Rischio
di eventi avversi associato alla terapia con statine
Risks associated
with statin therapy: a systematic overview of randomized clinical trials
Kashani A, Phillips CO, Foody JM, Wang Y, Mangalmurti S, Ko DT, Krumholz
HM.
Circulation 2006;114:2788-97
Abstract:
BACKGROUND: Although statins reduce the risk of
cardiovascular events, concerns about adverse effects may deter physicians
from prescribing these agents. We performed a systematic overview of randomized
statin trials to quantify the risks of musculoskeletal, renal, and hepatic
complications associated with therapy. METHODS AND RESULTS: Major statin
trials were identified by electronic search of the MEDLINE database from
1966 to December 2005. We included English language reports of adults
with documented hyperlipidemia; double-blind, random allocation of >
or = 100 patients to statin monotherapy versus placebo; and reports of
myalgia, creatine kinase elevations, rhabdomyolysis, transaminase elevations,
and discontinuation due to adverse events. Among 74,102 subjects enrolled
in 35 trials (follow-up range, 1 to 65 months), statin therapy (excluding
cerivastatin) did not result in significant absolute increases in risks
of myalgias (risk difference/1000 patients [RD], 2.7; 95% CI, -3.2 to
8.7), creatine kinase elevations (RD, 0.2; 95% CI, -0.6 to 0.9), rhabdomyolysis
(RD, 0.4; 95% CI, -0.1 to 0.9), or discontinuation due to any adverse
event (RD, -0.5; 95% CI, -4.3 to 3.3). The absolute risk of transaminase
elevations was significantly higher with statin therapy (RD, 4.2; 95%
CI, 1.5 to 6.9). CONCLUSIONS: On the basis of data available from published
clinical trials, statin therapy is associated with a small excess risk
of transaminase elevations, but not of myalgias, creatine kinase elevations,
rhabdomyolysis, or withdrawal of therapy compared with placebo. Further
study is necessary to determine whether the results from these published
clinical trials are similar to what occurs in routine practice, particularly
among patients who are older, have more severe comorbid conditions, or
receive higher statin doses than most patients in these clinical trials.
Commento:
Il lavoro
di Kashani et al affronta il problema del rischio associato alla terapia
con statine utilizzando dati provenienti da trials clinici randomizzati.
Sono stati valutati 39 studi. Una sottoanalisi specifica è stata
fatta per cerivastatina su 4 dei 39 studi . Nello specifico 5 studi riguardavano
atorvastatina con 12.148 pazienti, 4 studi cerivastatina con 2.295 pazienti,
9 studi lovastatina con 17.178 pazienti, 8 studi pravastatina con 15.262
pazienti , 4 studi rosuvastatina con 835 pazienti e 7 studi simvastatina
con 26.649 pazieti.
Il tempo di follow up variava tra un mese e mezzo e 65 mesi circa, con
una media di 17 mesi e l'età media dei pazienti variava da 49 a
81 anni. La grande maggioranza dei pazienti era di sesso maschile e di
razza bianca.
I valori di CPK sono stati riportati in 21 studi ( 60% degli studi) e
il rischio relativo di mialgia ere dello 0,99. Quando si comparavano le
mialgie tra le varie statine solo la atorvastatina aveva una incidenza
di mialgie superiore rispetto al placebo.. L'aumento delle CPK è
stata riportata è stata riportata in 16 studi su circa 42.000 pazienti
e sebbene ci fosse un trend all'aumento, il rischio relativo era soltanto
di 1.18. La rabdomiolisi è stata studiata in 20 studi su 60.110
pazienti e non è stata più frequente in pazienti in trattamento
con statine rispetto a pazienti che assumevano placebo, con un rischio
relativo di 1.09.
Per quanto riguarda gli enzimi epatici il rischio relativo è significativamente
più alto nei pazienti ce assumevano statine ( 28 studi e 62.184
pazienti) con un valore di 1.30.
Quando le statine sono state comparate tra di loro verso il placebo l'unica
statina che presentava una aumento di mialgie CPK e rabdomiolisi era la
lovastatina. (a parte cerivastatina)
L'interruzione della terapia dovuta a qualunque tipo di evento avverso
è stata riportata in 26 studi su 45.268 pazienti e non appare essere
più frequente nel gruppo che assumeva statina (5,6% nel placebo).
Nel loro insieme, quindi, i dati sembrano essere del tutto rassicuranti.
Come leggere questi dati? Bisogna ovviamente convenire che il segnale
di rabdomiolisi è stato evidenziato per la statina che ha avuto
il maggior incremento di questi eventi, anche in trias clinici controllati.
Il fatto che gli aumenti dei CK nel gruppo cerivastatina non fosse significativo
rispetto a quello placebo ovviamente depone a favore del concetto che
un gran numero di questi eventi (aumento del CPK) non porta poi ad una
rabdomiolisi conclamata. Questa osservazione è sicuramente condivisibile.
Rimane un ultimo punto da valutare: cosa succede nella pratica clinica
di tutti i giorni. Tutti i trias clinici controllati prevedono infatti
una accurata selezione dei pazienti e soprattutto la non concomitanza
di somministrazione di farmaci non interferire con quelli che già
si assumono o che dovranno essere allo studio. Questo dato tende, ovviamente,
a ridurre l'incidenza di avventi avversi dovuta ad interazioni tra farmaci
e/o a specificità di alcuni gruppi di pazienti. Inoltre nella vita
di tutti giorni spesso i pazienti tendono ad assumere alte sostanze, non
necessariamente di origine farmacologica che possono interferire con l'azione
dei farmaci ipolipemizzanti con il loro metabolismo. Nel loro insieme,
quindi, i dati della popolazione che si sono evidenziati in questo studio
sono da una parte rassicuranti, ma dall'altra non chiariscono in modo
definitivo quali siano i problemi da affrontare nella popolazione free-living.
In realtà un dato interessante da ottenere sarebbe quello del rumore
di fondo, cioè l'incidenza nella popolazione degli eventi avversi
sospetti per statine in assenza di una terapia statinica.
Alberico L. Catapano,
Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi
di Milano
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