Folati e malattia cardiovascolare


Folic acid, homocysteine, and cardiovascular disease: judging causality in the face of inconclusive trial evidence
Wald DS, Wald NJ, Morris JK, Law M.
BMJ 2006;333:1114-77 - No abstract available
Homocysteine hypothesis for atherothrombotic cardiovascular disease: not validated
Kaul S, Zadeh AA, Shah PK.
J Am Coll Cardiol 2006;48:914-23 - Abstract
Effect of folic acid supplementation on risk of cardiovascular diseases: a meta-analysis of randomized controlled trials
Bazzano LA, Reynolds K, Holder KN, He J.
JAMA 2006;296:2720-6 - Abstract

Commento:
Fino a poco tempo fa, l'omocisteina era un aminoacido poco conosciuto, noto solo come un prodotto della scissione delle proteine assunte con gli alimenti. Negli ultimi anni, invece, si è arrivati a pensare che l'omocisteinuria sia un difetto metabolico ereditario o acquisito caratterizzato da una perdita anomala, attraverso le urine, di grandi quantità dell'aminoacido omocisteina. Il risultato dello squilibrio del metabolismo di questo aminoacido è l'accumulo di omocisteina la cui concentrazione aumenta conseguentemente nel plasma, dando iperomocisteinemia, e nelle urine dando omicistinuria.
Le manifestazioni cliniche che si possono riscontrare consistono nello sviluppo precoce di lesioni vascolari di tipo aterosclerotico. A fronte di ciò, l'omocisteina è stata classificata come fattore di rischio indipendente (da quelli già noti) per lo sviluppo di aterosclerosi e di trombosi sia nei casi in cui la sua alterazione sia di origine genetica che di origine ambientale. Il rischio globale di eventi trombotici, arteriosi o venosi, è marcatamente aumentato nei soggetti con difetti genetici omozigoti.
Sono stati condotti numerosi studi per indagare quali meccanismi siano alla base del rapporto tra danno vascolare ed iperomocisteinemia. L'attenzione si è rivolta principalmente verso le interazioni fra l'aminoacido e i fattori dell'emostasi e la funzionalità della parete vascolare. Tra queste vi è la funzione piastrinica: mentre alcuni studi dimostrano che l'omocisteina è in grado di promuovere l'aggregazione piastrinica ed inibire la fibrinolisi, effetti che determinano una tendenza alla trombosi, i risultati degli ultimi studi condotti sostengono la tesi che l'aggregazione piastrinica non viene sostanzialmente alterata né si possono apprezzare cambiamenti morfologici della parete vasale in caso di iperomocisteinemia, tesi che potrebbero far ipotizzare che non vi sia un effetto pro-trombotico mediato dall'attivazione diretta delle piastrine. Quale siano i meccanismi alla base dell'effetto tossico dell'iperomocisteinemia è ancora argomento di discussione.
L'aterosclerosi è una delle principali manifestazioni dell'omocisteinuria e del'iperomocisteinemia. È' interessante cercare di chiarire i possibili meccanismi attraverso i quali le concentrazioni di questo aminoacido possono portare all'aterosclerosi. Tale patologia è vista come la risposta vascolare ad un danno della parete vascolare stessa. Nelle fasi iniziali, l'endotelio reagirebbe ad un danno funzionale indotto da diversi stimoli con il risultato di una disfunzione localizzata. Quindi si hanno delle modificazioni proprie dell'endotelio con il conseguente innesco di una catena di eventi simili ad una reazione infiammatoria. Sulla base di questa considerazione si può parlare ora di attivazione endoteliale, definendola come l'acquisizione di proprietà antigeniche nuove dell'endotelio dovuta a diversi stimoli tra cui le citochine infiammatorie.
Un numero abbastanza ristretto di effetti dell'omocisteina riscontrati in vivo sull'endotelio possono essere chiamati in causa per spiegarne la sua aterogenicità. Tra questi vi è la capacità di indurre stress ossidativi nella cellula, l'interferenza con la produzione di ossido nitrico, l'interazione con Lp(a) e la capacità d' indurre la proliferazione di cellule muscolari lisce in vitro. Tali considerazioni sono in grado di supportare l'ipotesi che l'omocisteina è in grado di agire sull'endotelio inducendo uno stato di attivazione endoteliale.
Mentre è noto che una condizione di iperomocisteinemia grave è un fattore di rischio cardiovascolare indipendente, l'associazione fra livelli moderati e rischio per malattie cardiovascolari non è ancora stata definitivamente provata, nonostante ad oggi ci siano circa una decina di studi prospettici portati a termine in merito all'argomento. I risultati sono, però, contradditori. In generale i risultati vengono messi in discussione dall'osservazione che i livelli di omocisteina sembrano aumentare in seguito ad un evento ischemico acuto o infarto, pertanto il valore determinato, dopo un evento acuto, potrebbe essere alto come conseguenza dell'evento stesso e quindi perdere il valore predittivo. Solo nell'ambito del Physicians' Health Study, il BUPA, il British Regional Health Study e lo studio Nygard si conclude con un' associazione positiva fra iperomocisteinemia moderata e malattia cardiovascolare, in particolare infarto miocardio e cardiopatia ischemica.
La terapia per l'iperomocisteinemia consiste principalmente nella supplementazione delle vitamine B6 e B12 e folati.
L'acido folico si trova in abbondanza in alcuni alimenti freschi come le verdure a foglia verde (spinaci, broccoli, asparagi, lattuga), le arance (e il succo di arancia dal concentrato), i legumi, i cereali, frutta come limoni, kiwi e fragole, nel fegato e nelle uova. Il processo di cottura distrugge la grande maggioranza dei folati presente nei cibi. I risultati degli studi effettuati dimostrano che le quantità di acido folico e vit. B6 necessarie per prevenire l'incremento dell'omocisteina nel sangue sono pari a 3-3.5 mg/ die e 350-400 mg/die, rispettivamente.
A tal proposito sono pochi i cereali che contengono acido folico in quantità tali da soddisfare con una singola razione il fabbisogno quotidiano. Nel 1998 la Food and Drug Administration (l'organismo federale statunitense per la sorveglianza sui farmaci e sugli alimenti) ha disposto l'aggiunta di acido folico a tutti i cereali 'fortificati' nella misura di 0,14 mg per 100 grammi di prodotto. Sono così acquistabili sul mercato americano alimenti fortificati come la farina, il pane, il riso e altri prodotti a base di cereali. Al contrario in Italia, non esiste l'obbligo di produzione di alimenti fortificati, ma vi è solo una fortificazione volontaria adottata da alcune industrie alimentari. Sono quindi presenti sul nostro mercato solo alcuni alimenti fortificati come cereali da colazione prodotti da industrie multinazionali, succhi di frutta, un latte speciale UHT e pochi altri.
I folati intervengono nei processi metabolici coinvolti nella sintesi delle purine e della deossitimidina (dTMP), nella formazione della metionina a partire dall'omocisteina, nel catabolismo dell'istidina e nella interconversione tra glicina e serina.
La formazione della metionina dalla omocisteina avviene tramite l'enzima omocisteina metiltrasferasi che utilizza la vitamina B12 come coenzima ed il metiltetraidrofolato come donatore di un gruppo metilico che viene prelevato da una serina che, a seguito di ciò, diventa una glicina. L'RDA per la vit. B12 in un soggetto adulto risulta essere pari a 3mg/die. Questa vitamina si trova solo in cibi di origine animale, quali la carne, le uova, il pesce ed i latticini.
Alcuni dei possibili benefici derivanti dalla correlazione tra ipeomocisteinemia ed aterosclerosi possono esprimersi nella completa assenza o comparsa ritardata di IMA, stroke ed arteriopatia periferica. Questo effetto si manifesterebbe in un aumento dell'aspettativa di vita ed un migliore stato di salute in particolar modo rivolto alla popolazione anziana.
Considerando, quindi, che l'ereditarietà non può essere modificata, mentre il metabolismo dell'omocisteina, geneticamente trasmesso, può essere in parte influenzato aumentando l'introduzione di vit.B6, B12 e ac. folico, l'applicazione di strategie alimentari integrative potrebbero essere utili per superare la predisposizione genetica all' aterosclerosi.

Laura Redaelli, Centro Studi Aterosclerosi - SISA Lombardia, Ospedale Bassini, Cinisello Balsamo (MI)


Abstract:

Homocysteine hypothesis for atherothrombotic cardiovascular disease: not validated
Kaul S, Zadeh AA, Shah PK.
J Am Coll Cardiol 2006;48:914-23

Homocysteine has been implicated in promoting atherosclerotic and thrombotic vascular disease. During the last decade, the utility of homocysteine in predicting risk for atherothrombotic vascular disease has been evaluated in several observational studies in a large number of patients. These studies show that the overall risk for vascular disease is small, with prospective, longitudinal studies reporting a weaker association between homocysteine and atherothrombotic vascular disease compared to retrospective case-control and cross-sectional studies. Furthermore, randomized controlled trials of homocysteine-lowering therapy have failed to prove a causal relationship. On the basis of these results, there is currently insufficient evidence to recommend routine screening and treatment of elevated homocysteine concentrations with folic acid and other vitamins to prevent atherothrombotic vascular disease. This review outlines the metabolism and pathophysiology of homocysteine, highlights the results of homocysteine observational and interventional trials, and presents areas of uncertainty and potential future work.

Effect of folic acid supplementation on risk of cardiovascular diseases: a meta-analysis of randomized controlled trials
Bazzano LA, Reynolds K, Holder KN, He J.
JAMA 2006;296:2720-6

CONTEXT: Epidemiologic studies have suggested that folate intake decreases risk of cardiovascular diseases. However, the results of randomized controlled trials on dietary supplementation with folic acid to date have been inconsistent. OBJECTIVE: To evaluate the effects of folic acid supplementation on risk of cardiovascular diseases and all-cause mortality in randomized controlled trials among persons with preexisting cardiovascular or renal disease. DATA SOURCES: Studies were retrieved by searching MEDLINE (January 1966-July 2006) using the Medical Subject Headings cardiovascular disease, coronary disease, coronary thrombosis, myocardial ischemia, coronary stenosis, coronary restenosis, cerebrovascular accident, randomized controlled trial, clinical trials, homofolic acid, and folic acid, and the text words folic acid and folate. Bibliographies of all retrieved articles were also searched, and experts in the field were contacted. STUDY SELECTION: From 165 relevant retrieved reports, 12 randomized controlled trials compared folic acid supplementation with either placebo or usual care for a minimum duration of 6 months and with clinical cardiovascular disease events reported as an end point. DATA EXTRACTION: Data on study design, characteristics of participants, changes in homocysteine levels, and cardiovascular disease outcomes were independently abstracted by 2 investigators using a standardized protocol. DATA SYNTHESIS: Studies including data from 16 958 participants with preexisting vascular disease were analyzed using a random-effects model. The overall relative risks (95% confidence intervals) of outcomes for patients treated with folic acid supplementation compared with controls were 0.95 (0.88-1.03) for cardiovascular diseases, 1.04 (0.92-1.17) for coronary heart disease, 0.86 (0.71-1.04) for stroke, and 0.96 (0.88-1.04) for all-cause mortality. The relative risk was consistent among participants with preexisting cardiovascular or renal disease. CONCLUSIONS: Folic acid supplementation has not been shown to reduce risk of cardiovascular diseases or all-cause mortality among participants with prior history of vascular disease. Several ongoing trials with large sample sizes might provide a definitive answer to this important clinical and public health question.