Fattori dietetici che promuovono e ritardano l'infiammazione

Dietary factors that promote or retard inflammation
Basu A, Devaraj S, Jialal I

Arterioscler Thromb Vasc Biol. 2006;26:995-1001

Abstract:
Inflammation plays a pivotal role in all stages of atherosclerosis. Cardiovascular risk factors and metabolic syndrome are typified by low-grade inflammation. Intervention trials convincingly demonstrate that weight loss reduces biomarkers of inflammation, such as C-reactive protein (CRP) and interleukin (IL)-6. Limited studies have shown that certain dietary factors; oleic acid, alpha-linolenic acid, and antioxidants RRR-alpha-alpha tocopherol, reduce biomarkers of inflammation. Most of the studies with fish oil supplementation have shown null effects, and conflicting results have been reported with saturated and trans fatty acids, cholesterol, and soy intake. Much further research is needed to define the role of individual dietary factors on the biomarkers of inflammation and the mechanism of the anti-inflammatory effects of weight loss.

Commento:
Negli ultimi anni si sono accumulate evidenze scientifiche a supporto del ruolo dell'infiammazione nella patogenesi dell'arteriosclerosi. Su questa premessa ha raccolto discreto interesse lo studio delle correlazioni tra dieta ed infiammazione, con lo scopo di contribuire alla conoscenza del ruolo dell'alimentazione nella patogenesi dell'arteriosclerosi. La review pubblicata da Basu A. e colleghi rappresenta un'utile occasione di revisione delle conoscenze sull'argomento, che sono soltanto iniziali e presentano ancora molti aspetti documentati in modo molto limitato o poco convincente. Infatti, mentre gli effetti anti-infiammatori della restrizione calorica sono chiari e quelli di una dieta di stile mediterraneo sono molto verosimili, non è ancora adeguatamente documentato il ruolo anti-infiammatorio/pro-infiammatorio delle singole componenti della dieta. In alcuni casi, come quelli degli acidi grassi w-3, degli acidi grassi trans e della fibra alimentare, le evidenze epidemiologiche già disponibili attendono ancora conferma da parte di forti evidenze sperimentali.
In questo contesto di generale incertezza, alcune nuove conoscenze sul ruolo della fibra alimentare nella modulazione dell'infiammazione sono state rese disponibili di recente. Prescindendo dalla mole di pubblicazioni relative alle correlazioni tra contenuto della dieta in alimenti vegetali e fibra alimentare da un lato e rischio cardiovascolare dall'altro, i nuovi studi sono stati più specificamente mirati all'analisi dei rapporti tra queste stesse componenti della dieta e PCR, utilizzata quale principale marcatore biochimico di infiammazione. Le informazioni a questo proposito ci derivano principalmente, per quanto non esclusivamente, dal National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES III) 1999-2000, i cui dati sono stati esaminati in due studi epidemiologici trasversali (1,2) e da un ulteriore studio epidemiologico condotto sulla casistica del Seasonal Variation of Blood Cholesterol Levels Study (SEASONS) e pubblicato recentissimamente (3), nel quale le correlazioni tra fibra alimentare e PCR sono state valutate sia trasversalmente sia longitudinalmente. Questi studi epidemiologici supportano fortemente l'esistenza di una correlazione negativa tra contenuto della dieta in fibra alimentare, sia solubile sia insolubile e PCR. Tuttavia, le importanti indicazioni fornite dagli studi epidemiologici hanno finora trovato soltanto iniziali e generiche conferme nei risultati dei due unici studi sperimentali fin qui pubblicati su questo argomento: uno studio sulla modulazione di PCR ad opera di una dieta ricca in steroli vegetali, proteine della soia, fibre solubili e mandorle (4) ed uno studio sulla modulazione di PCR ad opera di una dieta di stile mediterraneo arricchita in cereali integrali, frutta, ortaggi, noci ed olio di oliva (5). Per quanto entrambe queste diete sperimentali presentassero un ricco contenuto in fibra alimentare, tuttavia, è evidente che questa non fosse la sola variabile dietetica in gioco. Un analogo studio, che non ha riguardato la PCR ma le citochine IL-8, IL-18 ed adiponectina ha mostrato una riduzione della citochina infiammatoria IL-18 in seguito ad una dieta arricchita in fibra alimentare (6). Se i dati sperimentali non epidemiologici a supporto del ruolo della fibra dietetica nel controllo dell'infiammazione sono assolutamente embrionali, ancor più incerte sono le ipotesi interpretative sulle modalità di azione anti-infiammatoria della fibra stessa. Infatti, per quanto la vecchia concezione della fibra alimentare come componente dietetico metabolicamente inerte non riceva più credito, appare difficile precisare quali siano le modalità attraverso le quali la fibra esplica i propri benefici effetti sul metabolismo lipidico e glucidico e sullo stress ossidativo oltre alla nota azione di modulazione della velocità e dell'entità dell'assorbimento intestinale di questi macronutrienti. Un tema aggiuntivo e di attuale interesse è quello della produzione di acidi grassi a catena breve nell'intestino crasso ad opera dell'attività fermentativa della flora batterica residente. A questo proposito, a supporto dell'importanza del ruolo della fibra alimentare come modulatore di fondamentali metabolismi, uno spunto di approfondimento di sicuro interesse è dato dai risultati dello studio pubblicato recentissimamente da Nilsson A e colleghi (7) sul second meal effect inteso come variazione della tolleranza glucidica al mattino in funzione del contenuto in fibra alimentare (amido resistente incluso) della cena della sera precedente. Questo studio ha evidenziato come il noto effetto di miglioramento della tolleranza glucidica al mattino successivo ad una cena ricca in fibra alimentare sia conseguente alla produzione intestinale di acidi grassi a catena breve (soprattutto acido propionico) a partire dalla fibra alimentare stessa ed alla secondaria soppressione dei livelli di acidi grassi liberi (FFA). Attraverso il miglioramento della tolleranza glucidica secondario alla riduzione della concentrazione dei FFA, è ipotizzabile che la fibra induca una riduzione dello stress ossidativo secondario all'iperglicemia post-prandiale ed una riduzione dell'attivazione del pattern citochinico pro-infiammatorio, con finale riduzione della PCR come indicatore di attivazione infiammatoria e rischio cardiovascolare (8). La riduzione dell'attivazione pro-infiammatoria si svilupperebbe anche attraverso la riduzione dell'azione pro-infiammatoria direttamente esercitata degli FFA stessi. Queste ipotesi attendono ulteriori evidenze sperimentali.

Bibliografia:
1) King DE et al. Am J Cardiol 2003 ; 92 : 1335-9
2) Ajani UA et al. J Nutr 2004; 134: 1181-5
3) Ma Y et al. Am J Clin Nutr 2006 ; 83 : 760-6
4) Jenkins DJ et al. JAMA 2003; 290: 502-10
5) Esposito K et al. JAMA 2004; 292:1440-6
6) Esposito K et al. Am J Clin Nutr 2003; 78: 1135-40
7) Nilsson A et al. Eur J Clin Nutr 2006 Mar 8; [Epub ahead of print]
8) Esposito K et al. Circulation 2002; 106: 2067-72

Luca Mondazzi e Fulvio Muzio - Divisione di Medicina Interna 1, Ospedale G. Salvini, Garbagnate Milanese