Ispessimento medio-intimale della carotide ed eventi cardiovascolari: una metanalisi

Prediction of clinical cardiovascular events with carotid intima-media thickness: a systematic review and meta-analysis
Lorenz MW, Markus HS, Bots ML, Rosvall M, Sitzer M.

Circulation 2007;115:459-67

Abstract:
BACKGROUND: Carotid intima-media thickness (IMT) is increasingly used as a surrogate marker for atherosclerosis. Its use relies on its ability to predict future clinical cardiovascular end points. We performed a systematic review and meta-analysis of data to examine this association. METHODS AND RESULTS: Using a prespecified search strategy, we identified 8 relevant studies and compared study design, measurement protocols, and reported data. We identified sources of heterogeneity between studies. The assumption of a linear relationship between IMT and risk was challenged by use of a graphical technique. To obtain a pooled estimate of the relative risk per IMT difference, we performed a meta-analysis based on random effects models. The age- and sex-adjusted overall estimates of the relative risk of myocardial infarction were 1.26 (95% CI, 1.21 to 1.30) per 1-standard deviation common carotid artery IMT difference and 1.15 (95% CI, 1.12 to 1.17) per 0.10-mm common carotid artery IMT difference. The age- and sex-adjusted relative risks of stroke were 1.32 (95% CI, 1.27 to 1.38) per 1-standard deviation common carotid artery IMT difference and 1.18 (95% CI, 1.16 to 1.21) per 0.10-mm common carotid artery IMT difference. Major sources of heterogeneity were age distribution, carotid segment definition, and IMT measurement protocol. The relationship between IMT and risk was nonlinear, but the linear models fitted relatively well for moderate to high IMT values. CONCLUSIONS: Carotid IMT is a strong predictor of future vascular events. The relative risk per IMT difference is slightly higher for the end point stroke than for myocardial infarction. In future IMT studies, ultrasound protocols should be aligned with published studies. Data for younger individuals are limited and more studies are required.

Commento:
Questa meta-analisi riassume 8 studi di popolazione (il Kuopio Ischemic Heart Disease Risk Factor Study, l'Atherosclerosis Risk in Communities Study, il Rotterdam Study, il Cardiovascular Health Study, il Malmo Diet and Cancer Study, il Longitudinal Investigation for the Longevity and Aging in Hokkaido Country, il Carotid Atherosclerosis Progression Study e lo studio prospettico di Kitamura-2004, senza acronimo) che hanno analizzato l'associazione tra lo spessore medio intimale carotideo (Intima-media Thickness) ed eventi cardio e cerebrovascolari, riferiti ad un totale di 37197 soggetti studiati per 5,5 anni.
La maggiore fonte di variabilità dei dati nei diversi studi è costituita dal segmento della carotide preso in considerazione, ma da questa meta-analisi emerge che non è influente né il segmento, né il tipo di misura, se proveniente dalla media di diverse misurazioni o dal punto di massimo spessore, né la localizzazione della misura (near o far wall), o se ottenuta a livello di solo una carotide o di entrambe. Questo perché si tiene conto di una misura di IMT e l'evento. In genere, a livello del bulbo carotideo, IMT è più alto e ha una progressione più veloce, ma la sua misurazione ha minore riproducibilità, elemento fondamentale per studi prospettici.
Le procedure di misurazione sono molto migliorate, negli anni, in riproducibilità. Recentemente è uscito un paper di consenso (Cerebrovascular Disease, 2006) sulla definizione di IMT che lo identifica come derivante dalla misura di un segmento libero da placca, cosa non sempre riportata. Negli studi di popolazione dove la frequenza di placca è bassa, il rischio di misurare lo spessore della lesione è basso e probabilmente non influenza i dati. Inoltre, se ci si attiene alle linee guida ESC-ESH per la definizione di danno d'organo extracardiaco, la presenza di placca intesa come protrusione dell'intima di almeno 1.3 mm è quasi sempre associata ad un punto di ispessimento della carotide superiore a 0.9 mm.
Altra fonte di variabilità tra gli studi è la classe di età della popolazione, e la maggior parte dei risultati vengono espressi secondo modelli matematici aggiustati per sesso ed età. La relazione tra IMT e rischio si dimostra, in generale, lineare. Per bassi IMT tuttavia la pendenza della retta d'interpolazione è più bassa, per diventare più ripida e precisa ad alti valori di IMT. Questo perché individui giovani hanno basso rischio assoluto, incorrono in un minor numero di eventi, ma chi ha IMT alto ha un alto rischio relativo. Inoltre, individui che presentano molti fattori di rischio sono spesso in terapia e quindi hanno un rischio individuale più basso rispetto al loro IMT. Se allora IMT costituisce un buon marker intermedio di rischio cardiovascolare per classi di età più alte, risulta necessario associare la valutazione dell'IMT ad altri surrogati di aterosclerosi, quali per esempio la FMD a livello dell'arteria brachiale, soprattutto per pazienti più giovani.
Relazione lineare si ritrova anche per la associazione tra IMT e stroke, anche se i dati sono molto più dispersi rispetto l'infarto. La durata del follow-up si è dimostrato essere l'unica variabile predittiva della potenza discriminante per stroke di una variazione di IMT. Ciò significa che l'evento cerebrovascolare ha una eziologia più lenta rispetto l'infarto e richiede tempi osservazionali più lunghi.
I risultati di associazione tra IMT e rischio cardiovascolare non cambiano molto sia che la variazione di IMT venga posta pari a 1 deviazione standard oppure a 0.1mm, e la predittività del rischio viene solo attenuata nei modelli aggiustati anche per gli altri fattori di rischio cardiovascolari. E' una riprova che IMT è un fattore indipendente, fattore che andrebbe integrato negli algoritmi per il calcolo del rischio cardiovascolare, se non come variabile continua, almeno come variabile dicotomica di presenza o assenza di danno d'organo extracardiaco.
In sintesi, da questo articolo viene dimostrato che una differenza di 0.1 mm di IMT si associa all'incremento del rischio di infarto del 10-15%, e del 13-18% di stroke. Esiste quindi una bassa specificità nel predire il tipo di evento, se cerebro o cardiovascolare. L'esistenza di alterazioni, anche precoci, costituisce un marker indipendente, senza essere direttamente la causa dell'evento.

Sara Raselli, Centro Studi Aterosclerosi - SISA Lombardia, Ospedale Bassini, Cinisello Balsamo (MI)