LIPIDI, APOLIPOPROTEINE E LORO RAPPORTI IN RELAZIONE AD EVENTI CARDIOVASCOLARI NEL TRATTAMENTO CON STATINE

Lipids, apolipoproteins, and their ratios in relation to cardiovascular events with statin treatment
Kastelein JJ, van der Steeg WA, Holme I, Gaffney M, Cater NB, Barter P, Deedwania P, Olsson AG, Boekholdt SM, Demicco DA, Szarek M, LaRosa JC, Pedersen TR, Grundy SM; TNT Study Group; IDEAL Study Group.

Circulation 2008;117:3002-9

Abstract:
BACKGROUND: Low-density lipoprotein (LDL) cholesterol is the principal target of lipid-lowering therapy, but recent evidence has suggested more appropriate targets. We compared the relationships of on-treatment levels of LDL cholesterol, non-high-density lipoprotein (HDL) cholesterol, and apolipoprotein B, as well as ratios of total/HDL cholesterol, LDL/HDL cholesterol, and apolipoprotein B/A-I, with the occurrence of cardiovascular events in patients receiving statin therapy. METHODS AND RESULTS: A post hoc analysis was performed that combined data from 2 prospective, randomized clinical trials in which 10,001 ("Treating to New Targets") and 8888 ("Incremental Decrease in End Points through Aggressive Lipid Lowering") patients with established coronary heart disease were assigned to usual-dose or high-dose statin treatment. In models with LDL cholesterol, non-HDL cholesterol and apolipoprotein B were positively associated with cardiovascular outcome, whereas a positive relationship with LDL cholesterol was lost. In a model that contained non-HDL cholesterol and apolipoprotein B, neither was significant owing to collinearity. Total/HDL cholesterol ratio and the apolipoprotein B/A-I ratio in particular were each more closely associated with outcome than any of the individual proatherogenic lipoprotein parameters. CONCLUSIONS: In patients receiving statin therapy, on-treatment levels of non-HDL cholesterol and apolipoprotein B were more closely associated with cardiovascular outcome than levels of LDL cholesterol. Inclusion of measurements of the antiatherogenic lipoprotein fraction further strengthened the relationships. These data support the use of non-HDL cholesterol or apolipoprotein B as novel treatment targets for statin therapy. Given the absence of interventions that have been proven to consistently reduce cardiovascular disease risk through raising plasma levels of HDL cholesterol or apolipoprotein A-I, it seems premature to consider the ratio variables as clinically useful.

Commento:
La rivisitazione di 2 noti studi di prevenzione con statine (Treating to New targets o TNT e Incremental Decrease in End Points through Aggressive Lipid Lowering o IDEAL) ha mostrato che il colesterolo non-HDL, l'apoproteina B ed il vecchio indice aterogenico (rapporto colesterolo totale/colesterolo HDL o rapporto apoproteina B/apoproteina A-I) hanno un potere predittivo di eventi cardiovascolari in soggetti trattati con statine maggiore del colesterolo LDL. La base razionale è evidente. Colesterolo non-HDL e apoproteina B sono una stima della concentrazione plasmatica delle lipoproteine aterogene che non sono rappresentate solo dalle LDL, ma includono le lipoproteine ricche in trigliceridi, come le VLDL e le IDL. Molti studi epidemiologici hanno già affrontato il problema e molti di questi sono stati concordi nell'affermare la maggiore accuratezza del colesterolo non-HDL e dell'apoproteina B, rispetto al solo colesterolo LDL nel predire eventi cardiovascolari. Non si può non ricordare a proposito dell'apoproteina B uno studio condotto da un gruppo di ricerca italiano (Avogaro, Lancet 1979;8122:901-3) che già quasi 30 anni fa aveva suggerito che le apolipoproteine avevano un potere predittivo di cardiopatia ischemica migliore di quello dei lipidi. Conclusioni simili a quelle dello studio di Kastelein e Coll., erano già state raggiunte in 2 altri studi di intervento con pravastatina, il LIPID e l'AFCAPS/TexCAPS. In ambedue gli studi era emerso che il peso prognostico dell'apoproteina B era maggiore di quello del colesterolo LDL. Sembra dunque che ci sia una buona concordanza tra studi su pazienti in terapia con statine o non in terapia nel suggerire che parametri che tengano in considerazione l'intero spettro delle lipoproteine aterogene, come l'apoproteina B o il colesterolo non-HDL, abbiano un significato prognostico maggiore di quello del colesterolo LDL. Del resto, già l'ATPIII aveva preso in considerazione il colesterolo non-HDL come possibile obiettivo terapeutico, anche se limitatamente ai pazienti con trigliceridi maggiori di 200 mg/dL. L'analisi di Kastelein e Coll. estende a tutti i pazienti il suggerimento di utilizzare l'apoproteina B e/o il colesterolo non-HDL per meglio definire il rischio cardiovascolare. Un'ultima considerazione. Nello studio di Kastelein e Coll., l'indice aterogenico (colesterolo totale/colesterolo HDL o, meglio, apoproteina B/apoproteina A-I) è risultato avere il peso predittivo di eventi cardiovascolari più alto tra tutti i parametri studiati. La base razionale è ovviamente che in un unico dato si riassume il bilancio tra lipoproteine aterogene e antiaterogene. Anche in questo caso, numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato la validità dell'indice aterogenico, basti ricordare tra tutti il recente Interheart Study (Lancet, 2004;364:937-952). Le prossime Linee Guida per la prevenzione delle malattie cardiovascolari non potranno non tenere conto di questi dati.

Domenico Sommariva - Divisione di Medicina Interna 1, Ospedale G. Salvini, Garbagnate Milanese