di pazienti con terapia aggiunta è stata più
numerosa nel gruppo placebo (17%) rispetto al gruppo con fenofibrato (8%)
andando quindi a diminuire il possibile effetto favorevole del fibrato.
Dopo correzione per la presenza di altre terapie ipolipemizzanti, il fenofibrato
ha infatti ridotto il rischio di eventi coronarici del 19% (p= 0.01) e
eventi cardiovascolari totali del 15% (p= 0.004), anche se questo dato
deve essere valutato con cautela.
Una seconda considerazione è che il fenofibrato non ha modificato
il quadro lipidico come previsto. La minore riduzione del C-LDL, dei TG
ma soprattutto lo scarso aumento del C-HDL potrebbero essere responsabili
del non raggiungimento degli obiettivi. Non dimentichiamo che, ad esempio,
nello studio CARDS i valori di C-LDL raggiunti al termine dello studio
erano più bassi rispetto a quelli ottenuti al termine del FIELD
e così pure i valori di C-HDL nel CARDS erano già in partenza
più elevati rispetto a quelli raggiunti al termine dello studio
FIELD, sottolineando ancora una volta l'importanza del valore di colesterolemia
ai fini del rischio cardiovascolare.
Un risultato non chiaramente inquadrabile nello studio FIELD è
il ruolo svolto dall'aumento dell'omocisteina nei pazienti in fenofibrato,
anche perché al momento attuale non esistono chiare evidenze dei
rapporti tra la riduzione di omocisteina e quella di rischio cardiovascolare.
Tutto da interpretare è anche l'effetto positivo del fenofibrato
su due comuni complicanze del diabete, la progressione della microalbuminuria
e la minore necessità di laser terapia.
In conclusione lo studio FIELD non ha raggiunto l'end point primario anche
se dall'analisi degli end-point secondari e dei sottogruppi qualche risultato
positivo è stato raggiunto, soprattutto nei soggetti in prevenzione
primaria e con età inferiore ai 65 anni.
Nel complesso però questo studio non è riuscito a fornire
prove convincenti sulla opportunità di usare il fenofibrato come
farmaco di prima scelta nella prevenzione cardiovascolare dei pazienti
con diabete di tipo 2
Adriana Branchi, Dipartimento di Medicina Interna, Università
degli Sudi di Milano. Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico,
Mangiagalli, Regina Elena.
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