Trigliceridi e rischio di malattia coronarica. 10158 casi incidenti
fra 262525 partecipanti in 29 studi prospettici occidentali

Triglycerides and the Risk of Coronary Heart Disease. 10158 Incident Cases Among 262525 Participants in 29 Western Prospective Studies
Sarwar N, Danesh J, Eiriksdottir G, Sigurdsson G, Wareham N, Bingham S, Boekholdt SM, Khaw K-T, Gudnason V
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Circulation 2007;115:450-8
Diapositive

Abstract:
BACKGROUND: Many epidemiological studies have reported on associations between serum triglyceride concentrations and the risk of coronary heart disease, but this association has not been reliably quantified. In the present study, we report 2 separate nested case-control comparisons in 2 different prospective, population-based cohorts, plus an updated meta-analysis of 27 additional prospective studies in general Western populations. METHODS AND RESULTS: Measurements were made in a total of 3582 incident cases of fatal and nonfatal coronary heart disease and 6175 controls selected from among the 44 237 men and women screened in the Reykjavik and the European Prospective Investigation of Cancer (EPIC)-Norfolk studies. Repeat measurements were obtained an average of 4 years apart in 1933 participants in the EPIC-Norfolk Study and an average of 12 years apart in 379 participants in the Reykjavik study. The long-term stability of log-triglyceride values (within-person correlation coefficients of 0.64 [95% CI, 0.60 to 0.68] over 4 years and 0.63 [95% CI, 0.57 to 0.70] over 12 years) was similar to those of blood pressure and total serum cholesterol. After adjustment for baseline values of several established risk factors, the strength of the association was substantially attenuated, and the adjusted odds ratio for coronary heart disease was 1.76 (95% CI, 1.39 to 2.21) in the Reykjavik study and 1.57 (95% CI, 1.10 to 2.24) in the EPIC-Norfolk study in a comparison of individuals in the top third with those in the bottom third of usual log-triglyceride values. Similar overall findings (adjusted odds ratio, 1.72; 95% CI, 1.56 to 1.90) were observed in an updated meta-analysis involving a total of 10 158 incident coronary heart disease cases from 262 525 participants in 29 studies. CONCLUSIONS: Available prospective studies in Western populations consistently indicate moderate and highly significant associations between triglyceride values and coronary heart disease risk. Because these associations depend considerably on levels of established risk factors, however, further studies are needed to help assess the nature of any independent associations.

Commento:
Il presente lavoro dimostra un'associazione indipendente fra livelli di trigliceridi circolanti ed aumentato rischio di malattia coronarica in popolazioni occidentali, anche se, quando si tiene conto degli altri fattori noti di rischio coronario (in particolare il colesterolo HDL), l'entità di questa associazione risulta sostanzialmente attenuata. I soggetti con trigliceridemia generalmente nel terzile superiore hanno dimostrato di avere un rischio aggiustato (odds ratio aggiustata per i fattori di rischio noti) di CHD di circa 1.7 (95% CI, 1.6 - 1.9) volte maggiore del gruppo di soggetti nel terzile inferiore. L'impatto sembra essere di eguale misura nei due sessi, contraddicendo il pensiero dominante di un maggiore rischio di CHD associato alla trigliceridemia nelle donne. Infine il presente studio suggerisce che non ci sono importanti differenze nell'entità dell'associazione fra trigliceridi e CHD fra studi di soggetti a digiuno e quelli non a digiuno.
Nel 2002, il National Cholesterol Education Program-Adult Treatment Panel (NCEP-ATP III) aveva concluso che le evidenze a favore dei livelli di trigliceridi circolanti quale fattore di rischio indipendente di malattia coronarica (CHD) nelle popolazioni occidentali fossero insufficienti. Il presente articolo ha cercato di contribuire a risolvere l'antica diatriba utilizzando un approccio combinato, e cioè presentando nuovi dati da 2 studi di coorte (Reykjavik Study e European Prospective Investigation of Cancer [EPIC]-Norfolk Study) oltre ad una meta-analisi aggiornata di 27 studi prospettici, in popolazioni occidentali.
Un punto forte di questo lavoro è quindi la numerosità del campione. Un totale di 3582 casi incidenti di CHD fatale e non-fatale (di cui 1089 donne), un numero di casi CHD superiore a quello riportato in qualsiasi meta-analisi pubblicata, e 6175 controlli selezionati dai 44 237 uomini e donne occidentali di mezza età dei 2 studi di coorte. Con il numero di casi e controlli dei 27 studi prospettici inclusi nella meta-analisi (12 studi e 3785 casi CHD in più rispetto ad una precedente meta-analisi pubblicata), il presente articolo si basa su risultati ottenuti in più di 10 000 casi CHD da 29 studi prospettici occidentali per un totale di oltre 260 000 partecipanti.
Altro elemento di interesse di questo studio sta nelle misure ripetute nel tempo (4 e 12 anni) della trigliceridemia in sottogruppi di partecipanti. Al contrario di quanto ipotizzato in passato, gli attuali risultati dimostrano che la consistenza negli anni dei valori di trigliceridi è del tutto simile a quelle per la pressione arteriosa e il colesterolo totale.
Questo studio certamente non mette la parola fine alla diatriba. Varie sono le limitazioni di questo studio, ma la più importante sta nell'impossibilità di un adeguato aggiustamento dei risultati per i fattori di rischio noti. Infatti l'aggiustamento (ciò che alla fine permette di stabilire l'indipendenza dell'associazione trigliceridi-CHD da altri fattori) non è stato assolutamente possibile per i dati di meta-analisi, e si è rivelato alquanto insufficiente anche per i 2 studi di coorte. Gli Autori quindi concludono che siccome l'associazione trigliceridi-CHD dipende considerevolmente dai livelli di fattori di rischio noti, ulteriori studi sono comunque necessari ad aiutare a capire il significato di questa associazione.

Giacomo Ruotolo, Unità di Ricerca Lipoproteine-Aterosclerosi, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano