ASSOCIAZIONE TRA ATEROSCLEROSI CORONARICA, RILEVATA ATTRAVERSO
TAC MULTISLICE, E TRADIZIONALE VALUTAZIONE DEI FATTORI DI RISCHIO

Association of coronary atherosclerosis detected by multislice computed tomography and traditional risk-factor assessment
Nair D, Carrigan TP, Curtin RJ, Popovic ZB, Kuzmiak S, Schoenhagen P, Flamm SD, Desai MY.

Am J Cardiol 2008;102:316-320

Abstract:
Framingham risk score is an office-based tool used for long-term coronary heart disease risk stratification. Most acute coronary events occur in association with proximal nonobstructive atherosclerotic plaque. Multislice computed tomography detects both obstructive coronary artery disease (CAD) and proximal atherosclerotic plaque with high accuracy. The association of Framingham risk score with obstructive CAD and proximal atherosclerotic plaque was tested. Coronary multislice computed tomography was performed in 295 patients (61% men, mean age 54 +/- 13 years) without documented CAD referred for evaluation of cardiac symptoms. Framingham risk score was computed and patients were stratified according to 10-year risk (n = 213 [72%] low, n = 74 [25%] intermediate, and n = 8 [3%] high). Obstructive CAD was defined as > or =50% stenosis in > or =1 epicardial coronary artery. Proximal atherosclerotic plaque was defined as calcified or noncalcified plaque in the left main or proximal left anterior descending artery. In the low- and intermediate-Framingham risk score groups, there was a high frequency of proximal atherosclerotic plaque (44% and 75%) and obstructive CAD (16% and 34%), although both findings were more prevalent in the high-Framingham risk score group (63% for atherosclerotic plaque, 88% for obstructive CAD), respectively. Proximal atherosclerotic plaque was noncalcified in approximately 13 of patients. In women (n = 114) and younger (<55 years) patients (n = 148), most (93% and 91%, respectively) had a low Framingham risk score. There were 48 women and 51 younger patients with proximal atherosclerotic plaque, of whom only 40% (in each group) were on statin therapy. In conclusion, of patients with a low and intermediate Framingham risk score, a significant proportion had proximal atherosclerotic plaque or obstructive CAD.

Commento:
Nei pazienti in prevenzione primaria il rischio cardiovascolare a 10 anni viene in genere calcolato con una serie di algoritmi nei quali vengono inseriti fattori di rischio già noti che permettono una stratificazione della probabilità di malattia come bassa se inferiore a 5%, intermedia tra 5 e 20% ed elevata se superiore al 20%. Il più usato a livello internazionale è l'algoritmo di Framingham che utilizza l'età, il sesso, il colesterolo totale, il colesterolo HDL, la pressione arteriosa, il fumo, la presenza di diabete e l'ipertrofia ventricolare sinistra. Altri algoritmi sono lo Score ed il Procam a livello europeo e quello dell'Istituto Superiore di Sanità che utilizza i dati ricavati dalla popolazione italiana. Con poche varianti, tutti gli algoritmi si basano essenzialmente sugli stessi fattori di rischio tradizionali per la stima della probabilità di malattia. Nella pratica clinica purtroppo questi algoritmi si rivelano spesso insufficienti perché un'alta percentuale di soggetti classificati a rischio basso o intermedio vanno incontro ad eventi cardiovascolari.
Una conferma viene da questo lavoro di Nair et al.. Gli autori hanno utilizzato la tomografia assiale computerizzata multistrato (MSCT) che è una metodica d'immagine anatomica-morfologica della parete coronarica che permette con un'elevata accuratezza la diretta visualizzazione della presenza di placche ateromasiche. La relazione tra la presenza di placche coronariche rilevate con l'MSCT ed il livello di rischio calcolato con il Framingham Risk Score (FRS), è stata studiata in 295 pazienti che avevano manifestato sintomi sospetti per una coronaropatia. I risultati hanno dimostrato che nei soggetti classificati a rischio basso ed intermedio c'era una alta frequenza, rispettivamente del 44% e del 75%, di placche aterosclerotiche prossimali, di cui circa 1/3 non erano calcifiche, mentre una coronaropatia ostruttiva era presente nel 16% dei pazienti a basso rischio e nel 34% dei pazienti a rischio intermedio. La possibilità di avere placche coronariche, ma un basso rischio calcolato con l'algoritmo, era maggiore nelle donne e nei soggetti più giovani (età inferiore ai 55 anni), categorie già in passato indicate come sottostimate nella valutazione del rischio con gli algoritmi.
Diventa quindi sempre più evidente l'esigenza di avere degli strumenti per meglio valutare la probabilità di un evento cardiovascolare nelle persone asintomatiche perché la corretta individuazione di questi soggetti potrebbe permettere un'azione terapeutica preventiva più efficace. Una recente review (BMJ 2009; 338: 164) ha valutato il peso che potrebbe avere l'aggiunta di altre variabili, sia biochimiche che strumentali, al calcolo del rischio con il FRS, senza giungere però ad indicazioni conclusive. Non dobbiamo dimenticare invece che già da anni le linee guida sottolineano che il rischio deve essere considerato più elevato di quello indicato dagli algoritmi in soggetti che, pur essendo asintomatici, hanno un'aterosclerosi subclinica documentabile solo con esami strumentali, come l'ecodoppler dei tronchi sovraortici (aumento dello spessore intima-media o la presenza di piccole placche, non ancora emodinamicamente significative) o l'indice di Windsor (differenziale tra pressione arteriosa all'arto superiore e all'arto inferiore) <0.9, oppure in soggetti che hanno una familiarità positiva per cardiopatia precoce, o sono obesi, o hanno una vita sedentaria. Se osserviamo infatti le caratteristiche basali della casistica presa in esame dallo studio di Nair, possiamo vedere che il 37% ed il 34% dei soggetti rispettivamente a rischio basso ed intermedio avevano una familiarità per cardiopatia prematura ed il loro indice di massa corporea era di 30 e 29.
In conclusione, sicuramente la MSCT è un importante strumento diagnostico che permette di visualizzare oltre che la presenza anche il numero e la qualità delle placche coronariche anche se non pare proponibile di routine nelle persone a rischio intermedio ed a maggiore ragione in quelle a basso rischio cardiovascolare, sia per i costi ma, soprattutto, per i possibili problemi connessi con l'uso di radiazioni. Sicuramente l'utilizzo di metodiche non invasive e attualmente molto disponibili e poco costose come l'ecodoppler vascolare e, non dimentichiamo, un'attenta anamnesi e l'obiettività clinica, possono essere di aiuto per avvicinarsi il più possibile ad una corretta valutazione del rischio in soggetti asintomatici ed attuare un'appropriata terapia comportamentale e se necessario farmacologica.

Adriana Branchi. Dipartimento di Medicina Interna. Università degli Studi di Milano. Fondazione Policlinico Ospedale Maggiore di Milano