Alcohol
and ischaemic heart disease: probably no free lunch
Consumo moderato di alcool e cardioprotezione: pochi dubbi, molte certezze
Jackson R, Broad
J, Connor J, Wells S.
Lancet. 2005 Dec 3;366(9501):1911-2
Alcool
e malattia coronarica: un'associazione da rivedere?
Un recente e breve articolo di autori neozelandesi su The Lancet si pone
l'obiettivo di rimettere in discussione gli effetti protettivi di dosi
moderate di alcool sul rischio coronarico. Gli autori basano la loro posizione
sul fatto che non esistono studi controllati sul tema (studi, cioè,
nei quali gruppi comparabili e bilanciati di soggetti siano attribuiti
casualmente ad una dieta analcolica o ad una dieta contenente dosi moderate
di alcool, e siano poi seguiti nel tempo per valutare la loro probabilità
di incorrere in eventi coronarici come l'infarto); le differenze del rischio
coronarico osservate comparando soggetti astinenti, bevitori moderati
e bevitori eccessivi potrebbero a questo punto, secondo gli autori stessi,
avere una spiegazione diversa da quella classica, che prevede, come è
ben noto, che il consumo moderato di alcool induca una riduzione del rischio
coronarico. Essi sottolineano, in particolare, che tra i soggetti spontaneamente
astinenti, i consumatori moderati ed i consumatori eccessivi di alcool
o bevande alcoliche, esistono differenze di varia natura: e che queste
differenze, al di là del consumo di alcool, potrebbero in realtà
spiegare il differente rischio coronarico rilevato nei vari gruppi. Jackson
e collaboratori, in altre parole, sottolineano che la riduzione del rischio
coronarico rilevata tra i consumatori moderati di alcool potrebbe essere
semplicemente la conseguenza di benefici che derivano dall'essere "moderati"
in tutto (e quindi anche nel consumo dell'alcool stesso), così
come rilevano che il rischio vascolare dei bevitori eccessivi non è
probabilmente dovuto al troppo alcool che essi consumano, ma proprio al
loro essere "eccessivi", indulgendo quindi probabilmente a tutta
una serie di comportamenti a rischio. Gli autori concludono che, in assenza
di studi controllati di intervento, è impossibile definire in modo
preciso i vantaggi dell'uso moderato di alcool nella cardioprotezione.
Studi osservazionali e studi di intervento
Si tratta di una posizione formalmente corretta, ma oggettivamente piuttosto
debole. Le correlazioni tra stile di vita, alimentazione e rischio cardiovascolare,
sono infatti tutte soggette alle incertezze sottolineate da Jackson. Tutte
le informazioni disponibili, infatti, sono desunte da studi di "osservazione":
non esistono, di fatto, studi di intervento controllati (ovvero gli studi
che forniscono la migliore evidenza scientifica sul ruolo di un farmaco
o di un intervento) in queste aree della prevenzione cardiovascolare.Si
ritiene per esempio, in genere, che un adeguato livello di attività
fisica svolga un'azione di prevenzione cardiovascolare. E' del tutto ragionevole:
ma lo si desume da studi di tipo osservazionale, che hanno rilevato come
i soggetti fisicamente attivi abbiano un rischio cardiovascolare inferiore
a quello dei soggetti sedentari. Non esistono tuttavia studi che abbiano
arruolato soggetti sedentari e li abbiano casualmente attribuiti ("randomizzati")
alla continuazione di uno stile di vita sedentario o ad un aumento dell'attività
fisica, osservando se ciò conduceva ad una riduzione del rischio:
e quindi non si può escludere che l'attività fisica, analogamente
a quanto suggerito da Jackson per il consumo moderato di alcool, possa
essere la conseguenza (e non la causa), di una condizione individuale
di basso rischio cardiovascolare.
Fattori confondenti
L'epidemiologia osservazionale, inoltre, dispone di tutta una ricca serie
di strumenti metodologici per evitare di incorrere in questi errori: che
tengono conto della presenza e del ruolo di possibili fattori "confondenti"
nell'interpretazione di un dato (o di una serie di dati), e cercano di
eliminarne il contributo. I numerosi studi che mostrano l'associazione
tra consumo moderato di alcool e rischio cardiovascolare, in particolare,
tengono già conto di tutti i possibili fattori confondenti noti:
e ne eliminano quindi il contributo al risultato finale osservato. E se
è vero (come gli autori ricordano) che in alcuni casi tali strumenti
non hanno funzionato (in genere per l'esistenza di fattori "confondenti"
di cui i ricercatori ignoravano l'esistenza), nella grande maggioranza
dei casi essi permettono di chiarire, invece, la reale portata della relazione
osservata. Inoltre, gli studi di carattere "biochimico" (come
gli stessi autori riconoscono) forniscono spiegazioni plausibili dell'effetto
cardioprotettivo delle dosi moderate di alcool: sottolineando come tali
dosi aumentino la colesterolemia protettiva HDL, riducano il rischio di
trombosi (abbassando per esempio i livelli del fibrinogeno nel sangue),
svolgano un'azione antinfiammatoria, riducendo i livelli della proteina
C reattiva (PCR), e così via.
Conclusioni
Il
complesso dei dati disponibili in merito alla riduzione del rischio coronarico
associato al consumo di dosi moderate di alcool è quindi dotato
di un'importante solidità concettuale e l'assenza dei risultati
di studi controllati di intervento (comune, come si ricordava, a tutta
la "scienza" degli stili di vita), non permette, per ora, di
negarne la validità. Gli autori (che sono epidemiologi) dovrebbero
mettersi essi stessi alla ricerca di questi fattori confondenti, secondo
loro finora ignorati, che permetterebbero di spiegare in modo alternativo
alla visione attuale l'associazione tra consumo moderato di alcool e rischio
coronarico. Ma fintanto che la loro ricerca non produrrà risultati
apprezzabili in tal senso, il loro attacco ai risultati delle decine di
studi pubblicati sull'argomento appare, francamente, fuori luogo
Andrea Poli - Centro Studi dell'Alimentazione - Nutrition Foundation of
Italy (www.nutrition-foundation.it)
|