Effetto dell'intensità della riduzione dei lipidi plasmatici sul rischio
di sviluppare aumento di enzimi epatici, rabdomiolisi e cancro

Effect of the magnitude of lipid lowering on risk of elevated liver enzymes, rhabdomyolysis, and cancer: insights from large randomized statin trials
Alsheikh-Ali AA, Maddukuri PV, Han H, Karas RH.
J Am Coll Cardiol 2007;50:409-18
Diapositive

Abstract:
OBJECTIVES: We sought to assess the relationship between the magnitude of low-density lipoprotein cholesterol (LDL-C) lowering and rates of elevated liver enzymes, rhabdomyolysis, and cancer. BACKGROUND: Although it is often assumed that statin-associated adverse events are proportional to LDL-C reduction, that assumption has not been validated. METHODS: Adverse events reported in large prospective randomized statin trials were evaluated. The relationship between LDL-C reduction and rates of elevated liver enzymes, rhabdomyolysis, and cancer per 100,000 person-years was assessed using weighted univariate regression. RESULTS: In 23 statin treatment arms with 309,506 person-years of follow-up, there was no significant relationship between percent LDL-C lowering and rates of elevated liver enzymes (R2 <0.001, p = 0.91) or rhabdomyolysis (R2 = 0.05, p = 0.16). Similar results were obtained when absolute LDL-C reduction or achieved LDL-C levels were considered. In contrast, for any 10% LDL-C reduction, rates of elevated liver enzymes increased significantly with higher statin doses. Additional analyses demonstrated a significant inverse association between cancer incidence and achieved LDL-C levels (R2 = 0.43, p = 0.009), whereas no such association was demonstrated with percent LDL-C reduction (R2 = 0.09, p = 0.92) or absolute LDL-C reduction (R2 = 0.05, p = 0.23). CONCLUSIONS: Risk of statin-associated elevated liver enzymes or rhabdomyolysis is not related to the magnitude of LDL-C lowering. However, the risk of cancer is significantly associated with lower achieved LDL-C levels. These findings suggest that drug- and dose-specific effects are more important determinants of liver and muscle toxicity than magnitude of LDL-C lowering. Furthermore, the cardiovascular benefits of low achieved levels of LDL-C may in part be offset by an increased risk of cancer.

Commento:
Un recente articolo di AA Alsheikh-Ali et al (J Am Coll Cardiol 2007; 50: 409-18), che ha esaminato l'andamento di alcuni effetti indesiderati del trattamento con statine nei grandi trials pubblicati fino al novembre 2005, ha suscitato un certo interesse e dibattito nella comunità medico-scientifica.

Lo studio, in realtà, è rassicurante nella maggior parte delle sue conclusioni. Valutiamole punto per punto.

Aumento degli enzimi epatici:
la frequenza di questo effetto non sembra correlare con la percentuale di riduzione delle LDL, con la riduzione assoluta delle LDL indotta dal trattamento, con il valore delle LDL ottenuto.
Valori molto bassi delle LDL "on trial", in altre parole, non aumentano il rischio di aumento degli enzimi epatici: un elemento a favore della sicurezza dell'approccio "Lower is better".
I dosaggi più elevati delle statine esaminate (Lovastatina, Simvastatina, Atorvastatina) aumentano invece il rischio di aumento delle transaminasi più dei corrispondenti dosaggi inferiori: l'aumento varia da circa 2 a circa 4 volte.
Apparentemente, quindi, sono le statine, e non il calo delle LDL (percentuale o assoluto, o il valore raggiunto) ad indurre danno epatico: un effetto quindi del farmaco, dose dipendente, e non delle sue conseguenze biochimiche (soprattutto la riduzione delle LDL).

Incidenza di rabdomiolisi:
analogamente a quanto osservato per i markers di danno epatico, la frequenza di questo effetto non sembra correlare con la percentuale di riduzione delle LDL, con la riduzione assoluta delle LDL indotta, con il valore delle LDL ottenuto.
Anche in questo caso, quindi, valori molto bassi delle LDL "on trial" non aumentano il rischio di rabdomiolisi: un ulteriore elemento a favore della sicurezza dell'approccio "Lower is better". Il numero degli eventi analizzati è tuttavia basso, e la solidità delle conclusioni, quindi, limitata.

Nuove diagnosi di cancro:
questi sono i risultati che hanno innescato una maggiore discussione. In realtà, i dati raccolti (su solo 13 dei 22 studi considerati per l'analisi degli effetti sul fegato e sul muscolo: l'incidenza di nuovi casi di neoplasie non era pubblicata per gli altri 9 bracci di trattamento considerati) mostrerebbe che l'incidenza non aumenta all'aumentare del calo (sia percentuale che assoluto) delle LDL, e si ridurrebbe addirittura (anche se marginalmente) per l'uso di alti dosaggi di statine rispetto all'uso di bassi dosaggi.
Diverso lo scenario quando si consideri invece il valore di LDL raggiunto: in questo caso, infatti, l'incidenza di nuovi casi di neoplasia aumenterebbe al diminuire del valore "on trial" delle LDL stesse.
Lo scenario, quindi, sarebbe del tutto opposto a quello dell'aumento degli enzimi epatici: non sarebbe la statina ad aumentare il rischio di nuovi casi di neoplasia, e nemmeno l'ampiezza del suo effetto (il calo delle LDL), ma il raggiungimento di valori molto bassi delle LDL stesse.

Commento:
Mentre i dati sull'andamento degli enzimi epatici si basa su numeri consistenti di eventi e di trials, ed hanno quindi una accettabile solidità e consistenza, i dati sull'incidenza delle neoplasie sono certamente molto più deboli sul piano statistico, e più limitati sono il loro significato ed interesse potenziali.
I dati raccolti si arrestano infatti (ed è il primo elemento di debolezza del lavoro) ad un LDL di 100 mg/dL, perché non sono inclusi i dati degli studi più recenti (TNT, IDEAL, PROVE-IT, A to Z) nei quali si sono raggiunti valori ben più bassi (non erano infatti disponibili le incidenze di nuovi casi di tumore in questi studi).
La retta di correlazione, inoltre, sembra guidata in buona parte dai risultati dello studio PROSPER (13 nella figura qui sotto), uno studio su soggetti anziani nei quali l'incidenza di neoplasie è ovviamente più elevata, e dello studio HPS (12 nella figura); dall'altro lato la retta sembra guidata dai risultati dello studio EXCEL (con un follow-up inferiore ad un anno e su soggetti giovani, 1,2,3 e 4 nella figura) e dallo studio WOSCOP (su soggetti pure relativamente giovani, 6 nella figura).
Apparentemente, l'analisi non è aggiustata per l'età (non tiene conto cioè del naturale aumento di incidenza di queste patologie al crescere dell'età stessa) essa può portare a conclusioni del tutto fuorvianti e non è stata effettuata un'analisi di sensibilità per osservare l'effetto sui risultati dell'eliminazione di ogni singolo studio.

Successivamente alla data di pubblicazione dello studio di Alsheikh-Ali, inoltre, sono stati pubblicati i risultati di un'analisi di safety dello studio TNT (LaRosa J, Am J Cardiol 2007; 100: 747-52) nella quale si analizza la mortalità per neoplasie (non l'incidenza di nuovi casi: dati forse non disponibili) e non si trova un aumento della mortalità neoplastica al ridursi della colesterolemia "on trial" (i soggetti con minore mortalità per tumori, per la precisione, sono proprio quelli con la colesterolemia LDL più bassa, < 64 mg/dL durante lo studio.
Inoltre, come commenta lo stesso LaRosa in uno dei due editoriali pubblicati da JACC assieme al lavoro di Alsheikh-Ali, l'incidenza dei tumori non ha una sede specifica (cosa poco probabile per un effetto iatrogeno) ed i tempi di latenza dello sviluppo della patologia sarebbero molto brevi (la maggior parte degli studi ha una durata < 5 anni).

Conclusioni:
I dati relativi all'aumento di incidenza di neoplasie in soggetti che raggiungono valori molto bassi della colesterolemia pubblicati da Alsheikh-Ali non appaiono sufficientemente solidi da permettere di trarre conclusioni definitive. In particolare, come gli stessi autori sottolineano in più punti del loro articolo, essi non provano una relazione di causalità tra basi valori delle LDL ed aumento dell'incidenza di neoplasie.
Sono necessari ulteriori dati sull'argomento, ottenuti da studi che hanno raggiunto valori più bassi della colesterolemia LDL on trial, e probabilmente anche un'analisi più appropriata sul piano statistico.

Andrea Poli - Servizio di Epidemiologia e Farmacologia Preventiva (www.sefap.it)