Non bastano le LDL basse se anche le HDL sono basse

Clinical significance of high-density lipoprotein cholesterol in patients with low low-density lipoprotein cholesterol
deGoma EM, Leeper NJ, Heidenreich PA.

J Am Coll Cardiol 2008;51:49-55

Abstract:
OBJECTIVES: We sought to evaluate the significance of high-density lipoprotein cholesterol (HDL-C) in the context of low low-density lipoprotein cholesterol (LDL-C). BACKGROUND: Earlier studies support an inverse correlation between circulating HDL-C and coronary risk in patients with normal or elevated LDL-C. METHODS: This study involved 4,188 patients attending the Palo Alto Veterans Administration Medical Center or affiliated clinics with LDL-C levels below 60 mg/dl. Outcomes were examined 1 year after the index LDL-C date. The combined primary end point was myocardial injury or hospitalization from ischemic heart disease. The secondary end point was all-cause mortality. RESULTS: Mean HDL-C levels (mg/dl) by quartile (Q) were: Q1 28 mg/dl, Q2 36 mg/dl, Q3 43 mg/dl, and Q4 63 mg/dl. The rate of myocardial injury or hospitalization for ischemic heart disease showed an inverse relationship to HDL-C (adjusted odds ratios: Q1 1.59 [95% confidence interval (CI) 1.16 to 2.19], Q2 1.39 [95% CI 1.01 to 1.92], Q3 1.33 [95% CI 0.96 to 1.84], and Q4 reference) that persisted regardless of statin use or recent myocardial injury. Analyzing HDL-C as a continuous variable revealed a 10% [95% CI 3% to 17%] increase in the combined end point of myocardial injury or hospitalization for ischemic heart disease for every 10-mg/dl decrease in HDL-C. The unadjusted and adjusted incidence of all-cause mortality demonstrated a U-shaped relationship to HDL-C (adjusted odds ratios: Q1 1.13 [95% CI 0.79 to 1.62], Q2 0.97 [95% CI 0.67 to 1.40], Q3 0.74 [95% CI 0.50 to 1.09], and Q4 reference). CONCLUSIONS: The inverse relationship between HDL-C and coronary risk persists even among patients with LDL-C below 60 mg/dl, although a U-shaped relationship is observed between HDL-C and all-cause mortality.

Commento:
Anche per livelli di C-LDL inferiori ai 60 mg/dL, siano essi spontanei, o raggiunti con terapia ipocolesterolemizzante, il C-HDL conserva un forte peso predittivo nei confronti degli eventi cardiovascolari. Questo nuovo studio eseguito su oltre 4000 soggetti si aggiunge ad una ormai nutrita serie di osservazioni che hanno costantemente confermato la stretta relazione inversa tra livelli di C-HDL ed incidenza di malattia cardiovascolare, indipendentemente da altri fattori di rischio e, in particolare, dalla concentrazione del C-LDL.
Se, come suggerisce lo studio di deGoma e Coll., un C-HDL basso è indice di alto rischio anche quando il C-LDL è al di sotto dell'obiettivo terapeutico comunemente accettato, l'aumento del C-HDL diventa un'opzione terapeutica da perseguire. La sola riduzione del C-LDL, pur innegabilmente efficace, presenta limiti non facilmente superabili, anche spostando sempre più in basso l'obiettivo terapeutico. Basti pensare che gli studi di intervento hanno dimostrato che la riduzione del C-LDL determina un calo degli eventi cardiovascolari che, semplificando, si attesta intorno al 30-40%, ma hanno anche sottolineato che il 60-70% dei soggetti andrà comunque incontro ad un incidente cardiovascolare. L'aumento del C-HDL potrebbe pertanto ridurre ulteriormente il rischio in quei pazienti che hanno raggiunto un livello di C-LDL pari all'obiettivo terapeutico. Il problema è come aumentare le HDL. Le statine hanno un debole effetto sul C-HDL e la scelta si limita per ora all'acido nicotinico ed ai fibrati che sono in grado di aumentare il C-HDL del 10-35%. Gli studi di intervento con questi farmaci (Drug Coronary Project con l'acido nicotinico, Helsinki Heart Study e VA-HIT con il gemfibrozil e BIP con il bezafibrato) hanno avuto un esito positivo e l'analisi statistica ha dimostrato che la riduzione del rischio coronarico in questi studi era da attribuire più all'aumento del C-HDL che alla riduzione del C-LDL. L'entità dell'aumento del C-HDL con acido nicotinico e con i fibrati è tuttavia correlato alla diminuzione dei trigliceridi ed il massimo aumento di C-HDL lo si osserva nei pazienti con elevata trigliceridemia nei quali l'azione ipotrigliceridemizzante dei farmaci è più evidente. Nei soggetti con bassi livelli di trigliceridi, l'aumento del C-HDL è meno marcato e questo può limitare ai pazienti con trigliceridemia elevata l'utilizzo dei fibrati e dell'acido nicotinico per incrementare consistentemente il livello del C-HDL. L'incremento delle HDL può essere ottenuto anche per vie non dipendenti dal metabolismo delle altre lipoproteine. La prima via, proposta e sperimentata clinicamente e cioè l'inibizione della proteina di trasporto lipidico (CETP) con il torcetrapib ha dato risultati deludenti, come già sottolineato proprio in questa rubrica (Editoriale, ottobre 2007). Altre molecole che interagiscono con la stessa via o con altre vie metaboliche sono pronte per essere testate in clinica con la speranza che l'aumento delle HDL con esse ottenuto, possa potenziare l'effetto delle statine nella prevenzione cardiovascolare.

Domenico Sommariva - Divisione di Medicina Interna 1, Ospedale G. Salvini, Garbagnate Milanese