Indice glicemico e rischio cardiovascolare

Comparison of 4 diets of varying glycemic load on weight loss and cardiovascular risk reduction in overweight and obese young adults: a randomized controlled trial
McMillan-Price J, Petocz P, Atkinson F, O'neill K, Samman S, Steinbeck K, Caterson I, Brand-Miller J.

Arch Intern Med 2006;166:1466-75

Abstract:
BACKGROUND: Despite the popularity of low-glycemic index (GI) and high-protein diets, to our knowledge no randomized, controlled trials have systematically compared their relative effects on weight loss and cardiovascular risk. METHODS: A total of 129 overweight or obese young adults (body mass index, > or =25 [calculated as weight in kilograms divided by the square of height in meters]) were assigned to 1 of 4 reduced-fat, high-fiber diets for 12 weeks. Diets 1 and 2 were high carbohydrate (55% of total energy intake), with high and low GIs, respectively; diets 3 and 4 were high protein (25% of total energy intake), with high and low GIs, respectively. The glycemic load was highest in diet 1 and lowest in diet 4. Changes in weight, body composition, and blood chemistry profile were studied. RESULTS: While all groups lost a similar mean +/- SE percentage of weight (diet 1, -4.2% +/- 0.6%; diet 2, -5.5% +/- 0.5%; diet 3, -6.2% +/- 0.4%; and diet 4, -4.8% +/- 0.7%; P = .09), the proportion of subjects in each group who lost 5% or more of body weight varied significantly by diet (diet 1, 31%; diet 2, 56%; diet 3, 66%; and diet 4, 33%; P = .01). Women on diets 2 and 3 lost approximately 80% more fat mass (-4.5 +/- 0.5 [mean +/- SE] kg and -4.6 +/- 0.5 kg) than those on diet 1 (-2.5 +/- 0.5 kg; P = .007). Mean +/- SE low-density-lipoprotein cholesterol levels declined significantly in the diet 2 group (-6.6 +/- 3.9 mg/dL [-0.17 +/- 0.10 mmol/L]) but increased in the diet 3 group (+10.0 +/- 3.9 mg/dL [+0.26 +/- 0.10 mmol/L]; P = .02). Goals for energy distribution were not achieved exactly: both carbohydrate groups ate less fat, and the diet 2 group ate more fiber. CONCLUSION: Both high-protein and low-GI regimens increase body fat loss, but cardiovascular risk reduction is optimized by a high-carbohydrate, low-GI diet.

Commento:
Per diversi anni, una dieta ricca in alimenti ad elevato indice glicemico, è stata considerata inadeguata ai fini del controllo del peso corporeo, in quanto l'ingestione di carboidrati a rapido assorbimento sembra determinare marcate fluttuazioni della glicemia e dell'insulinemia. Anche la dieta iperproteica è stata oggetto di controversie ed ha catturato l'attenzione di dietologi e del pubblico negli ultimi anni.
In questo studio, gli autori hanno confrontato l'efficacia di quattro diete ipocaloriche con ridotto contenuto in grassi, e un moderato contenuto in fibre, variabili in base alla qualità ed alla quantità dei carboidrati presenti. Il Glucose Load (contributo che tutti gli alimenti forniscono all'innalzamento della glicemia post-prandiale e risulta pari al prodotto dell'indice glicemico (GI) per il contenuto in carboidrati [CHO]) è stato assunto come parametro per differenziare i piani nutrizionali. Un aspetto particolarmente interessante in questo lavoro è rappresentato dall'importanza che è stata data al sostegno della compliance dei pazienti al piano nutrizionale. Il trattamento dietetico è stato protratto per 12 settimane, il che equivale ad un periodo di tempo relativamente breve; tuttavia, le differenza in termini di apporto di carboidrati dei diversi piani nutrizionali ha imposto la necessità di fornire un'indicazione costante ai soggetti in studio relativamente alla qualità ed alla quantità dell'alimento consumato, ottenendo un partecipazione attiva dei soggetti al counting di carboidrati, che ha garantito maggiore aderenza al piano dietetico pre-stabilito. Dopo 12 settimane, tutti i piani nutrizionali hanno determinato un calo ponderale significativo rispetto al basale, ma non significativo tra i gruppi in studio. La resistenza alla dieta, come è noto anche dall'esperienza clinica si esprime diversamente in diversi strati socio-culturali della popolazione. La miglior conoscenza della qualità e dell'apporto nutrizionale dell'alimento che si va consumando durante la restrizione calorica, sembrerebbe un elemento a favore della maggiore aderenza alla dieta anche in strati della popolazione di livello socio-culturale medio-basso. Un altro aspetto significativo, e sicuramente dirimente rispetto ad alcune incertezze sul significato del counting dei carboidrati in diete ipocaloriche, viene affrontato in questo lavoro attraverso il confronto puntuale tra glicemie ed insulinemie post-prandiali indotte dal consumo di pasti misti, preparati sulla base della compostone delle quattro diete e somministrati ad un gruppo di donne sovrappeso facenti parte del campione e sottoposte a 12 settimane di trattamento dietetico.
Inoltre, pochi lavori in letteratura hanno valutato l'effetto della sola dieta sulle concentrazioni delle adipocitochine. In questo studio, i livelli di leptinemia sono stati ridotti da una dieta ricca in carboidrati con basso indice glicemico, rispetto ad una dieta povera in carboidrati con alto indice glicemico. I livelli di leptina, come è noto in letteratura, correlano significativamente con la riduzione o l'incremento della massa grassa. La correlazione esistente tra massa grassa, adipocitochine, oscillazioni della glicemia e dell'insulinemia riconduce all'insieme dei processi fisio-patologici che sottendono allo sviluppo delle condizioni di rischio facenti parte della sindrome metabolica ed è suggestiva dell'esistenza di un unico meccanismo regolatore che media il rischio cardiovascolare prodotto dall'eccesso di massa grassa addominale.

Giuseppe Derosa, Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica, Università degli Studi di Pavia